Redditometro: accertamento nullo senza risposta al questionario

Lunedì 30 maggio 2016

In tema di redditometro, è nullo l’accertamento emesso quanto il contribuente non risponde al questionario in fase amministrativa, ma lo presenta solo in giudizio, se non risulta una specifica richiesta di documenti da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Questo è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 26 febbraio 2016, n. 3791. L’Agenzia delle Entrate aveva notificato un avviso di accertamento per la ripresa a tassazione di maggiori imposte in relazione alla determinazione del reddito correlata alla verifica di spese sostenute incompatibili con i redditi dichiarati, alla stregua dell’art. 38, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. Il contribuente impugnava l’atto innanzi al giudice tributario che respingeva il ricorso con sentenza confermata dalla Ctr. Secondo il giudice di appello la Ctp aveva correttamente escluso l’esame della documentazione prodotta in giudizio dal contribuente, posto che in esito al questionario notificato alla parte era seguita risposta con riserva di produzione di ulteriore documentazione che sono stati prodotti soltanto in sede contenziosa, provandone, dunque, la tardività è la parzialità. Il contribuente avverso la decisione dei giudici tributari di secondo grado ha fatto ricorso in Cassazione. Il redditometro è uno strumento di accertamento di tipo sintetico che si basa sulla capacità di spesa di un individuo partendo dall’elemento certo di spesa (di qualsiasi genere) per arrivare all’elemento da determinare che è il reddito accertato. Il contribuente può fornire prova contraria, dimostrando che le spese siano state effettuate grazie a fonti di reddito legalmente escluse dalla base imponibile. La ricostruzione sintetica del reddito è effettuata tenendo conto dei seguenti elementi: spese certe analiticamente tracciate; quote di incremento patrimoniale imputabili al periodo di imposta; quota di risparmio formatesi nell’anno; spese per elementi certi. Il nuovo redditometro parte dal presupposto secondo cui tutte le spese di qualsiasi genere sostenute nel periodo di imposta devono essere finanziate con il reddito anch’esso conseguito nello stesso anno. Quindi l’elemento indicativo di capacità contributiva è dato dalla spesa sostenuta dal contribuente per l’acquisizione di beni e servizi e per il relativo mantenimento. La possibilità concessa all’Amministrazione finanziaria di inviare ai contribuenti delle richieste informative, tramite anche questionari da compilare, sottoscrivere e restituire, è generalmente anche indicata con l’espressione «potere questionario» del Fisco. Trattasi di un particolare potere dell’Amministrazione finanziaria, che è stato potenziato dalla Manovra d’estate del 2006, meglio conosciuto come il decreto Visco-Bersani (D.L. 223/2006), con lo scopo di incrementare il patrimonio conoscitivo-informativo dell’Amministrazione finanziaria. La novellata normativa ora prevede la possibilità di inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, nonché nei confronti di altri contribuenti con i quali abbiano intrattenuto rapporti, nonchè dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo d’imposta rilevanti ai fini dell’accertamento, nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo. Si precisa che, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 26 febbraio 2010, n. 4746 ha confermato l’utilizzabilità delle informazioni raccolte da terzi, purché inserite in un quadro indiziario e/o presuntivo determinato con precisione. Orientamento giurisprudenziale sulla mancata risposta al questionario Vi sono delle precedenti pronunce della Cassazione, precisamente: La sentenza 11 maggio 2010, n. 11423, con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito l’illegittimità di una rettifica del reddito di impresa da parte dell’Amministrazione finanziaria, effettuata in via induttiva sulla mera base della mancata risposta al questionario inviato in precedenza al contribuente. La mancata risposta del contribuente ad un questionario inviatogli dall’Ufficio non legittima, di per sè sola, una rettifica del reddito d’impresa in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600/1973, art. 39, co. 2, lett. d), ove tale omissione si sia verificata prima dell’entrata in vigore della legge n. 28/1999, art. 25, stante la tassatività delle ipotesi previste dalle citato art. 39, co. 2, lett. a), b), c) e d), nel testo all’epoca vigente; La sentenza 29 luglio 2005, n. 16049, in cui la stessa ha sostanzialmente affermato che la mancata risposta al questionario inviato dall’Amministrazione finanziaria, di per sé, non giustifica il ricorso ad accertamento induttivo nei confronti del contribuente, laddove tale omissione si sia verificata prima dell’entrata in vigore dell’art. 25, L. 18 febbraio 1999, n. 28, che al co. 3, espressamente, ha consentito il ricorso ad accertamento induttivo quando il contribuente non abbia dato seguito agli inviti disposti dagli Uffici. Recente sentenza della Cassazione I giudici di legittimità osservano che in tema di accertamento fiscale, la mancata esibizione, in sede amministrativa, dei libri, della documentazione e delle scritture all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate giustifica l’esercizio dei poteri di indagine ed accertamento bancario propri dell’amministrazione finanziaria, mentre la sanzione dell’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, opera solo in presenza di un invito specifico e puntuale all’esibizione da parte dell’Amministrazione purché accompagnato dall’avvenimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza, che si giustifica, in deroga ai principi di cui agli artt. 24 e 53 della Costituzione, per la violazione dell’obbligo di leale collaborazione con il Fisco (Cass. 11765/2014). Nel caso di specie non risulta che la Ctr abbia fondato la propria decisione volta a ritenere inutilizzabile la documentazione prodotta dalla parte contribuente in giudizio sulla base della verifica anzidetta, in ordine alla specificità della richiesta dell’Ufficio. Sicché la censura è fondata. 

FONTE:ILTUOTRIBUTARISTA

.