Il modello organizzativo ex D.Lgs. 231/01 caratteri e obbligatorietà

Mercoledì 18 gennaio 2017 

Il Decreto legislativo 231/2001 ha introdotto nell’ordinamento italiano un regime di responsabilità amministrativa a carico degli Enti per alcuni reati commessi,
nell'interesse o vantaggio degli stessi, da persone fisiche che rivestano funzioni di rappresentanza, amministrazione e direzione, da una sua unità organizzativa autonoma, da chi esercita di fatto poteri di gestione e controllo e da persone soggette a direzione e vigilanza. In tal modo, si intende trasferire alle Società (appunto gli Enti) la responsabilità di un reato commesso a vantaggio della società stessa da parte di una persona finisca operante all'interno della società stessa.
Il modello organizzativo è il sistema che l’impresa definisce e adotta per assicurare comportamenti responsabili e rispettosi delle norme attinenti alla responsabilità di impresa. Il modello ha una funzione preventiva e di indirizzo. 
Il modello organizzativo di gestione e controllo consiste in un insieme di elementi che vanno a costituire un sistema di gestione preventiva del rischio. In pratica si tratta di disposizioni organizzative, modulistica, procedure, codici di comportamento, software, commissioni, ecc. concepiti in maniera tale da rendere molto bassa la probabilità di commissione di determinati reati (i reati presupposto). Il modello organizzativo dipende dalle caratteristiche dell’impresa, dalle attività che svolge, dai suoi processi produttivi, dai contesti in cui opera e dagli interlocutori con cui interagisce. 
 Gli elementi principali sono: individuazione delle aree di rischio, principi e procedure di controllo, adozione di un documento che disciplini i comportamenti (adozione di un codice etico), istituzione di un organismo di vigilanza e adozione di un sistema disciplinare e sanzionatorio. Il modello deve essere attuato, ossia scrupolosamente osservato nell’attività quotidiana, e soggetto alla verifica continua da parte dell’Organismo di Vigilanza. 
L'organo di Vigilanza è una componente caratteristica e centrale del Modello organizzativo 231 e, in genere, dei programmi di conformità ai requisiti. Può essere monocratico o collegiale, con componenti interni e/o esterni, l’autonomia, l’indipendenza, la professionalità e la continuità d’azione sono i principali attributi che devono caratterizzare un Organismo di Vigilanza. Per gli enti di piccole dimensioni, il D.Lgs. 231/2001 prevede che l’Organismo di Vigilanza possa coincidere direttamente con l’organo amministrativo. 
 L’Organismo di Vigilanza è generalmente responsabile di: 
 - proporre gli adattamenti e aggiornamenti del Modello (ad esempio, a seguito di mutamenti nell’organizzazione o nell’attività della società, di modifiche al quadro normativo di riferimento, di anomalie o violazioni accertate delle prescrizioni del Modello stesso); 
 - vigilare e controllare l’osservanza e l’efficace attuazione del Modello da parte dei destinatari (ad esempio, verificando l’effettiva adozione e la corretta applicazione delle procedure, etc.); 
 - gestire o monitorare le iniziative di formazione e informazione per la diffusione della conoscenza e della comprensione del Modello da parte dei relativi destinatari; 
 - gestire e dare seguito alle informazioni ricevute sul funzionamento del Modello. 
 Il modello organizzativo deve riferirsi alle norme indicate dal D.Lgs 231/2001 e alle successive leggi che richiamano il decreto stesso. Può però anche riferirsi a più ampi comportamenti che riguardino la responsabilità dell’impresa. 
 Le tipologie di reato previste nel Decreto copre potenzialmente tutte le aree di attività dell’impresa: 
 - reati contro la salute e sicurezza sul lavoro; 
 - reati contro la Pubblica Amministrazione; 
 - reati societari; 
 - delitti con finalità di terrorismo o eversione dell’ordine democratico; 
 - delitti contro la personalità individuale; 
 - manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate; 
 - reati transnazionali (riciclaggio, traffico di migranti); 
 - reati di criminalità informatica; 
 - illeciti ambientali. 
 Inoltre, il Testo unico sulla sicurezza, D.Lgs. n. 81/2008 ha esteso la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i casi di lesioni causate dalle negligenze derivanti dalla violazione delle norme antinfortunistiche, sulla tutela dell’igiene e della salute nei luoghi lavoro. 
 All'ente possono essere applicate: 
 - Sanzioni interdittive (interdizione anche fino ad un anno per certi reati dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca di autorizzazioni/ licenze/ concessioni; mancata ammissione a gare di fornitura della P.A.; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e revoca di quelli concessi; il divieto di pubblicizzare i propri beni o servizi, etc.); 
 - Sanzioni pecuniarie (da minimo di 25.800 € ad un massimo di 1.549.000 €, sulla base del reato e della gravità della responsabilità dell’azienda); 
 - Confisca del profitto del reato; 
 - Pubblicazione della sentenza. 
 La legge stabilisce che possono esimere dalle sanzioni l’adozione di un modello organizzativo atto a prevenire i reati presupposto, la sua efficace applicazione, la costituzione di un organismo (detto organismo di vigilanza) preposto a vigilare sul suo funzionamento e sulla sua osservanza e a curarne l’aggiornamento e l’adozione di un idoneo sistema sanzionatorio nel caso di violazioni. In pratica la persona giuridica dovrà predisporre un’organizzazione che prevenga i reati a meno che non sia elusa fraudolentemente. Dovrà inoltre vigilare, mediante un Organismo di Vigilanza, autonomo e indipendente, sull’applicazione di tale modello e sulla sua adeguatezza. Dovrà, infine, sanzionare tutte le violazioni di tale modello. 
