venerdì 25 settembre 2015 di Luigi Scappini
È indubbio per gli operatori del settore ma non solo, che la forma societaria più idonea a
operare nel settore dell’agricoltura sia quella della società semplice, tuttavia, anche le
tipologie più complesse, a partire dalle società di persone, siano esse Snc o Sas, per arrivare
alle Srl e Spa trovano a oggi utilizzo.
In fin dei conti, è da sempre che è discussa quale sia tra la società codificata, quella semplice
e quella cooperativa la migliore per il settore, dibattito alimentato dall’inadeguatezza delle
forme esistenti.
Punto di partenza resta comunque la condivisione di un concetto di società basata su di un
contratto agrario pluriennale associativo o, per meglio dire, di un contratto ove due o più
persone si associano conferendo non solo denaro ma anche fattori produttivi.
Una buona occasione per individuare e delineare compiutamente una forma societaria
precipua e nuova per il settore agricolo, era la riforma di cui alla legge delega n. 57/2001,
tuttavia, nonostante un’indiscussa modernizzazione del comparto, si è assistito esclusivamente
a un’incentivazione allo sviluppo della forma societaria attraverso una tipizzazione della
società in ragione dell’attività svolta.
Tale indirizzo è proseguito con il D.Lgs. n. 99/2004 con cui è stata introdotta la figura della
società agricola senza tuttavia definirla compiutamente quale forma societaria a sé stante.
Infatti, ai sensi dell’articolo 2 del decreto richiamato, si definiscono società agricole quelle che
hanno quale oggetto esclusivo le attività di cui all’articolo 2135 codice civile. Evidente è una
tipizzazione della società in funzione dell’attività che essa svolge e non il contrario.
Ne deriva che si ha società agricola quando la stessa contiene nella propria ragione sociale (se
trattasi di società di persone) o denominazione sociale (se trattasi di società di capitali)
l’indicazione di “società agricola” e quando ha quale oggetto sociale l’“esercizio esclusivo”
delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile. Ma nella pratica, che cosa deve intendersi
per esercizio esclusivo?
Sul punto torna utile quanto chiarito dall’Agenzia delle entrate con la Circolare 50/E/2010 ove
si afferma che l’esclusività deve essere non solo formale ma anche effettiva e quindi
sostanziale.
In deroga a tale principio, nella circolare è stato chiarito che la società agricola può porre in
essere altre attività, senza perdere i propri requisiti, quando le stesse siano funzionali allo
svolgimento dell’attività principale, nonché esclusiva.
Ne deriva che, a titolo di esempio, possono considerarsi strumentali e necessarie allo
svolgimento dell’attività principale la locazione di nuovi terreni oppure l’accensione di un
finanziamento per l’acquisto di un bene strumentale.
Anche la detenzione di partecipazioni in società non è una causa di decadenza, tuttavia, queste
ultime devono svolgere anch’esse esclusivamente attività agricole e i dividendi percepiti non
devono essere maggiori dei ricavi derivanti dall’attività tipica svolta.
Da un punto di vista fiscale, le società agricole come definite dall’articolo 2 richiamato, a oggi,
godono della facoltà di poter optare per la determinazione del reddito secondo le regole
previste dall’articolo 32 Tuir e quindi su base catastale.
Ma, proprio in riferimento a questa possibilità concessa dal Legislatore di optare per una
determinazione del reddito in via forfettaria in ragione di quella naturale analitica quale
contrapposizione costi–ricavi, che cosa succede quando la società di fatto, ai fini fiscali non
rispettai parametri richiesti per poter considerare l’attività come rientrante tra quelle di cui
all’articolo 32 Tuir?
Tale fattispecie si potrà verificare per tutte quelle attività in cui il legislatore fiscale ha posto
un parametro quantitativo da rispettare e quindi, ragionando per difetto, ne sono escluse
solamente la coltivazione del terreno e la silvicoltura.
A queste si devono aggiungere, per derivazione civilistica di cui all’articolo 2135, anche le
prestazioni di servizi.
Sul punto il dato normativo è a dir poco criptico poiché, in maniera asettica l’articolo 3, comma
2 afferma che “Il reddito derivante dal contemporaneo svolgimento di attività imprenditoriali
non ricomprese nella determinazione del reddito ai sensi dell’articolo 32 del testo unico delle
imposte sui redditi va calcolato secondo le ordinarie regole per la determinazione del reddito
di impresa”.
In considerazione di quanto detto, il venir meno del rispetto dei parametri richiesti dall’articolo
32, comporta la riconduzione del reddito alle regole ordinarie e quindi a quelle di cui
all’articolo 56 Tuir.
Infatti, bisogna ricordare come, per quanto riguarda l’attività di allevamento di animali in
misura eccedente rispetto a quanto previsto dal decreto ministeriale non si renderà azionabile
la determinazione forfettizzata ex articolo 56, comma 5 Tuir, in quanto non richiamata
dall’articolo 1, comma 1093 della Finanziaria 2007, mentre per le attività connesse, di
prestazioni di servizi e di produzione in serra, la determinazione forfettizzata ex articolo 56-
bis Tuir è inibita dal comma 4 dell’articolo richiamato.
fonte: www.ecnews.it