Il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 agli art. 13 e ss. ha rivisitato nuovamente l’istituto del lavoro
intermittente (c.d. “job on call” o “lavoro a chiamata”), abrogando gli art. 33-40 del D.Lgs. n. 276/2003
(Legge Biagi). In base alle nuove disposizioni, le modalità di impiego dei lavoratori intermittenti sono
disciplinate dai contratti collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale o territoriale; in mancanza si fa riferimento a un decreto non
regolamentare del Ministero del Lavoro.
In attesa di tale decreto, che dovrebbe specificare gli ambiti di
utilizzo del job on call in assenza di contratti collettivi, è fatta salva la tabella delle attività discontinue
del RD n. 2657/1923 (agganciate alla Legge Biagi dal D.M. lavoro del 23 ottobre 2004).
Per quanto concerne i divieti, invece, viene reso tassativo il divieto secondo il quale il lavoro
intermittente è inapplicabile presso le unità produttive interessate da licenziamenti collettivi nei sei mesi
precedenti o dove si ricorra alla CIG. Altra novità riguarda la conseguenza in caso di rifiuto ingiustificato
di rispondere alla chiamata da parte del datore di lavoro; in tal caso, il rifiuto continua sì a configurare
motivo di licenziamento con conseguente restituzione della parte di indennità riferita all’arco temporale
successivo al rifiuto stesso, però il lavoratore non è più chiamato a “un congruo risarcimento del danno
nella misura fissata dai contratti collettivi o, in mancanza, dal contratto di lavoro”.
Premessa
La nuova disciplina sul contratto di lavoro intermittente, entrata in vigore il 25
giugno 2015, riguarda esclusivamente il settore privato, poiché è stabilito
espressamente che le disposizioni non trovano applicazione ai rapporti di
lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni.
Il lavoro a
chiamata
Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato,
mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro
che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o
intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi, anche con
riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati
nell'arco della settimana, del mese o dell'anno.
In mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro intermittente
sono individuati con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Campo di
applicazione
Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso con soggetti di età:
- superiore a 55 anni;
- e con meno di 24 anni di età, fermo restando in tale caso che le prestazioni contrattuali devono essere svolte entro il venticinquesimo anno di età.
Nei periodi in cui non ne viene utilizzata la prestazione il lavoratore
intermittente non matura alcun trattamento economico e normativo, salvo
che abbia garantito al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere
alle chiamate; in tal caso ha diritto all’indennità di disponibilità.
LE CARATTERISTICHE
In ogni caso, con l'eccezione dei settori del turismo, dei pubblici esercizi e dello
spettacolo, il contratto di lavoro intermittente è ammesso, per ciascun
lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente
non superiore a 400 giornate di effettivo lavoro nell'arco di tre anni solari.
In caso di superamento del predetto periodo, il relativo rapporto si trasforma
in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato.
I divieti
Il lavoro intermittente non può essere utilizzato:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi
precedenti, a licenziamenti collettivi che abbiano riguardato
lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di
lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia
operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario, in
regime di cassa integrazione guadagni, che interessino lavoratori
adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;
- da parte di datori di lavoro che non abbiano effettuato la valutazione
dei rischi.
Forma e
comunicazioni
Il contratto di lavoro intermittente è stipulato in forma scritta ai fini della prova
dei seguenti elementi:
luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal
lavoratore, e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore che
non può essere inferiore a un giorno lavorativo;
trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la
prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;
durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la
stipulazione del contratto;
tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di
disponibilità;
misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di
attività dedotta in contratto.
forme e modalità, con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere
l'esecuzione della prestazione di lavoro, nonché delle modalità di
rilevazione della prestazione;
DOPPIA COMUNICAZIONE
Come precisato in premessa, il datore di lavoro è soggetto a una doppia
comunicazione (art. 15, co. 2 e 3 del D.Lgs. n. 81/2015):
Prima comunicazione
Il datore di lavoro è tenuto a informare con cadenza annuale le
rappresentanze sindacali aziendali (Rsa) o la rappresentanza
sindacale unitaria (Rsu) sull'andamento del ricorso al contratto di
lavoro intermittente.
Seconda comunicazione
Prima dell'inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato
di prestazioni di durata non superiore a 30 giorni, il datore di lavoro
è tenuto a comunicarne la durata alla DTL competente per
territorio, mediante sms o posta elettronica.
In caso di violazione dei suddetti obblighi scatta una sanzione
amministrativa da euro 400 ad euro 2.400 in relazione a ciascun lavoratore
per cui è stata omessa la comunicazione
L’indennità di
disponibilità
Per i periodi nei quali il lavoratore si rende disponibile all’utilizzazione ha
diritto a un’indennità di disponibilità mensile, divisibile in quote orarie,
determinata dai contratti collettivi e comunque non inferiore all’importo fissato
periodicamente con Decreto del Ministero del Lavoro.
L'indennità di disponibilità è assoggettata a contribuzione previdenziale per
il suo effettivo ammontare, in deroga alla normativa in materia di minimale
contributivo.
IMPOSSIBILITÀ DI RISPONDERE ALLA CHIAMATA
Qualora il lavoratore non può temporaneamente rispondere alla chiamata,
poiché in stato di malattia, quest’ultimo è tenuto a informarne
tempestivamente il datore di lavoro, specificando la durata dell'impedimento,
durante il quale non matura il diritto all'indennità di disponibilità.
Laddove il lavoratore non informa il datore del temporaneo impedimento, il
lavoratore perde il diritto all'indennità per un periodo di 15 giorni, salvo
diversa previsione del contratto individuale.
Più severe sono invece le conseguenze in caso di rifiuto ingiustificato di
rispondere alla chiamata; in tal caso, infatti, può scattare il licenziamento e la
restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo
successivo al rifiuto.
IMPOSSIBILITÀ DI RISPONDERE ALLA CHIAMATA
- Le conseguenze -
Malattia o altro evento che rende
temporaneamente impossibile
rispondere alla chiamata
Il datore è tenuto a informare il
lavoratore specificando la durata
dell'impedimento, durante il quale
non matura il diritto all'indennità di
disponibilità.
Mancata informazione
dell’impossibilità di rispondere alla
chiamata
Il lavoratore perde il diritto
all'indennità per un periodo di 15
giorni, salvo diversa previsione del
contratto individuale.
Rifiuto ingiustificato di rispondere
alla chiamata
Vi è il licenziamento e la
restituzione della quota di indennità
di disponibilità riferita al periodo
successivo al rifiuto.
Principio di non
discriminazione
Inoltre, nei contratti intermittenti si applica anche il “principio di non
discriminazione”, secondo il quale il lavoratore intermittente non deve ricevere,
per i periodi lavorati e a parità di mansioni svolte, un trattamento economico e
normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari
livello.
Determinazione del trattamento economico
Esso è riproporzionato in ragione della prestazione lavorativa
effettivamente eseguita, in particolare per quanto riguarda
l'importo della retribuzione globale e delle singole componenti di
essa, nonché delle ferie e dei trattamenti per malattia e infortunio,
congedo di maternità e parentale.
Modalità di
computo
Ai fini dell'applicazione di qualsiasi disciplina di fonte legale o contrattuale per
la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore di lavoro, il
lavoratore intermittente è computato nell'organico dell'impresa in proporzione
all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre
FONTE: FISCAL FOCUS.IT