Integrazioni e modifiche al Codice dell'Amministrazione digitale

Con quest’ultima riforma pubblicata sulla G.U. n. 9 del 12 gennaio 2018 che si compone di 67 articoli si intende integrare e modificare alcune disposizioni del CAD,
in conformità a quanto previsto dalla legge delega anche al fine di accelerare l'attuazione, a livello nazionale, dell'agenda digitale europea, in coerenza peraltro con le previsioni dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 179 del 2016 e l'attività del commissario straordinario ivi prevista. L’originario testo del d.lgs. n. 82/2005 ha subito nel tempo diverse modifiche ed integrazioni, da parte di numerosi interventi normativi: D. Lgs. 4 aprile 2006, n. 159, legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge 28 gennaio 2009 n. 2, legge 18 giugno 2009, n. 69, legge 3 agosto 2009, n. 102, d.lgs. 30 dicembre 2010, n. 235, legge n. 221/2012 (recante i principi dell’Agenda Digitale), legge n. 98/2013 (decreto del fare), d.lgs. n. 179 del 26 agosto 2016 (riforma Madia). L’obiettivo principale è quello di contribuire alla definizione di un quadro normativo idoneo ad abilitare e supportare le azioni di attuazione dell'agenda digitale dotando i cittadini, imprese e amministrazioni di strumenti e servizi idonei a rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale che rappresentano il fulcro della legge delega e del già richiamato decreto legislativo 179 del 2016. I punti fondamentali di tale nuovo intervento legislativo sono: a) proseguire nell'opera di razionalizzazione delle disposizioni contenute nel CAD e di deregolamentazione già avviata con il precedente intervento sia semplificando, anche nel linguaggio, il Codice, sia sostituendo le regole tecniche con delle linee guida la cui adozione viene affidata direttamente all'Agenzia per l'Italia digitale in modo da rendere l'attuazione tecnico-operativa delle disposizioni di legge capace di stare al passo con la continua evoluzione tecnologica, scongiurando il rischio che le regole finiscano con imbrigliare amministrazione e cittadini a utilizzare soluzioni e servizi meno moderni di quelli disponibili sul mercato. Si cerca, quindi, in questo modo di favorire il passaggio da un’ottica incentrata sull’Amministrazione e sul procedimento amministrativo ad una che assuma come punto focale i nuovi diritti digitali, ma, come sottolineato dal Consiglio di Stato nel proprio parere, per ottenere tale obiettivo sarebbe necessario procedere ad una compiuta opera di riorganizzazione delle disposizioni del CAD, volta a dare evidenza, in primo luogo, alle disposizioni riguardanti tali diritti (identità digitale, domicilio digitale, firma digitale, diritto di accesso online etc.) per poi disciplinare i rapporti fra il cittadino e l’Amministrazione e regolare, infine, i profili riguardanti l’organizzazione dell’Amministrazione. Inoltre, sempre al fine di rendere il Codice un corpus omogeneo di norme disciplinanti una specifica branca del diritto, sarebbe opportuno sia operare un complessivo coordinamento formale del novellato testo del CAD, in particolar modo per quanto concerne la numerazione degli articoli e dei commi recati dal Codice, sia prevedere l’introduzione di un indice delle disposizioni del CAD che agevoli la sua consultazione da parte dei soggetti cui è destinato il Codice stesso. b) Sottolineare con maggior forza la natura di carta di cittadinanza digitale della prima parte del Codice concentrandovi, salvo talune eccezioni dovute alla volontà di salvaguardare rinvii esterni contenuti in altre previsioni di legge, disposizioni volte ad attribuire a cittadini e imprese il diritto a una identità e a un domicilio digitale, quello alla fruizione di servizi pubblici online in maniera semplice e mobile-oriented, quello a partecipare effettivamente al procedimento amministrativo per via elettronica e quello a effettuare pagamenti online. In quest’ambito assume particolare rilievo la disciplina del domicilio digitale introdotta dal decreto legislativo de