Società estinte: la disciplina non è retroattiva

Sentenza Corte di Cassazione 2 aprile 2015, n. 6743

 In virtù delle disposizioni contenute nello Statuto del Contribuente, le novità introdotte con il Decreto Semplificazioni in tema di società estinte non possono essere considerate retroattive. La sentenza n. 6743 del 2015 della Corte di Cassazione ribadisce questo importante principio, che trova poi conferma in altre pronunce dei giudici di merito. La Corte di Cassazione, con questa importante sentenza si pone quindi in aperto contrasto con la tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 31/E del 2014. Decreto Semplificazioni: 
-  nei soli confronti dell'Amministrazione Finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione; 
- con riguardo a tributi e contributi, sanzioni e interessi; 
l’estinzione della società disciplinata dall’art. 2495 del Codice civile, produce effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle Imprese.

Tesi dell’Agenzia delle Entrate
 Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014 
 “Trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento.”

 Tesi della Corte di Cassazione 
Sentenza Corte di Cassazione 2 aprile 2015, n. 6743
 “Con riguardo all'ambito temporale di efficacia della norma, giova osservare che questa intende limitare (per il periodo da essa previsto) gli effetti dell'estinzione societaria previsti dal codice civile, mantenendo parzialmente per la società una capacità e soggettività (anche processuali) altrimenti inesistenti, al "solo" fine di garantire (per il medesimo periodo) l'efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi, con sanzioni ed interessi. Nella relazione illustrativa al Decreto Legislativo si afferma che l'obiettivo della norma è quello di "evitare che le azioni di recupero poste in essere dagli enti creditori possano essere vanificate". Il legislatore, in altri termini, vuole disciplinare l'imputazione alla società di rapporti e situazioni nella sfera di relazioni con i suddetti "enti creditori" durante il periodo quinquennale successivo alla richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese, stabilendo nei confronti (solo) di tali enti e per i suddetti rapporti la temporanea inefficacia dell'estinzione della società eventualmente verificatasi in quel periodo. La norma, pertanto (contrariamente a quanto talora sostenuto dall'amministrazione finanziaria nelle sue circolari), opera su un piano sostanziale e non "procedurale", in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione: il caso in esame, cioè, è del tutto diverso da quello di interventi normativi che, ad esempio, incidano sulla disciplina dei termini del processo tributario o prolunghino i termini di accertamento o introducano nuovi parametri di settore e che, per loro natura, possono applicarsi a fattispecie processuali o sostanziali precedenti. Appare del tutto irrilevante, poi, che il periodo sia stato individuato dal legislatore nella misura di cinque anni facendo riferimento (come si legge nella relazione illustrativa) al termine quinquennale di accertamento previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 43, comma 2, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 57, comma 2: è del tutto evidente, infatti, che la fattispecie oggetto del Decreto Legislativo n. 175 del 2014, articolo 28, comma 4 attiene alla capacità della società e non ai termini fissati per l'accertamento (che restano regolati da altra normativa, non toccata dal comma 4).” In proposito, occorre muovere sia dal generale disposto del comma 1 dell'articolo 11 preleggi (per cui "la legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo"), sia, in modo più specifico, dal comma 1 dell'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212 del 2000), secondo cui "le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo", salvi i casi di interpretazione autentica. Nella specie, tuttavia, il Legislatore delegato non avrebbe avuto neppure in astratto il potere di derogare sul punto la Legge n. 212 del 2000 con il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, perché la Legge di delegazione n. 23 del 2014 gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare lo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 1 della Legge delega) e, quindi, anche il comma 1 dell'articolo 3 dello Statuto. Posto che il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, articolo 28, comma 4 non ha alcuna valenza interpretativa (dato il suo tenore testuale, che non solo non assegna espressamente alla disposizione alcuna natura interpretativa, ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 dello Statuto dei diritti del contribuente, ma neppure in via implicita intende privilegiare una tra le diverse possibili interpretazioni delle precedenti disposizioni in tema di estinzione della società), occorre prendere atto che, in concreto, il testo della disposizione non consente di individuare alcun indice di retroattività per la sua efficacia e, pertanto, rispetta il comma 1 dell'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente. Più in dettaglio, l'enunciato della disposizione in esame non autorizza ad attribuire effetti di sanatoria in relazione ad atti notificati a società già estinte per le quali la richiesta di cancellazione e l'estinzione siano intervenute anteriormente al 13 dicembre 2014. La stessa relazione illustrativa al Decreto Legislativo non affronta in alcun modo la questione dell'eventuale efficacia retroattiva della norma."

 Il differimento di 5 anni si applica soltanto ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese sia presentata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 175/2014 (ovvero dopo il 13.12.2014). 

