lunedì 15 febbraio 2016
La sentenza 27 gennaio 2016, n. 1464 della Corte di Cassazione ripropone un recente orientamento in senso garantista relativamente all’utilizzo, negli accertamenti, delle risultanze attinte dai conti correnti dei familiari (nel caso specifico parenti dei soci di una società di persone).
Ciò significa quindi che l’intestazione fittizia non può essere presunta dal rapporto di parentela, tout court.
La motivazione ha il pregio di essere chiara distinguendo tra ciò che si può legittimamente utilizzare è ciò che è (letteralmente) “illegittimo”.
Riportiamo integralmente il passaggio motivazionale a nostro avviso di maggior rilievo e che discrimina tra i conti intestati ai soci e quelli intestati ai familiari dei medesimi:
“In tema di accertamento a carico di società di persone a ristretta base familiare, l’Ufficio finanziario può legittimamente utilizzare, nell’esercizio dei poteri attribuitigli dagli artt. 32, comma 1 nn. 2 e 7, d.p.r. 600/1973 e 51, comma 2 nn. 2 e 7, d.p.r. 633/1972, le movimentazioni dei conti correnti bancari intestati ai soci, tenuto conto del fatto che, le peculiari caratteristiche della compagine sociale sono idonee a far presumere, salva la facoltà di provare la diversa origine delle entrate, la sostanziale sovrapposizione degli interessi personali e societari nonché ad identificare in concreto gli interessi economici perseguiti dalla società con quelli stessi dei soci (cfr. Cass. 6595/13); mentre l’utilizzazione delle risultanze dei conti-correnti bancari intestati esclusivamente a soggetti diversi, ancorché legati ai soci da vincoli familiari è illegittimo, salvo che l’Ufficio alleghi e comprovi, in relazione alle circostanze del caso concreto, il carattere fittizio dell’intestazione del conto o, comunque, la sostanziale riferibilità alla società o ai soci delle posizioni creditorie e debitorie annotate sul conto medesimo (cfr. Cass. 11145/11)”.
fonte:il tributo