quo. Difatti viene prevista una nuova e più sintetica definizione di domicilio digitale (art. 1, comma 1, lett. n-ter)), la previsione di un obbligo per i soggetti in precedenza tenuti ad avere un indirizzo PEC - ovvero i soggetti pubblici di cui all’art. 2, comma 2 del CAD, i professionisti tenuti all’iscrizione in albi ed elenchi e i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro delle imprese - di dotarsi di un domicilio digitale da iscrivere negli appositi elenchi di cui agli artt. 6 bis e 6 ter del CAD nonché la previsione di una facoltà per “chiunque” altro di eleggere tale domicilio, che deve essere registrato in un apposito elenco pubblico gestito dall’AgID, utilizzando le strutture informatiche delle Camere di commercio. Inoltre, al fine di poter “utilizzare immediatamente il domicilio digitale” - quale nuovo paradigma per le comunicazioni tra pubblica amministrazione e cittadini ed imprese - il decreto in esame provvede a trasformare l’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) in indice dei domicili digitali e stabilisce che il loro inserimento nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (ANPR) avverrà soltanto al “completamento” della stessa ANPR (art. 6 quater, comma 3 CAD). c) Promuovere integrazione e interoperabilità tra i servizi pubblici erogati dalle diverse amministrazioni in modo da garantire a cittadini e imprese il diritto a fruirne in maniera semplice e moderna anche grazie all'opportunità di gestire i diversi strumenti informatico-giuridici di dialogo con le amministrazioni attraverso un'unica interfaccia, una dashboard di cittadinanza digitale. In particolare, tramite il decreto in esame, è stato introdotto uno specifico diritto per la cittadinanza di fruire dei servizi offerti dai soggetti pubblici “in forma digitale e in modo integrato” (art. 7, comma 01 CAD) anche per il tramite del “punto di accesso” di cui all’art. 64 bis del CAD che, così come novellato dal presente intervento normativo, dispone che le pubbliche amministrazioni debbano, “in sede di evoluzione”, progettare e sviluppare i loro servizi e sistemi “in modo da garantirne l’integrazione e l’interoperabilità”. Questo aspetto rappresenta uno dei punti di maggiore criticità della riforma in quanto l’effettivo raggiungimento dell’obiettivo dell’interoperabilità dei sistemi e della loro integrazione dipenderà dalle concrete modalità tecniche con cui si procederà a sviluppare i servizi telematici della pubblica amministrazione tramite le linee guida di cui all’art. 71 del CAD, e sappiamo bene che su questo fronte ci sono state sempre insormontabili difficoltà. d) Garantire maggiore certezza giuridica in materia di formazione, gestione e conservazione dei documenti digitali prevedendo che non solo quelli firmati digitalmente - o con altra firma elettronica qualificata - ma anche quelli firmati con firme elettroniche diverse, al ricorrere di specifiche condizioni identificate dall'AgiD, possano produrre gli stessi effetti giuridici e disporre della stessa efficacia probatoria senza che debba essere un giudice, caso per caso, a valutare al riguardo. Si tratta di un'iniziativa che mira a promuovere l'adozione e l'utilizzo da parte di soggetti pubblici e privati di soluzioni digitali moderne e semplici da usare senza rinunciare al rispetto della disciplina vigente laddove impone il ricorso alla forma scritta per il compimento di taluni atti e contratti. In particolare, il novellato art. 20 del CAD - modificando la previgente disciplina che demandava esclusivamente agli organi giudicanti la possibilità di valutare liberamente in giudizio l’idoneità dei documenti informatici a fini probatori - prevede che il documento informatico soddisfi il requisito della forma scritta e abbia l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c. qualora sia sottoscritto con una firma digitale, qualificata o avanzata, o, nel caso di documenti sottoscritti con firme elettroniche differenti, qualora rispetti gli standard tecnici individuati dall’AgID