Quando si applica il meccanismo del reverse charge?


Martedì 29 marzo 2016

Il meccanismo del reverse charge, che si sostanzia nel trasferimento di una serie di adempimenti connessi all’assolvimento dell’IVA in capo al cessionario/committente, ha avuto nel corso degli ultimi anni una sempre più diffusa applicazione sia nell’ambito delle transazioni domestiche sia in quelle internazionali e ciò con il proposito di evitare il verificarsi di frodi IVA
Il meccanismo del reverse charge – ovvero inversione contabile – consiste nel trasferimento di una serie di adempimenti connessi all’assolvimento dell’IVA di solito gravanti in capo al cedente/prestatore, sul cessionario/committente. Il trasferimento risulta sostanzialmente finalizzato ad impedire e/o evitare il verificarsi di possibili fenomeni fraudolenti da cui deriva il mancato pagamento dell’imposta. Per questo nel corso degli anni, in deroga alle ordinarie modalità di assolvimento dell’imposta, il legislatore ha ampliato le ipotesi al ricorrere delle quali trova applicazione il meccanismo del reverse charge per la liquidazione del tributo, sia per quel che concerne fattispecie “interne” sia per quelle “esterne”. In termini pratici, il cedente emette la fattura senza indicare l’imposta e l’acquirente deve provvedere ad integrare la stessa con l’indicazione della medesima. In questo modo, l’acquirente risulta allo stesso tempo creditore e debitore del tributo. Infatti, la fattura emessa dal cedente, integrata dell’imposta deve essere registrata a cura dell’acquirente sia nel registro degli acquisti che in quello delle vendite. In questo modo il legislatore ha voluto impedire che il cedente, che è il debitore dell’imposta nei confronti dell’Erario, potesse omettere il versamento dell’IVA pur avendola incassata dal proprio cliente. 

 Reverse charge per le operazioni interne

 L’art. 17, commi 5, 6, 7, del D.P.R. n. 633/1972 e l’art. 74 individuano una serie di operazioni “interne”, ossia effettuate tra soggetti passivi entrambi residenti nel territorio dello Stato, al realizzarsi delle quali il debitore dell’imposta è l’acquirente dei beni e/o dei servizi. Si tratta di una serie di operazioni meritevoli di cautela fiscale a causa del maggior rischio di evasione dell’imposta che caratterizza determinati settori commerciali. In particolare, riportiamo le operazioni che il legislatore ha individuato. 

Reverse charge: in arrivo un’estensione (temporanea)

 A tal riguardo, occorre precisare che il decreto legislativo recante l’attuazione delle direttive n. 2013/42/UE e n. 2013/43/UE del Consiglio UE, del 22 luglio 2013, che hanno istituito un meccanismo di reazione rapida contro le frodi in materia di IVA e prevedono l’applicazione facoltativa e temporanea del meccanismo dell’inversione contabile a determinate operazioni a rischio frodi, apporta significative modifiche all’art. 17, comma 6, D.P.R. n. 633/1972. 
 In particolare, il decreto prevede le seguenti modifiche: 
  •  alla lettera b) viene eliminato il riferimento alle cessioni di componenti e accessori dei telefoni cellulari; 
  • la lettera c) è sostituita dalla previsione dell’applicabilità del reverse charge alle cessioni di console da gioco, tablet, PC e laptop, nonché ai dispositivi a circuito integrato quali microprocessori e unità centrali di elaborazione ceduti prima della loro installazione in prodotti destinati ad consumatore finale; 
  • le lettere d) e d-quinquies) sono abrogate, escludendo così dall’applicazione del meccanismo del reverse charge le cessioni di prodotti lapidei e quelle effettuate nei confronti della GDO, in questo secondo caso per la bocciatura al provvedimento espressa dalla Commissione UE. 
Viene inoltre previsto, data la temporaneità del provvedimento, che il meccanismo del reverse charge per la liquidazione dell’IVA si applica alle operazioni di cui alle lettere b), c), d-bis), d-ter) e d-quater) effettuate fino al 31 dicembre 2018. Nuove ipotesi di reverse charge nell’edilizia Per quel che concerne l’applicazione del meccanismo del reverse charge alle prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, di installazione di impianti e di completamento relativi agli edifici, l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 14/E del 2015, ha chiarito che occorre fare riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007 al fine di individuare l’ambito oggettivo di applicazione. 
 Inoltre, l’Agenzia ha chiarito che:
  •  i soggetti passivi che rendono i servizi di cui alla lettera a-ter del comma 6 dell’art. 17 della legge IVA sono tenuti ad applicare il meccanismo del reverse charge indipendentemente dal fatto che essi operino o meno nel settore edile, ossia svolgano un’attività economica compresa nei codici della sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO; 
  • il meccanismo del reverse charge trova applicazione a prescindere dal rapporto contrattuale stipulato tra le parti. 
Alle attuali ipotesi di applicazione del meccanismo del reverse charge, la legge di Stabilità per il 2016 (legge n. 208/2015) ne ha aggiunta un’altra. In particolare, la nuova lettera a-quater) dell’art. 17, comma 6, D.P.R. n. 633/1972, estende l’applicazione del reverse charge anche alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza, laddove il consorzio sia aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico e renda il servizio in regime di split payment ex art. 17-ter, D.P.R. n. 633/1972. Reverse charge per le operazioni esterne L’art. 17, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972 – a seguito delle modifiche apportate allo stesso dal D.Lgs. n. 18/2010 – ha ampliato l’ambito applicativo del meccanismo del reverse charge obbligatorio per assolvere l’IVA. Dal 1° gennaio 2010, infatti, l’IVA relativa a tutte le cessioni di beni e alla prestazioni di servizi territorialmente rilevati ai fini dell’imposta nel territorio dello Stato rese da soggetti non residenti deve essere assolta in reverse charge dal cessionario o committente, quanto questi sia un soggetto passivo stabilito in Italia. A queste ipotesi si aggiungono gli acquisti intracomunitari di cui all’art. 46, D.L. n. 331/1993. 

FONTE:LAVOROFISCO

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