Dichiarazioni raccolte nelle verifiche fiscali: effetti penali solo con le garanzie del c.p.p.

Martedì 27 settembre 2016 

 Ancora una bella e argomentata sentenza arriva dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione (20 settembre 2016, n. 38858 Pres. Rosi, Rel. Renoldi).
In una verifica fiscale erano emersi indizi, basati su dichiarazioni rese da terzi ai verificatori, del reato di dichiarazione fraudolenta mediante artifici nonché in relazione al delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti. La difesa dei due ricorrenti ha dedotto la violazione dell’art. 220 disp. att. cod. proc. pen., evidenziando come a seguito dell’emergere della notitia criminis i militari della Guardia di finanza avrebbero dovuto procedere al compimento delle attività di acquisizione probatoria secondo le norme previste dal codice di rito che prevedono “particolari procedure o modalità in relazione a specifiche attività”. Dunque, secondo la tesi esposta dai ricorrenti, non essendosi provveduto alla redazione del verbale ai sensi dell’art. 357, comma 2, lett. b) cod. proc. pen. e, pertanto, in violazione di quanto stabilito dagli artt. 64 e 350 cod. proc. pen., la parte del documento redatta successivamente all’emergere di indizi di reità sarebbe processualmente inutilizzabile proprio perché non si è proceduto nelle forme e con le garanzie previste per l’interrogatorio. La Corte preliminarmente ricorda che il “verbale di costatazione” redatto da personale della Guardia di Finanza o dai funzionari degli Uffici Finanziari è qualificabile come documento extraprocessuale ricognitivo di natura amministrativa e, in quanto tale, acquisibile ed utilizzabile ai fini probatori, nel processo penale, ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen.. E’ anche stato osservato che non si tratta di un atto processuale, poiché non è previsto dal codice di rito o dalle norme di attuazione (ex art. 207 disp. att. cod. proc. pen.); né può essere qualificato quale “particolare modalità di inoltro della notizia di reato” (ex art. 221 disp. att. cod. proc. pen.) Nondimeno, quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergono indizi di reato e non meri sospetti, l’art. 220 disp. att. cod. proc. pen. stabilisce che “gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle disposizioni del codice”. Ne consegue che la parte di documento, compilata prima dell’insorgere degli indizi, ha sempre efficacia probatoria ed è utilizzabile, mentre non è tale quella redatta successivamente, qualora non siano state rispettate le disposizioni del codice di procedura penale (Sez. 3, n. 7930 del 30/01/2015, Marchetti e altro, Rv. 262518). Ove le richiamate condizioni si verifichino, sarà dunque necessario che, a pena di inutilizzabilità, vengano osservate le disposizioni del codice di rito, ma soltanto per il compimento degli atti necessari all’assicurazione delle fonti di prova ed alla raccolta di quant’altro necessario per l’applicazione della legge penale. Tali garanzie riguardano anche l’acquisizione di dichiarazioni da persona nei cui confronti sono emersi indizi di reità. In mancanza quindi di il contenuto delle dichiarazioni sarà inutilizzabile. La Corte ha comunque respinto il ricorso perchè ha ritenuto sussistenti altri elementi indiziari: le dichiarazioni rese dagli indagati, pertanto, non avevano avuto rilevanza ai fini del sequestro e la loro inutilizzabilità non inficiava la legittimità del provvedimento.
FONTE:ILTRIBUTO

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