Il contraddittorio endoprocedimentale

Lunedì 25 gennaio 2016

L’obbligatorietà o meno del contraddittorio endoprocedimentale ha rappresentato da sempre oggetto di analisi da parte dell’ordinamento giuridico.
Un espresso riferimento sul diritto del contribuente al contraddittorio può essere rinvenuto nell’art. 111 della Costituzione, nonchè nella l. 241/90 sul processo amministrativo, si enunciava la necessità di garantire la partecipazione del cittadino all’azione della pubblica amministrazione. Tale normativa è in linea con l’introduzione dell’istituto del cd. “preavviso di rigetto”, che consente al privato che ha proposto istanza, alla P.A, di conoscere con anticipo l’eventuale valutazione negativa dell’amministrazione per poter successivamente controdedurre, la stessa motivazione del provvedimento finale dovrà essere per così dire “rafforzata” in ragione degli elementi addotti dal contribuente in fase di controdeduzione. Il provvedimento finale dovrà, poi, necessariamente tenere conto delle controdeduzioni del contribuente, in un’ottica di effettività del contraddittorio endoprocedimentale. La sanzione comminata in caso di mancata attivazione del contraddittorio endoprocedimentale è l’invalidità. Quindi ancor prima, che nel rispetto del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e del diritto ad una decisione in tempi ragionevoli ex art. 111 Cost., il contraddittorio preventivo opera a presidio di un principio, più ampio e generale ovvero quello della leale collaborazione tra P.A. e cittadino. Tale termine opera a garanzia della piena attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, che costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva. Ma la necessità di convocare il contribuente prima di emettere un atto che invada in senso pregiudizievole la sua sfera giuridico – patrimoniale è stata oggetto di analisi e disciplina anche da parte della normativa di settore. L’obbligatorietà del contraddittorio è rappresentato proprio dallo Statuto dei diritti del contribuente all’art. 12, l. 212/2000. Secondo una visione “gerarchica” dell’ordinamento giuridico e di primazia della Carta Costituzionale il principio suesposto prevarrebbe su qualunque altra disposizione normativa. In tema di studi di settore, l’art. 39, 1 comma, DPR. 600/73, fa riferimento al contraddittorio preventivo come condizione necessaria ed indefettibile per l’emanazione di un provvedimento di accertamento; conformemente si è pronunciata anche la Suprema Corte, in virtù della quale “i parametri costituiscono un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non sono ex lege determinate in relazione ai soli standard in sè considerati, ma nascono procedimentalmente in esito al contraddittorio, da attivare obbligatoriamente pena la nullità dell'accertamento di conseguenza la motivazione dell'avviso di accertamento non può esaurirsi nel mero rilievo dello scostamento del reddito dichiarato da quello risultante dall'applicazione dei parametri ma deve farsi carico delle ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni del contribuente in sede di contraddittorio”. Ed ancora, in tema di accertamento sintetico, l’art. 38 DPR. 600/73, anche alla luce delle recenti modifiche legislative, ha istituzionalizzato il contraddittorio al punto da prescrivere un “doppio contraddittorio” cui si ricollega una “doppia motivazione” che deve intendersi quale motivazione calibrata e adeguata alle difese del contribuente, difese che quest’ultimo ha potuto esercitare proprio a seguito del contraddittorio preventivo. Anche in tale ipotesi la sanzione comminata è quella dell’invalidità dell’avviso di accertamento. Il contraddittorio endoprocedimentale trova sostegno, altresì, in un atto interno dell’Amministrazione Finanziaria, la circolare 24/E del 2013, che ha chiarito dettagliatamente le caratteristiche del nuovo accertamento sintetico. Ma è con la sentenza della Corte di Giustizia del 18 dicembre 2008, C-349/07 che si inizia a tracciare una linea unitaria per ciò che concerne le garanzie riconosciute al contribuente. In particolare la sentenza così dispone “i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la sua decisione. A tal fine essi devono beneficiare di un termine sufficiente”. Tale sentenza non si limita ad enunciare il principio