Sabato 13 giugno 2015
Tali eventi, particolarmente significativi nell’esercizio di impresa, sono idonei a giustificare una percentuale di ricarico sensibilmente inferiore alla media
È nullo l’accertamento induttivo fondato sul ricarico medio dei tre precedenti periodi d’imposta se il contribuente nell’anno oggetto di controllo ha liquidato le rimanenze di magazzino ed ha ceduto l’azienda. È quanto stabilito dalla Cassazione, con la sentenza n. 12285 depositata ieri.
Dai fatti di causa emerge che un contribuente (presumibilmente un commerciante) aveva ricevuto un avviso di accertamento, con il quale erano stati determinati maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati, applicando al costo del venduto il ricarico percentuale risultante dalla media delle ultime tre dichiarazioni dei redditi presentate.
Il contribuente impugnava l’atto impositivo, adducendo che nell’anno oggetto di controllo, per il quale, invero, era stata dichiarata una perdita, l’azienda era stata ceduta e, quindi, nei primi mesi dell’anno erano state poste in essere soltanto le operazioni relative alla liquidazione della merce ancora giacente in magazzino. Non sarebbe stato corretto, pertanto, l’accertamento induttivo esperito dal Fisco sulla base della media del ricarico delle annualità precedenti in regolare esercizio d’attività.
La Cassazione ha ribadito, al riguardo, che il Fisco può esperire l’accertamento induttivo anche in presenza di contabilità formalmente regolare, quando la stessa può essere comunque considerata complessivamente inattendibile in quanto confliggente con le regole fondamentali di ragionevolezza. In tal caso, tuttavia, l’utilizzo delle media aritmetica, anziché di quella ponderale, per la ricostruzione indiretta dei ricavi del contribuente, è consentita solo quando sussiste omogeneità della merce considerata.
Più recentemente rispetto alle sentenze indicate in motivazione, ed in modo più articolato, invero, la Suprema Corte ha stabilito che, essendo il ricarico rappresentato dal rapporto tra i ricavi contabilizzati e gli acquisti registrati in contabilità, il confronto dell’effettivo margine di guadagno sulle merci con quanto risultante dalla contabilità consente di fondatamente presumere che acquisti registrati abbiano dato luogo a vendite non regolarmente registrate. Il punto critico è rappresentato dalla scelta del criterio di determinazione della percentuale di ricarico concretamente applicabile, in quanto detto criterio deve comunque rispondere a canoni di coerenza logica e di congruità, a disparte dall’esser rapportato alla omogeneità dei beni-merce ed alla scelta del campione selezionato per la comparazione tra i prezzi di acquisto e di rivendita.
La scelta da parte dell’Amministrazione finanziaria del criterio deve essere quindi motivata attraverso adeguato ragionamento, essendo consentito il ricorso al criterio della media aritmetica semplice, in luogo della media ponderale, quando risulti l’omogeneità della merce, ma non quando fra i vari tipi di merce esista una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentino una percentuale di ricarico molto inferiore a quella risultante dal ricarico medio.
Inoltre, il controllo di logicità sulla scelta ed applicazione del criterio di calcolo per il ricarico si estende anche alla congruità del campione selezionato per la comparazione tra i prezzi di rivendita e di acquisto, non potendo limitarsi il campione ad alcuni articoli soltanto, ma dovendo comprendere – in relazione agli elementi conoscitivi acquisiti nel corso della indagine svolta dall’Ufficio accertatore – l’inventario generale delle merci commercializzate dalla impresa o comunque un gruppo significativo, per qualità e quantità, dei beni oggetto dell’attività di impresa, anche senza estendersi necessariamente alla totalità di essi (Cass. n. 673/2015; nello stesso senso, Cass. n. 5617/2015).
Nel caso relativo alla pronuncia di ieri, evidentemente, la merce posta in liquidazione nell’anno oggetto di accertamento non poteva ritenersi confrontabile con quella dei precedenti anni, atteso che – come evidenziato dalla Cassazione – è dato di esperienza comune che il prezzo praticato in sede di liquidazione, comprensiva delle rimanenze di magazzino e, quindi, generalmente anche di prodotti obsoleti, non corrisponde al valore di mercato, applicandosi in tal caso anche sconti rilevanti, strumentali al più celere realizzo dell’attivo. Pertanto, secondo i giudici di legittimità, la particolare contingenza economica, culminata nella cessione dell’azienda, e la non contestata liquidazione delle merci, comprese le rimanenze, costituiscono invero eventi idonei ad inficiare il presupposto di attendibilità del criterio della percentuale media di ricarico, costituito dalla (tendenziale) omogeneità del dato oggetto di comparazione.
In sostanza, nell’annualità accertata si erano verificati degli eventi particolarmente significativi nell’esercizio di impresa (liquidazione dei beni e cessione d’azienda) che dovevano ritenersi idonei a giustificare una percentuale di ricarico sensibilmente inferiore alla media (degli anni precedenti in regolare esercizio d’attività). Il principio è condivisibile, atteso che non si possono confrontare, ai fini accertativi, periodi d’imposta che presentano incoerenze o elementi distonici, poiché, in tale ipotesi, viene meno la presunzione richiesta dall’art. 39 del DPR 600/1973 per l’accertamento.
Fonte: di Alessandro BORGOGLIO - EUTEKNE.INFO - http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_507903.aspx?utm_source=einewsletter&utm_medium=link&utm_content=Art_507903.aspx&utm_campaign=articolo