Modelli organizzativi 231 e condotte fraudolente - Articolo di Giovanni Alibrandi

L'ente deve provare l'elusione fraudolenta del modello organizzativo per evitare la sua responsabilità amministrativa. Le fattispecie penali che comportano la responsabilità amministrativa dell' ente possono avere origine dolosa o colposa. Giuridicamente, nei reati dolosi emerge l'elemento volitivo del soggetto agente, ossia la volontà di raggiungere un determinato scopo commettendo un reato (es.: reati contro la Pubblica Amministrazione); nei reati colposi, invece, si è agito con negligenza, imperizia o imprudenza e l'esito dello stesso reato non è perseguito da chi ha compiuto l'atto (es.: omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse violando la normativa sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro).
Secondo l'art. 6, c. 1 del D.Lgs. 231/2001 l' ente non risponde di responsabilità amministrativa se prova, tra l'altro, che i suoi soggetti apicali hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente il modello di organizzazione e gestione. Da tale previsione normativa rilevano due importanti aspetti: a) coloro che hanno commesso l'illecito devono ricoprire una posizione apicale , escludendo quindi i soggetti sottoposti all'altrui direzione e vigilanza; b) il reato deve avere origine dolosa ; infatti, solo la volontà di perseguire un determinato scopo compiendo un atto illecito è associabile ad una condotta fraudolenta. Vale ricordare al riguardo che se il reato è stato commesso da un soggetto sottoposto all'altrui direzione, l'ente è responsabile se tale commissione è riconducibile all'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza, ossia c'è stata carenza, o addirittura assenza, di controllo interno (art. 7, c.1, D.Lgs. 231/2001). Ma cosa deve intendersi per condotta fraudolenta ? A questa domanda risponde la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4677 del 30.01.2014 (C.P., Sez. 5). La Suprema Corte afferma innanzitutto che la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale è rivelatrice della validità del modello organizzativo adottato, vale a dire che solo una condotta fraudolenta appare idonea a forzare le "misure di sicurezza" che lo stesso modello prevede. Ne consegue che un siffatto modello può essere considerato senz'altro idoneo. Pertanto, l'ente è nella condizione di poter invocare l' esonero dalla sua responsabilità amministrativa.Inoltre, chiarisce la sentenza, risulta evidente che una condotta fraudolenta non può consistere nella mera violazione delle disposizioni contenute nel modello, e il concetto di frode se per un verso non deve necessariamente coincidere con gli artifizi e raggiri di cui all'art. 640 c.p. (truffa), per altro verso non può non consistere in una condotta "ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola". In altri termini, deve trattarsi di una condotta volta ad "aggirare" una norma imperativa e non una semplice e "frontale" violazione della medesima. Nel caso in questione il reato (aggiotaggio) era stato commesso da due soggetti apicali condannati in entrambi i primi due gradi di giudizio, mentre l'ente era stato assolto perché i giudici sia di primo, sia di secondo grado avevano ritenuto idoneo il suo modello organizzativo 231, peraltro adottato già da molto tempo. La Corte di Cassazione, con la citata sentenza, nell'accogliere il ricorso del procuratore generale presso la Corte di Appello, ha annullato la sentenza impugnata con il rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello, "che dovrà decidere seguendo le direttrici interpretative emergenti dalla presente sentenza". Quindi, anche in base alla fornita interpretazione di condotta fraudolenta.

Articolo tratto da Ratio Mattino - Centro Studi Castelli

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