sabato 3 ottobre 2015 di Luca Vannoni
Nell’ultima, e conclusiva, infornata di decreti attuativi della L. n. 183/2014, spicca per
importanza il Decreto attuativo di riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto
di lavoro,
riguardante principalmente le casse integrazioni, ordinarie e straordinarie, e i
contratti di solidarietà. Se, in altre materie, l’incisività dell’intervento è stato più annunciato
che realizzato, con innovazioni circostanziate in un’opera essenzialmente di riordino
normativo, con il D.Lgs. 148/2015 gli ammortizzatori in costanza di rapporto di lavoro sono
stati effettivamente ridisegnati e ristrutturati, con nuovi principi e nuove procedure. Una sorta
di anno zero su una materia estremamente attuale e strategicamente fondamentale per
imprese e professionisti.
È subito opportuno individuarne le direttrici, per capirne la portata.
Il primo obiettivo che si è inteso realizzare è rappresentato dal superamento di tutte quelle
disposizioni che consentivano un utilizzo degli ammortizzatori sociali al di fuori del loro diretto
campo di applicazione. In base alla disciplina previgente, imprese ormai decotte e destinate
alla chiusura potevano beneficiare di lunghi periodi di integrazione salariale prima
dell’effettiva liquidazione e mobilità dei dipendenti, distogliendo risorse importanti a
vantaggio di imprese che, viceversa, si trovavano ad affrontare crisi potenzialmente transitorie
e comunque reversibili ma scoperte da interventi integrativi ordinari. Con il primo capo del
decreto, quindi, sono state introdotte una serie di disposizioni comuni a tutti gli ammortizzatori
sociali, volte, da una parte, ad ampliare i potenziali beneficiari, dall’altra, a limitare l’utilizzo
degli ammortizzatori sociali mediante stretti vincoli di durata massima.
L’art. 4 del decreto in commento prevede infatti che la durata massima del trattamento di
integrazione salariale, ordinario o straordinario, non possa essere superiore a 24 mesi in un
quinquennio mobile, con l’eccezione delle imprese del settore edile e affini, artigiane e
industriali, e del settore lapideo, per le quali la durata massima è estesa a 30 mesi sempre in
un quinquennio mobile.
A tale regole è prevista un’importante eccezione per i contratti di solidarietà: in caso di utilizzo,
la durata di CIGS connessa a tale causale è computata della metà fino a 24 mesi, e per intero
per la parte eccedente, così da consentire una durata complessiva pari a 36 mesi degli
ammortizzatori richiedibili.
Riguardo all’estensione dei beneficiari, ora anche gli apprendisti rientrano nelle tutele
ordinarie di integrazione salariale, abbandonando quindi il mondo delle casse in deroga,
problematiche da gestire per tutti gli attori del mondo del lavoro, finanza dello Stato compresa.
In particolare, nelle imprese soggette alle sole integrazioni straordinarie, si applicheranno agli
apprendisti solo i trattamenti straordinari di integrazione salariale per la causale di crisi
aziendale, nelle imprese soggette a integrazioni salariali ordinarie e straordinarie ovvero a solo
quelle ordinarie, viceversa, si applicheranno solo i trattamenti ordinari.
L’estensione dei potenziali beneficiari è comunque accompagnata da una disposizione
restrittiva legata all’anzianità lavorativa, richiesta per tutte le tipologie di cassa: 90 giorni di
effettivo lavoro alla data di presentazione della relativa domanda di concessione presso l’unità
produttiva per la quale è richiesto l’intervento.
Sempre legata ai beneficiari, vengono previsti una serie di oneri legati ai servizi per l’impiego
e alle politiche attive: l’obiettivo è far sì che la sospensione diventi occasione di rafforzamento
delle competenze a supporto di eventuali riqualificazioni professionali necessarie.
I lavoratori che subiscono una sospensione o riduzione dell’attività lavorativa superiore al 50%
rispetto al normale orario di lavoro, calcolato su un periodo di 12 mesi, sono convocati dai
centri per l’impiego per la sottoscrizione di un programma personalizzato di qualificazione o
riqualificazione professionale.
Il diritto all’integrazione salariale decade se il lavoratore non abbia provveduto a dare
preventiva comunicazione alla sede INPS territorialmente competente dello svolgimento di
una attività di lavoro autonomo o subordinato, tenuto conto che le comunicazioni obbligatorie
ex art.4-bis del D.lgs. n.181/00 a carico dei datori di lavoro e delle imprese fornitrici di lavoro
temporaneo sono valide ai fini dell’assolvimento di tale obbligo di comunicazione.
Il trattamento integrativo è previsto, per tutte le tipologie, all’80% della retribuzione globale
che sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate, fino al limite dell’orario contrattuale. Il
trattamento sarà poi soggetto alla riduzione dell’aliquota contributiva a carico degli
apprendisti e al massimale. Quest’ultima disposizione riveste una particolare importanza per
la CIGS legata a contratti di solidarietà: in base alla disciplina previgente, in tale ipotesi era
esclusa l’applicazione dei massimali.
Novità importanti anche per quanto riguarda il contributo aggiuntivo richiesto in caso di
utilizzo degli ammortizzatori sociali. Le imprese che presentano domanda di integrazione
salariale sono obbligate a pagare un contributo addizionale in misura pari a:
• 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non
prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti
all’interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane
in un quinquennio mobile;
• 12% oltre le 52 settimane, sino a un massimo di 104 settimane in un quinquennio mobile;
• 15% oltre le 104 settimane in un quinquennio mobile.
Un ultimo inciso relativo alla disciplina transitoria. Celermente, con il messaggio 24 settembre
2015 n. 5919, l’INPS ha precisato che le domande per gli eventi di sospensione o riduzione
dell’attività lavorativa precedenti al 24 settembre potranno continuare ad essere presentate
dalle aziende con le consuete modalità, previste nella previgente disciplina; le domande per
gli eventi di sospensione o riduzione verificatisi successivamente dovranno, invece, seguire la
nuova disciplina. Per il resto delle disposizioni operative, non rimane che attendere, speriamo
poco, le imminenti istruzioni dell’INPS.
FONTE: www.ecnews.it