23 giugno 2015
Dal 2016 tutti i rapporti di collaborazione che consistono in prestazioni di lavoro esclusivamente
personali e continuative sono disciplinati secondo le regole del lavoro subordinato: è quanto
prevede il decreto di riordino dei contratti, attuativo del Jobs Act.
Stabilita una fase transitoria
durante la quale è previsto che i contratti in corso proseguano fino alla scadenza, i nuovi contratti
potranno essere stipulati sulla base dell’art 409 c.p.c. In entrambi i casi il datore di lavoro, dal 1º
gennaio 2016, dovrà verificare la loro compatibilità alle nuove regole considerando che qualora
dovesse sussitere l’etero organizzazione si applicherà la disciplina del lavoro subordinato.
Vanno in soffitta la collaborazione a progetto e l’associazione in partecipazione con apporto di
lavoro.
Soprattutto, cambia la nozione di lavoro subordinato, con effetti anche sulle alcune prestazioni di
lavoro svolte anche da titolari di partita IVA.
Sono queste le due principali novità del decreto legislativo che contiene la disciplina organica
dei contratti di lavoro e la revisione dei mansioni, approvato definitivamente dal Consiglio dei
ministri dell’11 giugno scorso in attuazione dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014,
n.183.
Modifiche importantissime, destinate a mutare in misura strutturale le modalità di regolazione di
alcune prestazioni di lavoro autonomo rientranti nella cd. parasubordinazione.
Probabilmente si mette ordine fornendo nuovi parametri per avere contezza di quali attività
possono essere oggetto di lavoro autonomo e di altre per le quali invece occorre fare riferimento
alla disciplina del lavoro subordinato; il rischio è tuttavia quello di non consentire di proseguire
rapporti che trovavano nella parasubordinazione un equilibrio economico.
Certo, ciò non significa che tutti i contratti di lavoro a progetto, partite IVA o associazioni in
partecipazione fossero genuini, ma già le regole previgenti consentivano una netta distinzione tra
lavoro e subordinato e lavoro autonomo e gli abusi derivavano dalla difformità negoziale rispetto
all’effettivo svolgimento del rapporto.
Dunque un rischio latente per coloro che ne abusavano che la precedente disciplina comunque
consentiva di contrastare.
Oggi dunque cosa cambia.
Primo elemento, viene abrogato l’intero Titolo VII capo I del D.Lgs.n.276/2003 in cui si trovavano
gli articoli da 61 a 69-bis.
Di conseguenza non esiste più la definizione di lavoro a progetto o meglio la stretta sui
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di
subordinazione, di cui all’articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile.
L’articolo 61 della riforma Biagi, nella novellata versione vigente, prevedeva (salvo le esclusioni
previste) che dovevano essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal
committente e gestiti autonomamente dal collaboratore.
Un progetto che doveva essere
funzionalmente collegato a un determinato risultato.
Dunque due elementi determinati che si aggiungevano all’assenza del vincolo di subordinazione:
- Il progetto;
- Il risultato finale.
Attenzione, la nuova regolamentazione dunque non elimina la possibilità di regolazione dei
contratti di collaborazione coordinata e continuativa in forma autonoma, tanto è che l’articolo 52
prevede espressamente che resta salvo il disposto dall’articolo 409 del codice di procedura civile.
Dunque un ritorno alla disciplina ante riforma Biagi, ma la stretta ora giunge dalla nuova
definizione di lavoro subordinato, o meglio dall’allargamento delle prestazioni di lavoro
parasubordinato in tale alveo.
Infatti, gli elementi che d’ora in avanti dovranno essere analizzati al fine di individuare la possibile
riconducibilità del rapporto di lavoro ad un contratto parasubordinato (cococo, ma anche
partita iva) sono, oltre evidentemente alla assenza del vincolo di subordinazione, anche la
mancata sussistenza di una prestazione lavorativa esclusivamente personale, continuativa e le cui
modalità di esecuzione sia organizzata dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di
lavoro.
Dall’eterodirezione, l’ambito della disciplina del lavoro subordinato registra così
l’allargamento anche alla etero organizzazione; cioè, se il committente organizza le modalità di
svolgimento dell’attività in ordine allo spazio ed al tempo in cui svolgere l’attività, il rapporto si
intende di lavoro subordinato.
