Regolarità contabile non salva dall'induttivo se manca l'attendibilità

di Enrico Savio 

 In tema di accertamento delle imposte, la presenza di una contabilità formalmente corretta non salva sistematicamente il contribuente dalla rideterminazione induttiva del reddito qualora la stessa documentazione sia ritenuta dagli organi verificatori come "inattendibile".


 La Corte di Cassazione, con sentenza n. 9732 del 13.05.2015, ha ribadito, ancora una volta, un orientamento giurisprudenziale che, seppur pronunciato con riferimento alle imprese commerciali, ben si può estendere anche nell'ambito degli enti non lucrativi. Secondo la Cassazione, infatti, la presenza di scritture contabili regolari nella forma e nella tenuta non escluderebbe la legittimità dell'accertamento induttivo del reddito d'impresa ai sensi dell'art. 39, c. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973, "facendo ricorso a presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 C. C. […] quando la contabilità possa essere considerata complessivamente ed essenzialmente inattendibile". A supporto della decisione i giudici della Suprema Corte avevano sottolineato come, nel corso delle attività di verifica, fossero emersi degli elementi "tali da far disattendere le risultanze delle scritture contabili anche se tenute regolarmente" tra i quali figurava la presenza di documentazione extracontabile ("agende" e "block notes") che aveva fatto rilevare una "intensa attività" rappresentata da inserzioni pubblicitarie, nonché la limitata presenza di incarichi rispetto al numero delle stesse. Ai sensi dell'art. 20, c. 1 D.P.R. 600/1973, gli enti associativi non lucrativi, diversi dalle Onlus, sono soggetti agli obblighi contabili propri delle imprese commerciali seppur limitatamente alle eventuali attività economiche d'impresa, svolte in forma non occasionale, intendendosi come tali tutte quelle iniziative economiche produttive di reddito d'impresa ai sensi dell'art. 55 Tuir, ai fini IRES, e che assumono, in capo agli stessi, rilevanza agli effetti dell'IVA così come chiarito dalla risoluzione 126/E/2011. Detto questo, tali obblighi di "contabilità fiscale", richiedendo, ai sensi dell'art. 144, c. 2 Tuir, una separata rilevazione dei fatti di gestione relativi all'attività commerciale svolta, permetterebbero di circoscrivere la fattispecie della ricostruzione induttiva del reddito limitatamente a tale ambito di attività. Tutto ciò premesso, portata l'attenzione nell'alveo del mondo non profit, si ipotizzi il caso, non raro, nel quale un'associazione sportiva dilettantistica, culturale ovvero di altro tipo realizzi dei manifesti per pubblicizzare un proprio evento e riporti, per i motivi più vari, in tale materiale pubblicitario, logo e/o denominazione di imprese commerciali senza che per questo risulti emessa alcuna fattura/ricevuta fiscale. Il ritrovamento, nel corso di una verifica, di tale materiale pubblicitario, fotografie e magari di documentazione extracontabile che indichi delle movimentazioni tra l'ente e tali "sponsor" potrebbe, nel caso di rilevante entità degli "ipotetici introiti commerciali non dichiarati", far scattare l'accertamento induttivo in capo all'ente non profit ed anche se lo stesso fosse stato in grado di presentare una documentazione contabile formalmente impeccabile. Detto questo, sarà comunque onere dell'Amministrazione Finanziaria dimostrare l'esistenza dei presupposti per la ricostruzione induttiva del reddito del soggetto accertato. 

 Fonte: Sistema Ratio centro studi castelli

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