Venerdì 11 Dicembre 2015
Nel giudizio che si instaura per l’opposizione al decreto ingiuntivo - e dopo la pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione dello stesso – l’onere di avviare la mediazione obbligatoria deve gravare sulla parte opponente.
È infatti questa che ha interesse ad avviare il procedimento di mediazione pena il consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo.
Il principio é affermato dalla sentenza n. 24629 del 3 dicembre con la quale la Cassazione ha risolto il contrasto che ormai da qualche anno aveva diviso la giurisprudenza di merito su fronti contrapposti.
I tribunali infatti, nei casi del mancato avvio della mediazione dopo aver dichiarato improcedibile la domanda di opposizione, erano divisi tra chi affermava che il decreto ingiuntivo che era stato contestato acquistasse efficacia esecutiva e autorità di giudicato e chi invece riteneva che la improcedibilità travolgesse anche il decreto ingiuntivo.
Nella fattispecie portata all’esame della Cassazione si impugnava la sentenza della corte di Appello di Torino che aveva confermato la pronuncia di primo grado con la quale era stata dichiarata improcedibile l’opposizione a un decreto ingiuntivo per il mancato pagamento di canoni di locazione. La Suprema corte perviene al rigetto del ricorso chiarendo che la norma che prevede la condizione di procedibilità ex lege è stata costruita in funzione deflativa e quindi deve essere interpretata alla luce del principio del ragionevole processo e così dell’efficienza processuale.
Secondo questa prospettiva la disposizione normativa «mira a rendere il processo la extrema ratio: cioè l’ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse». Da ciò consegue che l’onere per l’esperimento della mediazione deve porsi a carico di chi ha interesse al processo e ha il potere di iniziare il processo.
E lo schema processuale che dal monitorio transita con l’opposizione verso un giudizio a cognizione piena all’inizio del quale si pone la fase di mediazione per le materie sottoposte dal legislatore alla condizione di procedibilità (si pensi ad esempio ai contratti bancari), colloca sull’opponente il relativo onere. Il criterio ermeneutico dell’interesse sposta quindi su questi anche la conseguenza dell’improcedibilità e ciò in quanto ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito. Secondo la Cassazione la diversa soluzione sarebbe «palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice».
Se dunque è l’opponente ad avere interesse ad avviare la mediazione sarà lui a subire gli effetti dell’improcedibilità dell’opposizione con il «consolidamento degli effetti del decreto ingiuntivo ex articolo 653 del Cpc».
La vexata quaestio che soprattutto negli ultimi due anni aveva visto dividersi i giudici di merito, che avevano adottato soluzioni del tutto divergenti creando notevole disorientamento, sembra destinata a trovare una definitiva composizione dopo l’affermazione del suindicato principio da parte della Cassazione che responsabilizza la parte che si oppone al decreto ingiuntivo e che orienterà le future decisioni dei tribunali e delle corti di appello.
fonte: web - di Marco Marinaro