 Decreto Semplificazioni: disciplina società estinte
 I CHIARIMENTI DELLA CORTE DI CASSAZIONE
 Non si tratta di una norma processuale:
 - “in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione”. 
Non si tratta di una norma interpretativa: 
- “dato il suo tenore testuale”. 
Non deroga lo Statuto del contribuente: 
- in proposito, occorre muovere … dal comma 1 dell'articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge n. 212 del 2000), secondo cui "le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo", salvi i casi di interpretazione autentica. 
Né potrebbe derogarlo: 
-  nella specie, tuttavia, il Legislatore delegato non avrebbe avuto neppure in astratto il potere di derogare sul punto la Legge n. 212 del 2000 con il Decreto Legislativo n. 175 del 2014, perché la Legge di delegazione n. 23 del 2014 gli ha imposto lo specifico obbligo di rispettare lo Statuto dei diritti del contribuente.

 La sentenza in oggetto riguarda una controversia su una cartella di pagamento con la quale era richiesto, ad una società di persone, il pagamento di omessi o ritardati versamenti dell'Iva dichiarata per l'anno 2001. Il contribuente impugnava l’atto eccependo di aver effettivamente pagato gli importi dovuti. Veniva inoltre rilevato come l’atto fosse stato notificato in data 9 settembre 2005, ovvero dopo la cancellazione dal Registro delle Imprese, avvenuta in data 24 dicembre 2002. 

 Società di persone
 Data cancellazione dal Registro delle imprese: 24.12.2002.
 Data notifica atto: 9 settembre 2005. 

 La Corte di Cassazione, pronunciandosi sulla questione, ha avuto modo di rilevare quanto segue: Dopo la riforma organica del diritto societario attuata dal D.Lgs. 17.1.2003, n. 6, la cancellazione di una società di capitali dal Registro delle Imprese comporta l’estinzione dell’ente (nel precedente regime, invece, si riteneva non si potesse parlare di estinzione dell’ente qualora non tutti i rapporti giuridici ad esso facenti capo fossero stati definiti). 
Anche in considerazione del nuovo art. 10, Legge Fallimentare, la stessa regola è applicabile anche alla cancellazione volontaria delle società di persone dal Registro (anche se le società di persone non sono direttamente interessate dal nuovo articolo 2495 C.c. ed è rimasto per loro in vigore l'art. 2312 C.c.). 
L’unica differenza tra società di persone e società di capitali nell’ambito della disciplina in oggetto si concretizza nel fatto che l'iscrizione nel Registro delle Imprese dell'atto di cancellazione delle società di persone ha valore di pubblicità meramente dichiarativa, superabile con prova contraria, consistente nella dimostrazione della prosecuzione dell'attività sociale anche dopo l'avvenuta cancellazione dal Registro delle Imprese.
 Alla cancellazione di una società di persone segue un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale:
 a) l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali; 
b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), il cui mancato espletamento da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, a favore di una più rapida conclusione del procedimento estintivo (sezioni unite, n. 6070, n. 6071 e n. 6072 del 2013; Cass. n. 1677, n. 9110 e n. 12796 del 2012; n. 24955 del 2013). CORTE DI CASSAZIONE, SENTENZA 2 APRILE 2015, N. 6743 I CHIARIMENTI 
La norma introdotta con il D.Lgs. 175/2014, che differisce di 5 anni gli effetti dell’avvenuta cancellazione, opera su un piano sostanziale e non "procedurale", in quanto non si risolve in una diversa regolamentazione dei termini processuali o dei tempi e delle procedure di accertamento o di riscossione. Pertanto il differimento di 5 anni si applica soltanto ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal Registro delle Imprese sia presentata dopo l’entrata in vigore della norma (ovvero il 13.12.2014).
 In virtù dei presupposti sopra richiamati, la Corte di Cassazione non esamina nel merito la controversia, ma dichiara l’inammissibilità del ricorso perché la società, al momento dell’instaurazione del giudizio di primo grado era già estinta, ed era quindi priva della legittimazione sostanziale e processuale. In considerazione del fatto che la società era stata cancellata dal Registro delle Imprese, il ricorso doveva essere proposto dagli ex soci, i quali erano suoi successori nei rapporti ancora pendenti.
 Alcuni Autori hanno già parlato della possibilità di rilevare, in sede difensiva, l’eccesso di delega e la conseguente incostituzionalità della norma delegata. Merita di essere infatti ricordato come la Legge delega fiscale prevedesse la revisione sistematica dei regimi fiscali, al fine di eliminare complessità superflue. È stata invece introdotta, con l’articolo 28, una disciplina sulle società estinte che rappresenta una deroga pro-Fisco alle disposizioni del Codice civile, e, quindi, un nuovo regime a sfavore del contribuente.

FONTE: FISCAL- FOCUS

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