di Alessio Scarcella - Consigliere della Corte Suprema di Cassazione 11 AGOSTO 2015
Cambia la disciplina dei reati di dichiarazione infedele e di dichiarazione omessa. Secondo quanto prevede lo schema di decreto legislativo attuativo della delega fiscale per la revisione del sistema sanzionatorio, ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa di dichiarazione infedele non si deve tener conto degli elementi passivi non inerenti (dedotti), ancorchè reali ed oggettivamente esistenti. Per quanto riguarda, invece, il reato di omessa dichiarazione, all’irrigidimento delle conseguenze sanzionatorie corrisponde un aumento della soglia di imposta evasa, da 30.000 a 50.000 euro.
Lo schema di decreto legislativo che concerne la revisione del sistema sanzionatorio introduce alcune modifiche alle fattispecie penali che perseguono i reati in materia di dichiarazione.
In particolare, per quanto riguarda il reato di dichiarazione infedele, l’art. 4 dello schema di decreto delegato introduce alcune significative modifiche all’art. 4, D.Lgs. n. 74/2000.
Dichiarazione infedele
Importante si appalesa l’introduzione del nuovo comma 1-bis all’art. 4, che implica una significativa modifica della disciplina penalistica della dichiarazione infedele.
Al riguardo, va rilevato che le risultanze dei lavori parlamentari relative alla legge delega appaiono univoche nel senso che la prefigurata revisione di detta disciplina deve attuarsi nella direzione di un “alleggerimento” della situazione attuale. Dalla stessa relazione alla proposta di legge n. 282/C (e, prima ancora, dalla relazione al disegno di legge n. 5291/C della scorsa legislatura, che ne costituisce il diretto antecedente) emerge, in particolare, come il legislatore delegante abbia visto con sfavore il fatto che l’attuale descrizione del fatto incriminato - la quale, per un verso, prescinde da comportamenti fraudolenti e, per altro verso, rende penalmente rilevanti non solo le omesse o mendaci indicazioni di dati oggettivi, ma anche l’effettuazione di valutazioni giuridico-tributarie difformi da quelle corrette - comporti la creazione di una sorta di “rischio penale” a carico del contribuente, correlato agli ampi margini di opinabilità e di incertezza che connotano i risultati di dette valutazioni: “rischio penale” non sufficientemente circoscritto dalla previsione di un dolo specifico di evasione (nella relazione alla proposta di legge n. 282/C si prospetta, così, l’esempio del contribuente portato “a giudizio […] unicamente per aver imputato un costo o un ricavo fuori competenza”).
Come è stato da più parti evidenziato, il fenomeno ora indicato è foriero di conseguenze pregiudizievoli anche in termini macroeconomici. Sul piano della “competizione tra ordinamenti”, esso rischia, infatti, di tradursi in un disincentivo all’allocazione delle imprese sul territorio italiano, stante la prospettiva che una semplice divergenza di vedute tra contribuente e organi dell’accertamento fiscale in ordine agli esiti delle operazioni valutative considerate porti, con inesorabile automatismo, all’avvio di un procedimento penale.
In questa prospettiva, il nuovo art. 4, comma 1-bis prevede che, ai fini della configurabilità del delitto di dichiarazione infedele, non si debba tenere conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati in bilancio o in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza e della non deducibilità di elementi passivi reali. Ne consegue che non si deve tener conto, ai fini dell’integrazione della fattispecie criminosa di dichiarazione infedele, degli elementi passivi non inerenti (dedotti), ancorchè reali ed oggettivamente esistenti. Ciò in ragione sia della relativa obiettività del giudizio di inerenza dei costi (tale da escludere in molti casi il cosiddetto fenomeno dell’evasione interpretativa), sia della gravità, insidiosità e frequenza della deduzione di costi non inerenti; ipotesi questa destinata, peraltro, ad emergere solo nei casi più eclatanti, data l’elevazione delle soglie di punibilità disposta dallo schema di decreto.
La soluzione di negare rilevanza alle operazioni lato sensu valutative si pone in collegamento anche con il criterio generale della “predeterminazione” dei comportamenti incriminati, enunciato dall’art. 8, comma 1, della legge di delegazione: criterio espressivo della volontà del legislatore delegante di evitare “zone di rischio penale tributario” connesse a difformi valutazioni a posteriori, da parte dell’amministrazione finanziaria, dei dati esposti e dei comportamenti tenuti dal contribuente.
Il nuovo comma 1-ter stabilisce, inoltre, che non danno comunque luogo a fatti punibili a titolo di dichiarazione infedele le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette e che degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma 1, lettere a) e b)". Tale ultima previsione dispone che degli importi compresi entro lo “scarto tollerato” non dovrà tenersi conto (anche quando lo scarto complessivo eccedesse il limite del 10%) nella verifica del superamento delle soglie di punibilità del delitto concernente la dichiarazione infedele.
In tale ottica, quindi, si sono anche modificate le soglie quantitative che fanno scattare il reato in esame. L’art. 5, comma 1, lettere a) e b), infatti, modifica le soglie di punibilità previste, in particolare elevando (lettera a) l’ammontare dell’imposta evasa dagli attuali 50.000 euro al nuovo valore-soglia di 150.000 euro e (lettera b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, dall’attuale soglia di euro due milioni a quella di euro tre milioni.
Tali modifiche pongono così nel nulla le modifiche “al ribasso” introdotte dal D.L. n. 138/2011. I nuovi limiti appaiono congrui ad evitare una proliferazione eccessiva del rischio penale e mantenere al contempo un adeguato livello di sanzionabilità.
Testo vigente
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro cinquantamila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro due milioni.
Testo modificato
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente: a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centocinquantamila; b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è superiore a euro tre milioni.
1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilità di elementi passivi reali.
1-ter. In ogni caso, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste dal comma l, lettere a) e b).
Dichiarazione omessa
L’art. 5 dello schema di decreto introduce due modifiche al delitto di omessa dichiarazione.
Anzitutto, viene ad essere inasprito il trattamento sanzionatorio, passandosi dall’attuale range che contempla la pena da uno a tre anni di reclusione alla più rigorosa previsione che contempla un minimo di un anno e sei mesi ed un massimo di quattro anni.
In secondo luogo, quasi a controbilanciare l’irrigidimento delle conseguenze sanzionatorie, viene aumentata la soglia di imposta evasa, elevando l’attuale soglia di 30.000 euro alla nuova soglia di 50.000 euro.
Con l’art. 5 dello schema di decreto, inoltre, allo scopo di punire le condotte dei sostituti d’imposta che non presentano, essendovi obbligati, la dichiarazione di sostituto d’imposta, è stata introdotta - all’art. 5, D.Lgs. n. 74/2000 - la relativa fattispecie delittuosa che si configura quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 euro: la fattispecie è punita con la reclusione da uno a tre anni (comma 1-bis).
Testo vigente
1. È punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a euro trentamila.
Testo modificato
1. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni [annuali - soppresso] relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.
1.bis. È punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.
FONTE:IPSOA.IT