Martedì 17 Novembre 2015
In tema di prevenzione infortuni sul lavoro, al datore non basta prevedere il rischio nel documento di valutazione per escludere sue responsabilità
In tema di prevenzione infortuni sul lavoro, al datore non basta prevedere il rischio nel documento di valutazione per escludere sue responsabilità.
E’ necessario che il datore di lavoro predisponga le misure per neutralizzarlo. Deve affermarsi la responsabilità penale per la morte da investimento di un pedone di chi, pur consapevole di tale pericolo esistente nel piazzale aziendale tanto da averlo inserito nel documento di valutazione dei rischi, in violazione della normativa prevenzionistica non si sia attivato per predisporre una segnaletica orizzontale ed una cartellonistica che indicasse con chiarezza i passaggi per i pedoni a distanza di sicurezza dal traffico veicolare; né si sia attivato per controllare il rispetto delle misure di prevenzione e quindi la sicurezza delle manovre. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44793 del 9 novembre 2015.
IL FATTO
Il caso trae origine da una sentenza con cui la Corte d’Appello di Milano ha confermato la responsabilità penale di un soggetto che, in qualità di responsabile per la sicurezza della unità locale di S. della ditta N.T. s.r.l. (Gruppo B. s.p.a.), era stato condannato per aver contribuito a cagionare l’investimento del pedone G.R. (unitamente a tale A., autista dell’autoarticolato Scania 1441); infatti mentre il pedone si trovava sul piazzale di carico e scarico della N.T. dando le spalle all’autoarticolato, veniva investito dal mezzo che stava effettuando una manovra di retromarcia.
In particolare, veniva contestato a F.L. di non avere provveduto a predisporre nel piazzale dell’unità locale di S., pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi ed avendo evidenziato il rischio specifico di investimento del personale da parte degli automezzi in manovra, passaggi di larghezza sufficiente e delimitati da strisce al fine di permettere il transito dei pedoni senza incorrere nello specifico rischio di investimento; nonché di non aver provveduto a far rispettare le regole di circolazione all’interno del piazzale statuite nel documento di valutazione dei rischi, con particolare riguardo al posizionamento degli automezzi, allo spegnimento del motore durante la sosta ed alla effettuazione della manovra di retromarcia in condizioni di scarsa visibilità.
Ha osservato la Corte territoriale che il F.L., responsabile della sicurezza con ampia delega, pur avendo individuato lo specifico rischio di incidenti ed investimento sul piazzale, non aveva dato attuazione alle misure atte a prevenire tale rischio, non facendo apporre nell’area di manovra una segnaletica orizzontale delineante i percorsi sicuri di manovra e di circolazione dei pedoni; né facendo apporre una cartellonistica adeguata a richiamare i pericoli.
Tali misure erano vieppiù necessarie, tenuto conto che nelle operazioni di carico e scarico erano impegnate anche aziende sub-appaltatrici che non avevano alcuna conoscenza dei rischi connessi alla circolazione nel piazzale. Inoltre l’imputato, nella sua qualità, non aveva mai preteso e controllato il rispetto delle norme di prevenzione.
Ha rilevato la Corte d’Appello che tale condotta omissiva era stata una concausa dell’evento, unitamente alla negligenza del conducente dell’autoarticolato investitore (giudicato separatamente).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, in particolare sostenendo l’errore dei giudici di merito per non aver rilevato che la causa assorbente dell’incidente andava identificata nella condotta gravemente negligente del conducente dell’autoarticolato, il quale aveva effettuato una retromarcia in spregio alle specifiche cautele previste dalle norme sulla circolazione stradale che si pongono oltre che come regole specifiche, anche come norme di ordinaria cautela.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall’imputato. In primo luogo, la Suprema Corte richiama il proprio insegnamento secondo il quale in materia di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, il soggetto beneficiario della tutela è anche il terzo estraneo all’organizzazione dei lavori, sicché dell’infortunio che sia occorso all'”extraneus” risponde il garante della sicurezza, sempre che l’infortunio rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e che il terzo non abbia posto in essere un comportamento di volontaria esposizione a pericolo (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 43168 del 17/06/2014). Pertanto è irrilevante che il delitto si sia consumato in danno di un soggetto non dipendente dell’azienda nel cui perimetro è avvenuto il fatto.
In secondo luogo, la Suprema Corte ribadisce che ai fini dell’affermazione della responsabilità per colpa del datore di lavoro è necessaria non solo la violazione di una norma cautelare ma anche la constatazione che il rischio che la cautela intende presidiare si sia concretizzato nell’evento.
Tale rischio può anche consistere nella negligenza altrui quando, come nel caso di specie le misure di sicurezza siano preordinate proprio ad evitare incidenti per la disattenzione dei conducenti di mezzi, dei pedoni o di entrambi.
Ciò premesso, come correttamente osservato dal giudice di merito, l’imputato F.L. era titolare di una posizione di garanzia che gli imponeva di tenere un comportamento attivo invece omesso. Egli infatti, in qualità di responsabile per la sicurezza, nonché delegato dal datore di lavoro per l’attuazione delle misure di prevenzione, era il soggetto in azienda tenuto alla gestione del rischio infortuni. Ebbene, pur essendo consapevole del pericolo di “investimento” nel piazzale aziendale, tanto da averlo inserito nel documento di valutazione dei rischi, non si era attivato per predisporre una segnaletica orizzontale ed una cartellonistica che indicasse con chiarezza i passaggi per i pedoni, a distanza di sicurezza dal traffico veicolare; né si era attivato per controllare il rispetto delle misure di prevenzione e quindi la sicurezza delle manovre. Invero, egli si era limitato ad individuare il rischio, senza poi concretamente adottare prescrizioni idonee a prevenire il suo concretizzarsi ed a controllare il rispetto delle norme cautelari.
E’ di tutta evidenza quindi che, la regolazione ed il controllo del traffico veicolare e pedonale (comportamento alternativo lecito), a fronte della commistione senza regole nel piazzale tra pedoni e mezzi in movimento, avrebbe evitato l’evento.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
fonte: Lavorofisco.it- Andrea Rosana