di Alberto Di Vita
Sarà il legislatore a risolvere l'incredibile teoria che impedisce ai contribuenti l'utilizzo delle proprie perdite fiscali in caso
di accertamento.
Quando un accertamento colpisce una società con perdite pregresse sembrerebbe naturale dare al contribuente la
possibilità si scomputare le perdite accumulate, come avrebbe fatto il contribuente qualora avesse dichiarato il maggior
reddito. D'altra parte tale possibilità era riconosciuta da una vecchissima R.M. 10/1429 del 5.11.1976.
Tuttavia, seguendo una recente e discutibile tendenza giurisprudenziale (cfr. ordinanza della Cassazione n. 16333 del
26.09.2012), gli Uffici impositivi ignorano di fatto le perdite pregresse con l'incredibile motivazione che esse non sono
state chieste a scomputo dal contribuente.
Il punto è che l'art. 84, in materia di riporto delle perdite, prevede testualmente che "la perdita può essere computata in
diminuzione" dei redditi futuri. Secondo la tesi, che qui si richiama, tale possibilità sarebbe attribuita solo in sede di
dichiarazione e non in sede di accertamento.
Diversamente, nel regime del consolidato fiscale la possibilità di utilizzare le perdite ancora disponibili è
espressamente ammessa dalla legge previa presentazione di apposita istanza.
La situazione è paradossale ma, forti del supporto giurisprudenziale, gli uffici determinano il maggior reddito e le
relative sanzioni congelando le perdite pregresse.
La soluzione potrebbe arrivare dal decreto sulla revisione del sistema sanzionatorio (schema di D.Lgs. 183) attualmente
in discussione.
L'art. 25 della bozza di decreto impone all'Ufficio lo scomputo dal maggior imponibile accertato delle perdite di periodo,
cioè le perdite del periodo d'imposta oggetto di accertamento fino a concorrenza del loro importo.
Lo stesso articolo, inoltre, rimodella lo scomputo delle perdite pregresse in caso di accertamento mutando la procedura
da quella del consolidato fiscale. Nella versione proposta il contribuente ha facoltà di attivarsi, entro i termini per il
ricorso o in adesione, chiedendo lo scomputo delle perdite pregresse non ancora utilizzate ogni qual volta il Fisco
accerti un maggior reddito.
Molto opportunamente la nuova norma interviene sulla rideterminazione delle sanzioni per infedele dichiarazione, le
quali sono commisurate alla maggiore imposta che eventualmente residua dopo la rideterminazione dei redditi nell'anno
oggetto di accertamento.
Inoltre, il decreto interviene anche in materia penale precisando che non si considera imposta evasa quella teorica
collegata sia ad una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio sia all'utilizzo di perdite pregresse spettanti e
utilizzabili.
La norma interviene su un campo dove la burocrazia e la giurisprudenza non sono riuscite a trovare una soluzione di
buon senso. Punto critico delle nuove disposizioni è la vigenza.
Il provvedimento in discussione prevede l'entrata in
vigore dal 1.01.2016, ma solo con riferimento ai periodi di imposta per i quali, alla predetta data, sono ancora pendenti i
termini per l'accertamento. In questo modo si è voluto evitare che la norma si trasformasse in una sanatoria.
FONTE: SISTEMA RATIO CENTRO STUDI CASTELLI