Luca Caratti - 18 settembre 2015
Il 4.09.2015 il Governo ha licenziato, in via definitiva, i quattro decreti mancanti per completare il puzzle del Jobs Act
,con questo ultimo atto si realizza compiutamente quanto il legislatore delegato aveva tracciato con la Legge n.
183/2014.
Analizziamo i contenuti del decreto di riordino degli ammortizzatori sociali.
Il Governo ha licenziato i quattro decreti mancanti per completare il puzzle del Jobs Act, uno di questi è destinato a
modificare un istituto, la cassa integrazione guadagni, noto nel panorama giuslavoristico italiano, sin dal 1941.Nello
specifico il decreto enuncia, nella prima parte, le caratteristiche comuni agli ammortizzatori dedicando poi un capitolo per
ogni singolo istituto ovvero per cassa integrazione ordinaria, straordinaria, riservata ad aziende con più di 15 dipendenti,
e fondi di solidarietà bilaterali, obbligatori per aziende tra i 5 e i 15 dipendenti che non rientrano nel campo di
applicazione degli istituti precedenti.
Per quel che attiene ai tratti comuni è da rilevare come beneficiari dei trattamenti saranno tutti i lavoratori con contratto
di lavoro subordinato con anzianità aziendale di almeno 90 giornate, compresi i lavoratori con contratto di apprendistato
professionalizzante, ma esclusi i dirigenti e i lavoratori a domicilio.
Con l'estensione degli ammortizzatori sociali agli apprendisti, estensione da salutare con indubbio favore essendo
in precedenza tali soggetti destinatari della sola cassa in deroga, si deve evidenziare però, per contro, un aumento del
costo del lavoro. Infatti, secondo il nuovo dettato normativo, i datori di lavoro dovranno versare un'aliquota aggiuntiva,
oltre a quella "ordinaria" (11,61%) utile a coprire i costi della nuova assicurazione. Si introduce una misura complessiva
massima di godimento degli ammortizzatori, tranne per il settore dell'edilizia, pari a 24 mesi complessivi nel quinquennio,
estensibili a 36 mesi qualora si ricorra al contratto di solidarietà. Contratto che, dando seguito ad un'interpretazione
dottrinale, diventa oggi un "di cui" della cassa integrazione straordinaria. La c.d. tipologia difensiva del contratto è causa
legittima del ricorso alla cassa al pari della riorganizzazione e della crisi aziendale, pur mantenendo però la propria
specificità sul piano gestionale. Rispetto al trattamento attuale, più favorevole per i lavoratori, con le nuove disposizioni
agli stessi sarà garantita un'integrazione pari all'80% limitata però al massimale di cassa e non più parametrato alla
retribuzione effettiva persa.
Si registra, altresì, un notevole incremento dei costi a carico delle aziende le quali, in caso di ricorso alla cassa,
dovranno versare un contributo addizionale inizialmente pari al 9% calcolato sulla retribuzione globale persa e non,
come ora, sul trattamento di integrazione erogato.
Il legislatore, infine, ripropone i fondi di solidarietà bilaterale che dovrebbero assicurare un minimo di trattamento a quei
lavoratori dipendenti di aziende non rientranti nel campo di applicazione della cassa integrazione. È da rilevare però che,
a meno di clamorose smentite, i fondi, già noti sin dalla Riforma Fornero, non hanno avuto particolare sviluppo in questi
anni per cui il timore è che restino inattuati non garantendo così alcuna tutela ai lavoratori. E' di evidenza come il tassello
delle integrazioni salariali sia solo una parte dell'universo degli ammortizzatori; infatti, il completamento si ha
considerando anche il decreto legislativo n. 22/2015, istitutivo della NASpI, e l'emanando decreto in tema di politiche
sociali. A nulla servirebbe assicurare un sostegno ai lavoratori, che arriva sino a 48 mesi (24 di cassa e 24 di NASpI),
senza poi offrire una concreta possibilità di ricollocazione tramite i servizi assicurati dai Centri per l'Impiego.
Fonte: Sistema Ratio Centro Studi Castelli