 Il modello organizzativo ha l’effetto di: 
 - attribuire a ciascun individuo o funzione la responsabilità propria, differenziandola e calibrandola rispetto a quella di altri individui/ funzioni attraverso l’attribuzione di compiti; 
 - distinguere la responsabilità degli individui da quella dell’ente. 
L'adozione del modello organizzativo 231/2001 comporta altresì, altri vantaggi, che si possono così riassumere: 
- Riduzione o l’annullamento della sanzione nel caso in cui venga commesso un reato presupposto; - Adozione di molte norme di buona gestione che portano all’analisi e alla risoluzione di numerose problematiche tipiche delle organizzazioni; 
 - Maggior protezione dei soggetti in posizione apicale che possono dimostrare di aver fatto tutto quanto in loro potere per evitare determinati comportamenti o eventi; 
 - Rispetto di normative correlate, quali ad esempio quelle sulla salute la sicurezza nei luoghi di lavoro, sull’ambiente, sulla finanza ecc; 
 - Contributo concreto alla diffusione della cultura della responsabilità e della prevenzione all’interno dell’ente e relativo riflesso che ciò ha anche sull’immagine aziendale e sulla sua percezione da parte dei diversi portatori di interesse e terzi; 
 - Accesso ai bandi di gara della P.A. e altri clienti generalmente di grandi dimensioni. 
 Una volta realizzato un modello organizzativo, questo andrà mantenuto aggiornato con le variazioni normative ed organizzative. Questa necessità di aggiornamento non deve essere vista come un onere, ma piuttosto come un’opportunità di mantenere la propria organizzazione focalizzata sulla prevenzione di reati che potrebbero portarle un danno non trascurabile. 
 Qualora un soggetto operante in una Società commetta uno dei reati previsti dal D.lgs. 231/2001 a vantaggio della Società stessa, la Società potrà essere condannata e subire una delle sanzioni previste dallo stesso D.lgs. 231/2001. Dal momento dell’entrata in vigore del Dlgs 231/01, si è subito posto il problema dell’opportunità o dell’obbligatorietà dell’adozione del Modello Organizzativo ivi richiamato, anche alla luce delle disposizioni dell’art. 2392 c.c. (responsabilità degli amministratori verso la società). In altri termini, al di là di casi particolari (vedi la Regione Calabria che lo impone alle imprese convenzionate, Farmindustria che lo richiede implicitamente per la qualificazione del processo di informazione scientifica o vedi il caso delle imprese STAR), si tratta di stabilire se la necessità di adottare il modello risponda esclusivamente a esigenze volontarie di controllo del rischio e di tutela dell’ente o se, viceversa, esista un vero e proprio obbligo giuridico in tale senso. Si tratta di una questione importante considerando che l’adozione di un modello organizzativo può cambiare, anche in misura considerevole, il modo di operare di un’impresa. L’introduzione di meccanismi di controllo e organizzativi potrebbe, infatti, limitare la libertà decisionale e di azione dei soggetti in posizione di vertice. L’introduzione di un modello organizzativo comporta costi sia diretti, e cioè dipendenti dalle risorse utilizzate per !’introduzione del modello e per il suo mantenimento, sia indiretti, dovuti al ritardo nel compimento delle operazioni aziendali in seguito ai controlli e alle operazioni previsti dal modello. In base a mere considerazioni di tipo aziendalistico, i vertici della società potrebbero quindi decidere di non adottare modelli organizzativi di prevenzione dei reati se dovessero constatare che i benefici derivanti dall’introduzione del modello in termini di riduzione del rischio di commissione del reato (e delle sanzioni a esso correlate) sono nettamente inferiori ai costi diretti e indiretti derivanti dall’implementazione del modello stesso. 
La valutazione dell’ opportunità di dotare la società di un modello organizzativo non può però essere effettuata riferendosi esclusivamente a criteri aziendalistici ed economici: è infatti necessario considerare attentamente le disposizioni del D.Lgs. 231/2001, del Codice civile e del Codice penale. L’art. 6, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 231/2001 prevede, come già ampiamente detto in precedenza, che l’ente non risponda per i reati commessi dai suoi agenti se l’organo dirigente ha efficacemente adottato e attuato modelli organizzativi e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. La norma citata richiama esplicitamente l’organo dirigente dell’ ente e quindi, con riferimento agli enti organizzati in forma societaria, viene in essere la disciplina dettata dall’art. 2392 c.c. che tratta la responsabilità degli amministratori verso la società, ponendo a loro carico: l’onere di adempiere agli obblighi previsti dalla legge e dall’atto costituti¬vo (primo comma: doveri di generica vigilanza); l’obbligo di vigilare sul generale andamento della gestione facendo quanto possibile per evitare ed eliminare le conseguenze dannose per la società derivanti da atti pregiudizievoli di cui siano a conoscenza (secondo comma: doveri di vigilanza specifica) 

 FONTE: WEB

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