Contabilità finanziaria appesantita da split payment e reverse charge

di Marco Nocivelli 



 Un decreto interministeriale ritocca i principi contabili applicati già in vigore per gli enti "sperimentatori", a regime per tutti dal prossimo anno, per recepire gli obblighi IVA introdotti dalla legge di stabilità 2015. 


Il Decreto interministeriale 20.05.2015 ha modificato, con norme di "manutenzione", i principi contabili applicati allegati al D.Lgs. 118/2011, noto come Decreto sull'armonizzazione contabile di regioni, enti locali e loro organismi. L'aggiornamento è avvenuto, come previsto, su proposta della Commissione per l'armonizzazione contabile degli enti territoriali di cui all'articolo 3-bis del predetto decreto legislativo. Tra le varie modifiche del principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (allegato 4/2 al decreto 118) è prevista quella necessaria per effetto dell'introduzione dello split payment (s.p.) e dell'estensione delle ipotesi di reverse charge (r.c.) di cui ai commi 629 e seguenti della L. 190/2014. Fin da subito s.p. (scissione dei pagamenti) e r.c. hanno rappresentato per gli enti locali, oltre a tutte le problematiche interpretative di ordine puramente tributario (non tutte risolte dalle seppur corpose circolari dell'Agenzia delle Entrate 1, 14 e 15 dei primi mesi 2015), una complicazione sotto il profilo contabile in presenza sia di attività rilevanti IVA (r.c. e s.p., ove non applicabile il primo) sia di attività "istituzionali" (s.p.). Dopo i vari quesiti rivolti ad ARCONET (armonizzazione contabile degli enti territoriali), la commissione istituita dal MEF, si è colta quindi l'occasione della revisione dei principi contabili per fornire le direttive sulla contabilizzazione dell'imposta, attraverso l'integrazione del paragrafo 5.2. (capitolo 5: Impegno di spesa e regole di copertura finanziaria della spesa) per il r.c., e l'inserimento del paragrafo 5.7 per lo s.p., del citato allegato 4/2. Per il r.c. vengono così fissate le seguenti regole che inevitabilmente gonfiano il bilancio degli enti: a) la spesa concernente l'acquisizione di beni o di servizi è impegnata per l'importo comprensivo di IVA; b) tra le entrate correnti si accerta un'entrata di importo pari all'IVA derivante dall'operazione di inversione contabile, ad apposito capitolo per sterilizzazione dell'nversione contabile IVA; c) emette un ordine di pagamento del fornitore per l'importo al lordo dell'IVA a valere dell'impegno di spesa di cui alla lettera a, con contestuale ritenuta pari all'IVA ; d) si emette una reversale in entrata di pari importo (IVA) a valere dell'accertamento di cui alla lettera b; e) in sede di liquidazione dell'IVA, in considerazione delle risultanze delle scritture della contabilità economico patrimoniale e delle scritture richieste dalle norme fiscali, l'ente determina la propria posizione IVA e, se risulta un debito IVA, impegna la relativa spesa per "Versamenti IVA a debito per le gestioni commerciali". Le regole dovrebbero essere uguali per la rilevazione dello s.p. in ambito commerciale (anche in questo caso l'IVA non è pagata al fornitore e non è un costo per l'ente, salvi i casi di indetraibilità, ma la contabilità in chiave finanziaria impone la rilevazione della "spesa" e dell'"entrata"), tuttavia il nuovo paragrafo 5.7. non affronta l'argomento, soffermandosi soltanto sullo s.p. istituzionale, partendo dall'affermazione che lo s.p. si applica ove la PA è soggetto passivo. Il che non è, visto che l‘art. 17-ter del DPR 633/72 esclude lo s.p. (a parte l'eccezione dei compensi già assoggettati a ritenuta IRPEF) soltanto ove si applica il r.c. Si tratta sicuramente di un refuso, constatato che ARCONET, con due FAQ di aprile, aveva fornito la soluzione in ambedue i casi. 

FONTE: SISTEMA RATIO CENTRO STUDI CASTELLI

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