Sufficiente il redditometro come unico elemento probatorio?

mercoledì 13 gennaio 2016

Qualche commentatore ha già concluso, sintetizzando (troppo) il contenuto della Sentenza 14 ottobre 2015, n. 20649 della Corte di Cassazione,
che il “redditometro”, ovvero le risultanze induttive delle tabelle elaborate sulla base della disponibilità di beni nel contesto dell’accertamento sintetico di cui all’articolo 38 del DPR 600/73, sia da solo sufficiente a sostenere l’accertamento. Non bisogna infatti, a nostro giudizio, isolare dal contesto della sentenza il passaggio motivazionale per cui: “Conviene premettere che, in presenza di dati certi ed incontestati, considerati indici di capacità contributiva, non è consentito pretendere una motivazione specifica dei criteri in concreto adottati per pervenire alle poste di reddito fissate in via sintetica nel cosiddetto redditometro, in quanto esse, proprio per fondarsi su parametri fissati in via generale, si sottraggono all’obbligo di motivazione, secondo il principio stabilito dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, comma 2 (Cass. 327/06): l’Amministrazione Finanziaria resta pertanto dispensata da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indicativi di capacità contributiva, individuati dal redditometro stesso e posti a base della pretesa tributaria, gravando sul contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base del redditometro non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. 10350/2003)”. La massima citata è infatti del 2003. Sei anni dopo, (e sei anni prima di adesso) ci sono state le celeberrime sentenze del 18 dicembre 2009 delle Sezioni Unite che hanno attribuito agli strumenti parametrici di accertamento il valore di presunzioni semplici non qualificate. Dunque non pare ad oggi nè che possa riproporsi l’orientamento di una isolata sentenza del 2003, nè, francamente, che la sentenza in commento affermi tale principio. Ed allora forse occorre, prima di trarre conclusioni affrettate su un inaspettato revirement interpretativo della Suprema Corte, cercare di estrapolare dai fatti riferiti nella sentenza l’andamento del processo. E pare stavolta che più che sull’aspetto probatorio, le eccezioni del contribuente nei vari gradi di giudizio si siano concentrate su altre questioni, fino ad una eccezione, sul punto, di carenza motivazionale della sentenza. Sulle eccezioni predette e sulle motivazioni che le hanno viste respingere nei gradi di merito la Corte ha ritenuto infondate le doglianze del contribuente. Da qui a desumere un significativo “salto” giurisprudenziale ce ne corre…..

 fonte: il tributo

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