Venerdì 11 Novembre 2016
Bene ha fatto la Ctr a escludere che i compensi percepiti fossero il frutto dell’attività di un solo professionista, come si poteva desumere dall’intestazione delle parcelle corrisposte
L’esercizio di professioni in forma societaria o associata costituisce ex lege presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione.
È quanto ribadito dalla Corte di cassazione nell’ordinanza 21328 del 20 ottobre 2016.
Il rappresentante legale di uno studio associato impugnava una cartella esattoriale scaturente da un controllo automatizzato (articolo 36-bis del Dpr 600/1973) per omesso versamento dell’Irap relativa al 2008.
La Ctr, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva ritenuto sussistenti i presupposti per l’assoggettamento a Irap dello studio associato: ciò in considerazione della sua allocazione in zona centrale della città, dei beni strumentali utilizzati, dell’arredamento costoso e degli elevati consumi elettrici dovuti all’alta tecnologia di cui erano dotate le strumentazioni professionali utilizzate.
Con il successivo ricorso per cassazione il contribuente denunciava la violazione e falsa applicazione degli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997, sottolineando che nel suo caso era assente il presupposto dell’autonoma organizzazione e che i compensi erano imputabili esclusivamente alla sua attività.
Secondo l’ultimo e definitivo approdo della giurisprudenza di legittimità in ordine all’esistenza dei presupposti Irap in capo ai lavoratori autonomi, l’esercizio in forma associata dell’attività di lavoro autonomo rileva in ogni caso ai fini dell’assoggettabilità a Irap.
Infatti, a seguito di rimessione della questione alle sezioni unite, le stesse sono state chiamate a decidere se, in applicazione del combinato disposto degli articoli 2 e 3 del Dlgs 446/1997, debba essere sottoposto a Irap il “valore aggiunto prodotto nel territorio regionale” da attività di tipo professionale espletate nella veste giuridica societaria e, in particolare, di società semplice, anche quando il giudice valuti non sussistente una “autonoma organizzazione” dei fattori produttivi.
Così, nella sentenza 7371/2016 dello scorso 14 aprile, le sezioni unite hanno chiarito che “quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell'imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l'esercizio in forma associata di arti e professioni - essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l'attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d'imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell'autonoma organizzazione”.
In altri termini, la struttura tipica degli studi associati renderebbe evidente, in ogni caso, l’esistenza di un’organizzazione di mezzi e persone volta al raggiungimento di uno scopo e, quindi, la piena assoggettabilità alla norma.
La suprema Corte ha quindi aderito a quell’orientamento espresso da ultimo dalla sentenza 4578/2015, nella quale si afferma che “l’esercizio in forma associata dell’attività, sebbene senza dipendenti o collaboratori e, comunque, con beni strumentali di esiguo valore, è circostanza di per sé idonea a far presumere l'esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonché dell'intento di avvalersi della reciproca collaborazione e delle rispettive competenze, ovvero della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio e, conseguentemente, debba essere assoggettato all’IRAP, a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dalla sola attività dei singoli associati” (cfr sentenze 11327/2016 e 25313/2014; ordinanze 27007/2014 e 13716/2010).
Con l’ordinanza in commento, la Cassazione ha applicato tali principi e, di conseguenza, ha rigettato il ricorso del contribuente.
Secondo i giudici di legittimità, infatti, “in presenza di studio associato appare … irrilevante il fatto che esso sia stato costituito al fine di facilitare l'inserimento del figlio dell'originario titolare nell'attività professionale posto che l'esercizio dell'attività professionale in forma associata costituisce ex lege presupposto dell'Irap”.
Nel caso di specie, poi, con valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, la Ctr aveva escluso che i compensi percepiti dallo studio fossero il frutto dell’attività esclusiva del ricorrente, come si poteva desumere dall’intestazione delle parcelle prodotte in copia (solo una parte delle stesse era riferibile al contribuente, mentre le altre erano intestate o all’altro associato o all’associazione); inoltre, risultava “la sussistenza di un rapporto di reciproca collaborazione e sostituibilità dei professionisti nell'espletamento degli incarichi affidati”.
Infine, si segnala la recentissima sentenza della Cassazione 21164 dello scorso 19 ottobre (Studio professionale associato: il presupposto Irap è “ex lege”), che è ancor più restrittiva, in relazione al contenuto della prova contraria; secondo i giudici di legittimità, “l’unica prova contraria rilevante rimane non già l’assenza di un apparato organizzativo (in realtà sempre implicito nella struttura associativa dello studio) ma proprio l’assenza di una associazione”.
FONTE:FISCOGGI