con le menzionate linee guida, mentre, nei restanti casi, il valore probatorio del documento informatico è rimesso al libero giudizio degli organi giudicanti. In tale ottica, quindi, la riforma ha proceduto a modificare nuovamente il regime del valore probatorio dei documenti informatici, introducendo nei termini in precedenza indicati una sorta di graduazione del valore probatorio dei documenti informatici sulla base delle modalità tecniche di sottoscrizione dei medesimi. Il punctum dolens è rappresentato dalla scelta di ricollegare un valore predefinito anche ai documenti informatici che rispettino i parametri tecnici individuati dall’AgID ai sensi del novellato art. 71 del CAD senza che si conoscano i contenuti delle linee guida. Tale disposizione rimane sostanzialmente vuota per il momento e rischia di rimanere tale per molto tempo. e) Rafforzare l'applicabilità dei diritti di cittadinanza digitale e accrescere il livello di qualità dei servizi pubblici e fiduciari in digitale sia istituendo presso l' AgiD un ufficio del difensore civico sia aumentando la misura delle sanzioni che la stessa AgiD potrà erogare qualora i fornitori di servizi fiduciari violino le regole vigenti esponendo a rischio i diritti di cittadini. e imprese. Naturalmente la previsione di un ufficio unico a livello nazionale per la tutela dei cosiddetti “diritti digitali” richiede necessariamente che sia messa a disposizione di tale organo una dotazione organica adeguata al tipo di compiti svolti e come giustamente osservato dal Consiglio di Stato va evidenziato che la creazione di un ufficio centrale del difensore civico non costituisce l’unica nuova funzione assegnata all’AgID dal presente intervento normativo, atteso che le novelle recate all’art. 14 bis del CAD hanno previsto in capo all’Agenzia - oltre al compito di adottare le linee guida di cui all’art. 71 del CAD - anche quello di fornire “pareri tecnici, obbligatori e vincolanti” sugli elementi essenziali delle procedure di gara bandite da Consip e concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi a sistemi informativi automatizzati. In definitiva nell’ottica di questa nuova riforma l’AgID assume un ruolo centrale nella presente materia sia nell’ambito dei rapporti con la cittadinanza sia relativamente ai rapporti con le pubbliche amministrazioni. f) Promuovere un processo di autentica valorizzazione del patrimonio informativo pubblico riconducendo tale obiettivo tra le finalità istituzionali di ogni amministrazione e disegnando un contesto normativo che, nel rispetto della disciplina in materia di privacy e tutela dei dati personali, garantisca un utilizzo più efficace dei dati pubblici attraverso moderne soluzioni di data analysis. Tale obiettivo, per il momento, rimane solo una mera petizione di principio in quanto non esistono disposizioni concrete in tal senso. Viene solo previsto all’art. 40-ter del CAD un nuovo sistema pubblico di ricerca documentale volto a facilitare la ricerca dei documenti soggetti a obblighi di pubblicità legale, trasparenza o a registrazione di protocollo ai sensi dell'articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e di cui all'articolo 40-bis e dei fascicoli dei procedimenti di cui all'articolo 41, nonché a consentirne l'accesso on-line ai soggetti che ne abbiano diritto ai sensi della disciplina vigente. Tal sistema si pone come un modulo aggiuntivo che non altera in maniera significativa il funzionamento delle piattaforme esistenti; in particolare, come si legge nella relazione illustrativa al decreto, "le Amministrazioni devono solo aggiungere metadati nel processo preesistente di caricamento dei documenti presso i conservatori, potendo comunque ciascuna continuare a utilizzare le proprie piattaforme". Va però precisato quali siano le modalità (facilitate) previste per la ricerca, quali siano le funzioni assegnate al nuovo sistema e quali i dati e/o metadati che in esso confluiranno. FONTE: ALTALEX

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