di Cristiano Corghi - 11 Giugno 2015
La definizione soggettiva immodificabile dei partecipanti alle gare pubbliche è preordinata a garantire l'amministrazione
appaltante in ordine alla verifica dei requisiti di idoneità morale, tecnico organizzativa ed economica, nonché alla
legittimazione delle imprese che hanno partecipato alla gara.
Secondo il Notariato, questo assunto rappresenta il presupposto su cui poggia l'interpretazione fornita dal Consiglio di
Stato (sentenza n. 6446/2012), successivamente avvalorata dalla giurisprudenza.
Per tali ragioni l'art. 37, c. 9 del D.Lgs n. 163/2006 stabilisce il divieto sostanziale di variazione soggettiva dei
raggruppamenti temporanei, legittimando conseguentemente anche le eccezioni previste ai commi 18 e 19 (fallimento
del mandante, del mandatario, normativa antimafia e, in caso di imprenditore individuale, morte, interdizione o
inabilitazione). Le stesse diventano ammissibili in quanto riguardano motivi indipendenti dalla volontà del soggetto
partecipante alla gara, trovando giustificazione nell'interesse dell'appaltante alla continuazione della stessa.
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, con interpretazione abbracciata dal Consiglio Nazionale del Notariato, al di
fuori delle ipotesi previste dalla norma non è ammissibile alcuna modifica della composizione del raggruppamento
affidatario.
Da notare come il divieto imposto riguardi "qualsiasi modificazione", con ciò impedendosi di escludere anche modifiche
inerenti il "totale" di esse. Ciò risulta a maggior ragione confermato dal fatto che il legislatore ha provveduto
espressamente ad indicare le eccezioni al regime di divieto, precludendo così interpretazioni volte ad escludere ipotesi
di variazione (quale quella in senso riduttivo dei componenti) dal complesso delle modifiche vietate.
Nel caso in cui un'impresa, mandataria o mandante, dichiarasse di non voler più partecipare al raggruppamento (in
corso o in fase costitutiva), ovvero dichiarasse all'amministrazione aggiudicatrice di non avere più intenzione di eseguire
le prestazioni cui era obbligata ai sensi dell'offerta, o rinunciasse formalmente (anche solo in proprio) agli effetti
dell'aggiudicazione o del contratto, si realizzerebbe una differente composizione (per sottrazione/riduzione) del
raggruppamento per come esso si è presentato, quale concorrente, in sede di gara.
La conseguenza sarebbe rappresentata dalla necessità di procedere ai sensi dell'art. 37, c. 10, all'annullamento
dell'aggiudicazione o alla declaratoria di nullità del contratto, fermo ogni ulteriore profilo di (eventuale) responsabilità
dell'impresa nei confronti dell'amministrazione appaltante.
Non esiste dubbio sul fatto che rientri nei poteri della mandataria la rinuncia all'aggiudicazione (art. 37, c. 16 D.Lgs
163/2006), in virtù della connessa procura rilasciata a detta mandataria, che agisce anche in nome e per conto della
mandante nell'ambito del rapporto di mandato, avente natura collettiva (art. 1726 C.C.), speciale ed irrevocabile.
Ma anche qualora la dichiarazione di rinuncia agli effetti dell'aggiudicazione provenisse dalla mandataria per l'appaltante
non avrebbe alcun rilievo (indipendentemente dal fatto che detta rinuncia rientrasse o no tra i poteri conferiti alla
mandataria). Allo stesso modo risulterebbero irrilevanti le disposizioni del codice civile (art. 1711), in base a cui "il
mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato", con atto relativo a carico del mandatario.
Con l'individuazione dell'impresa mandataria, infatti, il legislatore, a fronte dell'agevolazione partecipativa alla gara
concessa ad una pluralità di imprese, ha inteso costituire un unico soggetto di riferimento.