Mercoledì 4 maggio 2016
Il Fisco che riconosce l’illegittimità dell’accertamento in corso causa e provvede ad annullarlo in autotutela va comunque condannato al pagamento delle spese processuali.
È questo il principio annunciato dalla Suprema Corte che, con la recentissima sentenza n.7273 del 13/04/2016, ha statuito come l’ammissione dell’illegittimità dell’accertamento da parte del Fisco – che quindi provvede ad annullare l’atto di sua spontanea volontà – non comporta la fine del processo per “cessata materia del contendere” ma bensì i giudici devono necessariamente disporre la condanna alle spese di giudizio in favore del contribuente, il quale è stato costretto a intraprendere un’azione legale per vedere riconosciuti i suoi diritti. I giudici, inoltre, chiariscono che la condanna delle spese legali può essere evitata dal Fisco solo laddove la questione risulti “obiettivamente complessa”.
Gli ermellini, infatti, sanciscono che “nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell’atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua alla manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, l’obiettiva complessità della materia …”.
In pratica, il giudicante può evitare di condannare alle spese legali il Fisco solo laddove l’annullamento in autotutela da parte di quest’ultimo sia avvenuto a causa di un’obiettiva complessità della questione tributaria.
Nel caso di specie, il contribuente aveva correttamente provveduto ad impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Toscana dinanzi alla Corte di Cassazione atteso che i giudici avevano dichiarato la cessata materia del contendere a seguito dell’annullamento in autotutela dell’accertamento da parte del Fisco senza disporre però la condanna di quest’ultimo alle spese di giudizio.
Invero, come risulta nei fatti esposti in sentenza, il giudici toscani avevano accertato l’annullamento degli atti impositivi da parte dell’Amministrazione Finanziaria e la rinuncia all’appello del contribuente su richiesta dell’Ufficio ma non avevano verificato le ragioni di tale annullamento, disattendendo soprattutto la richiesta avanzata dal contribuente circa la vittoria delle spese di lite.
Alla luce di quanto suesposto, si spera dunque che il suddetto principio di diritto venga applicato da tutte le commissioni tributarie, soprattutto a seguito della recente riforma che ha riguardato il processo tributario in modo da garantire la giusta tutela del contribuente.
FONTE: “Affaritaliani.it”