martedì 22 settembre 2015 di Luigi Ferrajoli
L’articolo 1 del D.Lgs. n.128 del 05.08.2015, entrato in vigore il 02.09.2015, rubricato
“disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, contiene una specifica disciplina dell’abuso
del diritto, disponendo, da un lato, l’abrogazione dell’art.37-bis d.P.R. n.600/73 e, dall’altro lato,
l’introduzione dell’art.10-bis alla L. n.212/00 (Statuto dei diritti del contribuente), che individua
i presupposti dell’abuso del diritto.
Il nuovo articolo 10-bis della L. n.212/00 individua i
connotati dell’istituto nei primi tre commi, specificando:
- la definizione di abuso del diritto: “configurano abuso del diritto una o più operazioni
prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano
essenzialmente vantaggi fiscali indebiti” (comma 1);
- gli elementi costitutivi, ovvero l’assenza di sostanza economica ossia “i fatti, gli atti e i
contratti, anche fra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai
vantaggi fiscali” (comma 2, lett. a) e la realizzazione di vantaggi fiscali indebiti ossia
“benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali
o con i principi dell’ordinamento tributario” (comma 2, lett. b);
- l’esimente costituita dalle “valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine
organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o
funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente” (comma 3).
I commi da 5 a 11 sono, invece, dedicati alle norme procedimentali e riguardano:
- l’obbligatorietà, a pena di nullità dell’accertamento, del contraddittorio preventivo con la
richiesta di chiarimenti al contribuente e la possibilità di proporre interpello prima della
scadenza dei termini per la presentazione della dichiarazione fiscale;
- l’obbligo di motivazione specifica dell’atto di accertamento (a pena di nullità) in relazione
alla condotta abusiva, alle norme ed ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali
realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente in sede di contraddittorio;
- la specificazione che l’onere della prova circa la sussistenza della condotta abusiva, non
rilevabile d’ufficio, grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente ha
l’onere di dimostrare la sussistenza dell’esimente delle “valide ragioni extrafiscali”;
- la sospensione della riscossione delle maggiori imposte e degli interessi in caso di
ricorso, che potranno essere riscossi ai sensi dell’art. 68 d.lgs. n. 546/92 solo dopo la
sentenza di primo grado che non abbia annullato l’avviso di accertamento;
- la tutela dei terzi di buona fede che possono chiedere (entro un anno da quanto
l’accertamento è divenuto definitivo) il rimborso delle imposte pagate a seguito di
operazioni abusive i cui vantaggi sono stati disconosciuti dal Fisco nei limiti delle
imposte effettivamente riscosse.
La nuova norma contenuta nell’art.10-bis della L. n.212/00 contiene, quindi, una disciplina
specifica, oltre che dell’obbligo dell’Amministrazione Finanziaria di motivare in modo rigoroso
l’accertamento circa la sussistenza della condotta abusiva, anche dell’onere processuale della
prova, chiarendo che è l’Ufficio a dovere dimostrare i presupposti della condotta abusiva
incombendo sul contribuente – una volta che il Fisco abbia fornito la prova dell’elusione –
dimostrare la sussistenza dell’esimente delle valide ragioni extrafiscali.
Pertanto, quando l’Amministrazione finanziaria contesta l’elusione fiscale e accerta
l’inopponibilità dei vantaggi che il contribuente si sia assicurato, essa deve calare la propria
pretesa impositiva nella disciplina riguardante il procedimento. Ciò significa che l’elusione
deve essere argomentata in modo chiaro, spiegando le ragioni per le quali si recupera la
differenza tra l’imposta gravante sull’operazione elusa e quella elusiva e, segnatamente,
indicando l’operazione congrua, vale a dire l’operazione che il contribuente non ha realizzato
ma che avrebbe dovuto realizzare.
Conformemente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte di Cassazione
sentenza n. 6226/2015) la nuova norma, specificando quali debbono essere i contenuti della
motivazione e della prova dell’atto impositivo, impone all’Amministrazione Finanziaria l’onere
di provare il disegno elusivo inteso come spiegazione del fenomeno elusivo oltre che
dimostrazione dei fatti sui quali tale fenomeno è fondato. Lo schema differenziale di tassazione
del fenomeno elusivo (differenza fra imposta gravante su operazione elusa e quella gravante
su operazione elusiva) si traduce, ai fini della prova, nell’onere dell’Ufficio di spiegare al
contribuente l’operazione alternativa, più lineare rispetto a quella concretamente effettuata,
che il egli avrebbe dovuto adottare per evitare la contestazione del comportamento assunto.
FONTE: www.ecnews.it