di Alberto Di Vita - 11 Giugno 2015
In una scissione societaria il costo fiscale originario della partecipazione si ripartisce tra beneficiarie e scissa in
proporzione alla suddivisione del valore effettivo dei patrimoni netti attribuiti alle società partecipanti alla scissione.
Si insegna che circolari e risoluzioni del Fisco non sono fonti di diritto, ma sappiamo bene che sarebbe irresponsabile
ignorarne il contenuto.
La risoluzione 52 del 26.05.2015 interviene su un tema di grande importanza: come distribuire il costo fiscale della
partecipazione tra le società partecipanti alla scissione.
Il legislatore tributario si è occupato della scissione in termini assai simili alla fusione, stabilendo che l'operazione è
fiscalmente neutra.
Ma, a differenza di una fusione dove i costi fiscali si sommano, nella scissione il costo fiscale si divide. Ecco, quindi, che
si rende necessario un criterio per la suddivisione.
Nel silenzio della norma la dottrina aveva elaborato alcune ipotesi, ma alla fine è prevalsa l'opinione del Fisco fatta
conoscere ad un Telefisco (seguito dalla circ. 98 del 17.05.2000 par. 7.2.3).
In quella occasione il Fisco aveva sposato una soluzione basata su un dato facilmente riscontrabile. Secondo la fonte, il
costo doveva ripartirsi in proporzione al patrimonio netto contabile attribuito alle società partecipanti alla scissione.
Nonostante i dubbi sollevati da questa soluzione – ritenuta rozza e priva di basi scientifiche – la gran parte dei
contribuenti hanno adottato tale formula, adattando i patrimoni netti contabili alle esigenze con l'unico limite della
disciplina antiabuso.
Ora, con la recente risoluzione 52/2015, l'Amministrazione Finanziaria ci ripensa e sposa la tesi secondo la quale il
criterio di ripartizione è il valore effettivo del patrimonio netto, anche in caso di scissioni proporzionali.
L'inversione di rotta del Fisco è da un lato apprezzabile e certamente condivisibile se si guarda al futuro.
D'altra parte, emergono alcune criticità sulle quali la risoluzione non si sofferma. Intanto, esistono scissioni dove il
concambio non è negoziato, come quelle che avvengono nell'ambito di gruppi societari. In questi casi il valore effettivo
dei patrimoni attribuiti alle società partecipanti è un concetto che dovrà essere necessariamente ricostruito con (costose)
perizie o altro per opporlo al Fisco.
Di più, con questo nuovo criterio si apre la strada a tutta una serie di contestazioni basate sul valore effettivo.
Immaginiamo di scindere una società e cedere la scissa o una delle beneficiarie. Evidentemente la plusvalenza
dipenderà dal criterio adottato per scindere il costo fiscale originario. E ancora, cosa succederà a tutti i gruppi che hanno
seguito il vecchio criterio "raccomandato" dal Fisco? A voler concedere che le sanzioni non saranno applicate, nulla
garantisce che questi soggetti non siano raggiunti da avvisi di accertamento.
Insomma, un passo avanti nella sistematicità della prassi tributaria non accompagnata, però, da un segno di attenzione
nei confronti dei contribuenti.
Fonte: SISTEMA RATIO - CENTRO STUDI CASTELLI