dell’obbligatorietà del contraddittorio preventivo, ma pone a carico dell’Amministrazione Finanziaria l'ulteriore onere di esaminare attentamente le difese del contribuente per poi trasfonderle nella motivazione dell’atto. I giudici comunitari chiariscono che “il rispetto dei diritti della difesa implica, perché possa ritenersi che il beneficiario di tali diritti sia stato messo in condizione di manifestare utilmente il proprio punto di vista, che l'amministrazione esamini, con tutta l'attenzione necessaria, le osservazioni della persona o dell'impresa coinvolta”, nel senso che se anche le difese del contribuente non fossero idonee ad impedire l’emissione dell’avviso di accertamento devono essere in ogni caso prese in considerazione. La Corte di Giustizia ha proseguito la scia della sentenza Sopropè nelle cause riunite C‑129/13 e C‑130/13 rimarcando l’attenzione sul contraddittorio preventivo come diritto fondamentale da riconoscere al cittadino e ancor di più al contribuente nel corso del procedimento tributario. La Corte Europea, ha posto l'attenzione sull’onere a carico delle Amministrazioni Pubbliche di chiamare il contribuente prima di adottare qualsiasi provvedimento “invasivo” della sua sfera giuridica. L’unica eccezione è rappresentata da ragioni d’urgenza che possano giustificare l’emissione dell’avviso in assenza di contraddittorio, badando bene a evitare che divenga un mero escamotage per sopperire ad un comportamento inerte e negligente della Pubblica Amministrazione. La Corte di Giustizia conclude, in ogni caso, per la nullità dell’atto emesso in assenza di un contraddittorio anticipato. Tutto quanto enunciato nelle succitate sentenza trovano origine normativa negli artt. 41 - 47 – 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che sanciscono il diritto di difesa, nonché il diritto ad un giusto ed equo procedimento. Inoltre è opportuno chiarire che il nostro ordinamento legislativo è impostato sul principio gerarchico che vede quali fonti prioritarie l’ordinamento comunitario, tale primazia è costituzionalizzata all’art. 117 che pone quale limite i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Da ultimo la sentenza della Cassazione civile, del 28 maggio 2015, n. 11088 pone l'accento sull’ obbligatorietà del contraddittorio anticipato e sull’ analisi dell’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente. non tralasciando l’analisi sul termine “emissione”, da intendersi quale momento in cui l’atto impositivo viene ad esistenza. La Suprema Corte conclude per l’illegittimità dell’atto emesso ante tempus. E’ opportuno sottolineare che il termine di sessanta giorni non è da intendersi come mero termine o onere a carico dell’Amministrazione. Esso opera a tutela del contribuente che, come normativamente indicato può, durante il suddetto periodo, presentare all’Ufficio controdeduzioni a difesa della propria posizione sottoposta a verifica fiscale. Il diritto del contribuente di presentare controdeduzioni fa sì che il contraddittorio preventivo non sia una mera appendice formale posta a carico dell’Amministrazione Finanziaria, ma configuri una tutela “effettiva” per il soggetto destinatario dell’atto impositivo. i Supremi giudici dichiarano "il contribuente ha diritto di far valere le proprie ragioni nel momento stesso in cui la volontà dell’Amministrazione Finanziaria si forma, quando l’atto impositivo è ancora in fieri”. A sostegno dell’ineludibilità del contraddittorio come parte prodromica dell’atto impositivo, il principio paritario ed equitativo nel rapporto fisco-contribuente, in virtù del quale, ex art. 53 della Carta Costituzionale, ogni cittadino deve concorrere alla spesa pubblica in base alla propria capacità contributiva. Tali principi verrebbero resi vani se l’atto impositivo venisse emesso, invadendo la sfera patrimoniale del contribuente senza un preventivo invito al “contraddittorio”. Il contraddittorio,pertanto, deve essere parte integrante e anche rafforzativa delle motivazioni dell’emanando atto impositivo,considerato che vi è stata una partecipazione attiva del contribuente invitato a rappresentare la propria posizione economico-giuridica, in quanto, non garantisce solo il diritto di difesa del cittadino-contribuente.

fonte: camminodiritto

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