Il nuovo scenario di deduzione degli interessi passivi

Paolo Meneghetti, Vittoria Meneghetti 

 Con l'imminente approvazione del decreto legislativo sulla crescita delle imprese si avranno modifiche alla disciplina della deduzione degli interessi passivi, con decorrenza 2016. Il decreto legislativo sulla crescita e sulla internazionalizzazione delle imprese, in corso di approvazione definitiva, interverrà su una materia particolarmente diffusa in questi anni di crisi economica: la deduzione degli interessi passivi da parte di soggetti Ires. 


Ora tale deduzione è parametrata al tetto del 30% del Rol, con un calcolo di questa ultima grandezza che viene eseguito sottraendo alla classe A del CE assunta in base all'art. 2425 C.C., la classe B del medesimo, depurando quest'ultimo aggregato di costi degli ammortamenti (materiali ed immateriali) e dei canoni di locazione finanziaria. L'articolo 4 del citato decreto modifica l'art. 96 del Tuir ammettendo nel calcolo del ROL anche i dividendi ritratti da partecipazioni in società estere controllate dalla società residente che deduce gli interessi passivi. L'intento del legislatore appare chiaro: se una società residente si indebita con gli istituti di credito per acquisire una partecipazione in una società estera (e quindi incentivare il proprio profilo internazionale), il ritorno dell'investimento (dividendi) deve consentire una maggiore deducibilità di quegli interessi passivi subiti proprio per eseguire l'investimento stesso. In pratica, si avrà un incremento degli interessi deducibili rispetto alla versione attuale dell'art. 96 del Tuir, pari al 30% dei dividendi spettanti al soggetto controllante. Va subito precisato che si parla di mero controllo di diritto, cioè la detenzione di diritti di voto tali da disporre della maggioranza in assemblea (art. 2359, punto 1 cc). La modifica è certamente condivisibile; ciò che tuttavia resta oscuro è il motivo per cui essa è limitata ai dividendi percepiti da società controllate estere. Addirittura la relazione governativa al decreto afferma esplicitamente che tale modifica normativa viene prevista per "evitare una ingiusta penalizzazione sugli investimenti esteri". Ma proprio per rendere simili le tipologie di investimenti si dovrebbe prevedere che anche i dividendi ritratti da società residente controllata dovrebbero entrare nel ROL, mentre allo stato attuale un'impresa che, volendo crescere, ne acquista un'altra, solo acquisendo l'azienda ottiene di poter escludere dal calcolo del ROL gli ammortamenti, ma se acquistasse la partecipazione di controllo non potrebbe sterilizzare l'indeducibilità degli interessi passivi, relativi a finanziamenti contratti per eseguire l'investimento finanziario, con i dividendi erogati dalla controllata residente. Altro intervento previsto dall'art. 4 dell'approvando decreto è l'abrogazione dei limiti di deduzione degli interessi passivi derivanti da prestiti obbligazionari, limiti introdotti nel nostro ordinamento dall'art. 3, c. 115 della L. 549/1995 (cosiddetta Legge Prodi). La norma, lo ricordiamo, rendeva indeducibili gli interessi passivi per la parte di essi che corrispondeva ad un tasso di remunerazione concesso agli obbligazionisti superiore ai 2/3 rispetto al tasso ufficiale di riferimento. La disposizione serviva ad impedire che la tassazione agevolata allora (1995) prevista per gli obbligazionisti venisse abusata riconoscendo tassi di interesse molto elevati che portavano risparmi fiscali alla società la quale deduceva gli interessi passivi. Il diverso contesto economico/normativo attuale rende superflua tale previsione, quindi dal 2016 la deducibilità degli interessi passivi derivanti da prestiti obbligazionari sarà disciplinata solo dal tetto del 30% del Rol.

 FONTE: SISTEMA RATIO - CENTRO STUDI CASTELLI

.