Dal 2016, infatti, tutti i rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro
esclusivamente personali, continuative come sopra svolti, vengono disciplinati dalle regole in
materia di lavoro subordinato.
In buona sostanza, quelli che in giurisprudenza era stati finora ritenuti indici rilevatori della
possibile sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, diventano elementi rilevanti e rilevatori
della tipologia contrattuale.
La norma fissa il 1° gennaio 2016 quale data di applicabilità dei principi appena enunciati, ma ciò
non significa che dall’entrata in vigore del decreto e per tutto il 2015 sarà possibile svolgere
l’attività come in passato.
Ci sarà una fase - dalla data di entrata in vigore del nuovo decreto fino al 31 dicembre 2015 - in
cui occorre procedere come segue:
1) I contratti in corso proseguiranno fino alla scadenza;
2) I nuovi contratti potranno essere stipulati sulla base dell’art 409 c.p.c., ovvero possibilità di un
contratto di collaborazione coordinata e continuativa senza progetto ma naturalmente senza
vincolo di subordinazione,
In entrambi i casi, il 1º gennaio 2016 occorrerà verificare la compatibilità dei rapporti, a
prescindere dalla forma negoziale e dal momento della stipulazione, con le nuove regole.
In buona sostanza, se – come osservato in precedenza – l’etero organizzazione risulta presente, le
regole sono quelle del lavoro subordinato.
In sede di approvazione definitiva del provvedimento e con la chiara finalità di prevenire possibili
errati inquadramenti ma anche avere una maggiore difesa in caso di future contestazioni, è stata
introdotta la possibilità per le parti di richiedere la certificazione dell’assenza dei requisiti
previsti per l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato alle commissioni di cui all’articolo
76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.
Nella fase del procedimento, il lavoratore
può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce
mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.Certamente un’ottima opportunità grazie
ai vantaggi che la certificazione offre e di converso massima garanzia per il lavoratore in quanto
comunque uno dei limiti di validità di tale istituto è la difformità negoziale rispetto all’effettivo
svolgimento del rapporto.
Dalla nuova disciplina risultano escluse:
a) collaborazioni per le quali gli accordi collettivi stipulati
da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono
discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari
esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) collaborazioni prestate nell’esercizio di
professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c)
attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e
controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini
istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni
sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti
dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Il 2016 sarà pertanto il momento nel quale le nuove regole entrano a regime.
Per i rapporti in corso, il 1º gennaio 2016 sarà tuttavia possibile decidere se stabilizzare quel
contratto di collaborazione coordinata e continuativa ( a progetto o meno ) e nel caso aderire ai
vantaggi che la nuova disciplina offre alle parti che decideranno di ricorrere alla procedura
prevista.
In particolare, la stabilizzazione dei soggetti parti di contratti di collaborazione coordinata e
continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita IVA attraverso la stipulazione di
contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato con soggetti già parti di tali forme contrattuali
consente l’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’erronea
qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito di accessi ispettivi
effettuati in data antecedente alla assunzione.
Tali effetti sono subordinati tuttavia alle seguenti condizioni:
a) i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano, con riferimento a tutte le possibili pretese
riguardanti la qualificazione del pregresso rapporto di lavoro, atti di conciliazione in una delle sedi
di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione di cui all’articolo
76 del d.lgs. n. 276/2003;
b) nei dodici mesi successivi alle assunzioni i datori di lavoro non recedano dal rapporto di lavoro,
salvo che per giusta causa ovvero per giustificato motivo soggettivo.
Caso a parte quello delle associazione in partecipazione con apporto di lavoro che invece sin
dalla data di entrata in vigore del decreto non potranno più essere stipulate.
Viene infatti modificato l’articolo 2549 c.c. e le norme collegate.
Diversa anche la disciplina della fase transitoria relativa i contratti in corso alla da di entrata in
vigore del provvedimento che sono fatti salvi fino alla loro cessazione.
FONTE: IPSOA.IT - di Giuseppe Buscema - Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in
Catanzaro