In tema di transfer pricing domestico, deve essere cassata la sentenza della
CTR che non ha valutato correttamente gli elementi forniti dall’Ufficio
finanziario per dimostrare l’abuso del diritto. È quanto emerge dalla sentenza
n. 12884/15 pubblicata il 22 giugno dalla Sesta Sezione – T della Suprema
Corte. Gli ermellini hanno accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate
nell’ambito di una controversia concernente un avviso di accertamento per
imposte (IVA, IRES e IRAP 2004) nei confronti di una Srl unipersonale. Secondo i
giudici del Palazzaccio, la CTR meneghina non ha escluso che un’operazione
di transfer pricing domestico, fra società operanti in Italia, possa dar luogo a
un’elusione fiscale; tuttavia la medesima Commissione - come giustamente
lamentato dalla ricorrente Agenzia – non ha adeguatamente valutato “il
notevole divario rispetto alle indicazioni Omi e le sospette operazioni
societarie poste in essere a pochi mesi dalla conclusione del contratto”. Il
giudice di secondo grado, pertanto, dovrà “procedere a una nuova valutazione
delle circostanze, anche valutando se dalla operazione compiuta sia derivato
un vantaggio fiscale per la contribuente”.
Cassazione Tributaria, sentenza depositata il 22 giugno 2015
FONTE: FISCAL - FOCUS