venerdì 25 settembre 2015 di Marco Peirolo
Ai sensi dell’art. 37, comma 1, del D.L. n. 41/1995, le esportazioni di beni assoggettate al regime
del margine si considerano non imponibili ai fini IVA.
In pratica, sulla differenza (cd. “margine”)
fra il prezzo di vendita e quello di acquisto non è dovuta l’imposta.
Le cessioni per le quali la norma in esame dispone che il margine si qualifica come non
imponibile sono:
• le cessioni all’esportazione (art. 8 del D.P.R. n. 633/1972);
• le operazioni assimilate alle cessioni all’esportazione (art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972);
• le cessioni nei confronti di viaggiatori extracomunitari (art. 38-quater del D.P.R. n.
633/1972);
• le cessioni con trasporto/spedizione dei beni nel territorio della Città del Vaticano o della
Repubblica di San Marino (art. 71 del D.P.R. n. 633/1972);
• le cessioni nei confronti di organismi internazionali e sovranazionali e di rappresentanze
diplomatiche e consolari (art. 72 del D.P.R. n. 633/1972).
L’art. 36, comma 6, del D.L. n. 41/1995 prevede, tuttavia, che, per le cessioni all’esportazione e
le operazioni a queste assimilate, effettuate dai rivenditori che adottano il regime globale del
margine, il costo dei beni esportati non concorre alla determinazione del margine; a tal fine,
la rettifica in diminuzione degli acquisti deve essere eseguita con riferimento al periodo nel
corso del quale è effettuata l’esportazione.
Ciò significa che al momento di effettuazione dell’esportazione o della cessione ad essa
equiparata, i dati relativi al bene oggetto di cessione devono essere espunti dal calcolo per
masse al fine di calcolare, in via analitica, il margine dell’operazione con l’estero.
In base all’art. 37, comma 3, del D.L. n. 41/1995, il margine analitico relativo all’esportazione
o all’operazione ad essa assimilata, in quanto non imponibile ai fini IVA, concorre alla
determinazione della percentuale del 10% ai fini dell’acquisizione dello status di esportatore
abituale.
Passando ad esaminare le importazioni, in via di principio, è dovuta l’IVA all’atto
dell’introduzione dei beni nel territorio dello Stato, con la conseguente inapplicabilità del
regime del margine alla successiva cessione.
Tuttavia, l’art. 36, comma 2, del D.L. n. 41/1995 prevede un’eccezione, consentendo al
rivenditore nazionale di optare per l’applicazione del regime analitico di determinazione del
margine per le cessioni degli oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione importati e per la
rivendita degli oggetti d’arte acquistati dall’autore, dai suoi eredi o legatari.
In base all’art. 39 del D.L. n. 41/1995, per le importazioni di oggetti d’arte, d’antiquariato e da
collezione di cui alla Tabella A-bis, allegata al D.L. n. 41/1995, nonché per le cessioni degli
oggetti d’arte effettuate dagli autori, dai loro eredi o legatari, l’aliquota IVA è pari al 10% (si
veda anche il n. 127-septiesdecies) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633/1972).
In un primo tempo, l’Amministrazione finanziaria aveva chiarito che l’applicazione dell’aliquota
ridotta sulle importazioni dei predetti beni è subordinata al rilascio, da parte dei competenti
organi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di apposita attestazione dalla quale risulti,
anteriormente all’importazione, il carattere di oggetto d’arte e d’antiquariato (C.M. 22 giugno
1995, n. 177, § 6).
In molti casi, tuttavia, gli uffici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali non rilasciano la
predetta attestazione, ritenendosi non obbligati a tale adempimento, alla luce delle
attribuzioni amministrative previste dal Codice dei Beni culturali e del paesaggio, di cui al
D.Lgs. n. 42/2004. Infatti, è previsto che la spedizione in Italia da uno Stato membro o
l’importazione da un Paese terzo dei beni in esame sono certificati, a domanda, dall’ufficio di
esportazione, solo relativamente ai beni di cui all’art. 72 del D.Lgs. n. 42/2004.
In pratica, l’introduzione nel territorio nazionale di oggetti d’arte è disciplinata sotto un duplice
aspetto, essendo previsto che, da un lato, ad essa si applica la disciplina che prevede, per
l’importazione di tali oggetti, la riduzione al 10% dell’aliquota IVA e che, dall’altro, i medesimi
oggetti, qualora possiedano i requisiti per essere classificati nell’ambito dei beni aventi
interesse culturale, risultano assoggettati allo speciale regime di tutela previsto dal Codice dei
Beni culturali e del paesaggio.
L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 24 del 17 maggio 2010, ha riesaminato le indicazioni
precedentemente rese dall’Amministrazione finanziaria allo scopo di fornire nuove istruzioni
operative che consentano l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% con riferimento
all’importazione di oggetti d’arte e di antiquariato, non rientranti nelle categorie per le quali
non è previsto il rilascio di apposita certificazione, su richiesta degli importatori, da parte del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
In particolare, considerato che i predetti beni, di cui alla tabella allegata al D.L. n. 41/1995,
non compresi nelle suddette categorie del Codice dei Beni culturali, sono individuati tramite
indicazioni dello specifico codice della Nomenclatura Combinata della Tariffa Doganale, ai fini
del riconoscimento della loro natura di “oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione” occorre
procedere in base alle disposizioni comunitarie in materia doganale.
Infine, si ricorda che gli operatori che applicano il regime del margine hanno diritto di
acquistare o importare beni/servizi senza applicazione dell’IVA, se ricorrono i requisiti richiesti
per l’acquisizione dello status di esportatore abituale (art. 37, comma 3, del D.L. n. 41/1995).
In sostanza, la qualifica in esame, per i soggetti che effettuano anche cessioni dei beni in
argomento, si acquisisce a condizione che l’ammontare delle cessioni all’esportazione e di
quelle assimilate, aumentato del margine relativo alle operazioni non imponibili afferenti i
beni assoggettati al particolare regime, effettuate e registrate nell’anno solare precedente o
nei dodici mesi precedenti, sia superiore al 10% del volume d’affari, al netto dei corrispettivi
relativi:
• alle cessioni dei beni in transito e a quelle dei beni depositati in luoghi soggetti a
vigilanza doganale;
• alle operazioni non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale, di cui all’art.
21, comma 6-bis, del D.P.R. n. 633/1972.
Per ragioni di omogeneità, ai fini della determinazione della qualifica di esportatore abituale,
nel volume d’affari va compreso, per le cessioni di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato e
da collezione, il solo margine, al netto dell’IVA. Per tutte le finalità diverse dalla
determinazione della suddetta qualifica, nel volume d’affari, ai sensi dell’art. 37, comma 4, del
D.L. n. 41/1995, rientra l’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti dai cessionari, al netto
dell’IVA relativa al margine.
fonte: www.ecnews.it