La Sentenza n. 15469 del 13 giugno 2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Zoso, Rel. Di Majo) torna sul tema dell’applicazione dell’imposta di registro all’atto di costituzione di un Trust.
Secondo le tesi della ricorrente Agenzia delle Entrate il Trust costituisce un atto avente ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale, non ricompreso tra quelli contemplati dalla normativa sul Registro,
al quale si applica in via residuale l’imposta proporzionale del 3%, proprio ai sensi dell’art. 9 della tariffa allegata, ove si fa riferimento “ad atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”.
La CTR invece, dopo aver escluso l’assimilazione del Trust al Fondo patrimoniale, così come alla donazione, aveva concluso affermando che esso deve definirsi “un negozio giuridico a contenuto patrimoniale” per il quale tuttavia occorre valutarne la patrimonialità non ai sensi dell’art. 1321 del cod. civile “ma sotto il profilo del diritto tributario”. Tale, secondo la CTR, è l’atto capace di manifestare “valenza economica e la sua idoneità a determinare accrescimento economico”. E Secondo la decisione della CTR tale “valenza economica” è da escludere nel Trust “il quale determina un diverso assetto degli interessi e delle facoltà scaturenti da un diverso e peculiare statuto proprietario, i quali, per sè, non determinano alcuna conseguenza economica nella sfera delle parti contraenti, ma sono esclusivamente destinati a disciplinare la gestione della proprietà in maniera radicalmente diversa da quella propria della tradizionale figura romanistica …”.
A seguito di ciò la CTR, anche in attuazione di quanto stabilito dalla Cassazione n. 10666/2003 e n. 8289/2003, ha ritenuto applicabile all’atto di costituzione del Trust non il regime di tassazione dell’imposta proporzionale ma quello “della categoria residuale “disciplinata dall’art. 11 della tariffa stessa” allegata al D.P.R. n. 131/1986 e cioè l’imposta nella misura fissa.
Richiamandosi alla Sentenza n. 21614/2016 la Corte conclude che, pur volendo tenere presente che, ai sensi dell’art. 2, comma 47) della I. n. 286/2006 (recante legge sulle successioni e donazioni), anche per “i vincoli di destinazione” è prevista un’imposta, è comunque da escludere che “il conferimento dei beni in trust dia luogo ad un reale trasferimento imponibile”, perché contrario “al programma negoziale di donazione indiretta per cui è stato predisposto e che prevede la temporanea preservazione del patrimonio a mezzo della sua segregazione fino al trasferimento vero e proprio a favore dei beneficiari”. Quindi il richiamo, nel ricorso dell’ Agenzia delle Entrate, al D.I. n. 262/2006, riguardante la costituzione di vincoli al destinatario, non può essere come tale rilevante.
Quanto all’altro motivo sollevato dall’Agenzia, per il Trust rappresenta “un atto avente per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”, cui dovrebbe applicarsi, in via residuale, l’imposta in via proporzionale del 3%, proprio a mente dell’art. 9 tariffa allegata al D.P.R. n. 131/86, la sentenza n. 975/2018 della Corte ha sancito che per “operazioni di carattere patrimoniale” ai sensi dell’art. 43, I comma lettera h, D.P.R. n. 131/1986, ove viene fissata la base imponibile, si ha riguardo “all’ammontare dei corrispettivi in danaro pattuiti per l’intera durata del contratto”. Nel caso specifico non essendovi alcuna previsione di corrispettivo o di altra prestazione a carico del trustee, non può dunque parlarsi di “operazione a carattere patrimoniale” tale da essere soggetta all’imposta del 3% ai sensi dell’art. 9 della tariffa.
FONTE:ILTRIBUTO