L'abuso del diritto in materia tributaria e sua rilevanza penale

Mercoledì 28 ottobre 2015 Andrea Barbieri 

Costituisce illecito penale porre in essere operazioni negoziali al solo scopo di conseguire un risparmio di imposta, sottraendosi così al versamento dell'imposta dovuta oltre le soglie penalmente rilevanti?

La questione deve essere analizzata alla luce della nuova normativa del c.d. abuso del diritto come disciplinato dall'art. 10 bis del c.d. Statuto del contribuente (L. 27.07.2000 n. 212), nella versione riformata dal D.Lgs. 128/2015, ai termini del quale "le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative". Nel sistema previgente non esisteva una nozione legislativa di "abuso del diritto" essendo questo istituto di derivazione giurisprudenziale. La prima normativa di contrasto alle pratiche abusive è da ricercarsi nell'art. 10 della L. 408/1990, che consentiva all'Amministrazione Finanziaria di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti in operazioni di concentrazione, trasformazione, scorporo, cessione di azienda, riduzione di capitale … poste in essere senza valide ragioni economiche allo scopo esclusivo di ottenere fraudolentemente un risparmio di imposta. Detta disciplina veniva ripresa dal D.Lgs. 358/1997 che, introducendo l'art. 37 bis al DPR 600/1973, costituiva la norma antielusiva di riferimento nell'ambito dell'accertamento delle imposte sui redditi, anche se applicabile ad un numero chiuso di operazioni, prevedendo l'inopponibilità all'Amministrazione Finanziaria degli atti, fatti e negozi anche collegati tra loro se:
a) privi di valide ragioni economiche;
b) diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario;
c) volti ad ottenere un vantaggio fiscale indebito. Al fine di evitare che gli uffici esercitassero il loro controllo senza precise linee, la L. 11.03.2014 n. 23 ha delegato il Governo all'individuazione delle condotte di abuso. In attuazione di quanto disposto dall'art. 5 della legge delega, l'art. 10 bis, così come novellato, contiene ora una espressa esclusione della rilevanza penale per quelle condotte di abuso del diritto, che si manifestano in operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. La previsione individua i tre presupposti per l'esistenza dell'abuso:
1) l'assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate;
2) la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
3) la circostanza che il vantaggio è l'effetto essenziale dell'operazione. Si precisa, inoltre, che sono operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali e, per vantaggi fiscali indebiti, i benefici anche non immediati realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.
Ne consegue che, in caso di stipula di un contratto compiuta per il conseguimento di un vantaggio fiscale, quand'anche lo stesso comportasse la nullità di tale contratto e la sua inopponibilità all'Amministrazione Finanziaria, detta condotta non potrebbe essere punibile penalmente ... qualora a meno che generi comportamenti fraudolenti o simulatori finalizzati alla creazione e all'utilizzo di documentazione falsa. Una volta assodato che l'operazione posta in essere non è né inesistente, né simulata, ma esistente e voluta, non vi è dubbio che, sussistendo i presupposti indicati dall'art. 10 bis cit, possa essere sanzionata tributariamente ma non penalmente (Cass. Pen., III sez, sent. 7.10.2015, n. 40272). 

fonte: ratio mattino

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