Giovedì 25 febbraio 2016
Firme illegittime sugli atti dell’Agenzia delle Entrate: la delega del capo ufficio deve indicare una data di inizio e di scadenza.
Sono illegittimi gli accertamenti fiscali dell’Agenzia delle Entrate se firmati da un funzionario che ha avuto una delega dal capo ufficio, quando questa delega è “a tempo indeterminato”, ossia non ha una data di inizio e di scadenza.
È quanto chiarito dalla Commissione Tributaria Provinciale di Roma [CTP Roma, sent. n. 1702/19/16
] in una recente sentenza che recepisce l’orientamento fornito, di recente, dalla Cassazione [Cass. sent. n. 22803/2015, 22800/2015, 22810/2015].
La giurisprudenza unanime e la stessa Cassazione hanno ormai chiarito che il dirigente dell’Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate (il cosiddetto capo ufficio o capo area) può delegare a firmare gli avvisi di accertamento i funzionari del medesimo ufficio purché appartenenti alla carriera direttiva (devono rientrare nella “terza area”).
Quanto, invece, alla delega, essa deve essere:
–scritta,
–motivata (deve indicare, cioè, le ragioni della delega, come la carenza di personale, l’assenza, la vacanza, la malattia o l’indisponibilità del dirigente, ecc.),
– nominativa (deve cioè specificare nome e cognome del soggetto delegato, non potendo essere “in bianco” o riferirsi genericamente alla funzione o alla qualifica professionale rivestita dal delegato. Devono quindi ritenersi illegittime le deleghe impersonali, senza indicare il nominativo del dirigente);
– e, infine, deve riferirsi a un ambito temporale ben determinato, ossia deve avere un termine di validità .
Con la sentenza in commento, i giudici tributari della capitale hanno rimarcato proprio quest’ultimo aspetto: le deleghe di firma rilasciate dal direttore dell’ufficio fiscale, per consentire ai propri funzionari di sottoscrivere gli avvisi di accertamento, non possono essere “a tempo indeterminato”. Di contro, le stesse devono contenere una data di inizio e una data di fine.
Se la delega non rispetta questo principio è nulla e, con essa, anche l’accertamento fiscale. Sicché il contribuente può ricorrere al giudice (la Commissione Tributaria Provinciale) e chiederne l’annullamento.
Attenzione però: il ricorso va presentato entro 60 giorni dal ricevimento dell’avviso di pagamento. Questo perché la Cassazione è stata molto precisa in proposito: per quanto il vizio di delega possa comportare la nullità dell’atto fiscale, detto vizio non può essere contestato in qualsiasi momento, senza cioè limiti di tempo, ma va fatto valere nei termini ordinari di qualsiasi altro vizio, ossia nei 60 giorni dalla notifica.
Pur potendo il contribuente presentare opposizione all’accertamento fiscale senza aver mai avuto contezza della delega, limitandosi quindi a contestarne la validità “alla cieca”, prudenza vuole che, prima di adire il giudice, egli faccia una verifica di ciò che intende sostenere. Infatti, seppur è vero che l’onere della prova circa la correttezza della delega spetta all’Agenzia delle entrate, e che pertanto non è il contribuente a dover dimostrarne l’illegittimità, è possibile, presentando una richiesta di accesso agli atti amministrativi, prenderne visione preventiva. Questo per evitare ricorsi infondati che potrebbero comportare una condanna alle spese.
In ogni caso, a fronte di una semplice contestazione, da parte del contribuente, sulla corretta sottoscrizione dell’avviso di accertamento, il giudice deve verificare l’adeguatezza di tale delega. L’Agenzia delle Entrate, essendo in possesso del documento, dovrà produrlo in giudizio (diversamente perderebbe la causa) per poter dimostrare il contrario.
L’aspetto più interessante della sentenza in commento è il focalizzarsi sul “termine di validità” che deve contenere la delega, inteso come data di decorrenza e data di scadenza, in modo tale da “svincolarsi dal poter essere considerato un mero adempimento formale e rispondere concretamente alla propria funzione”. L’illegittimità della delega a tempo indeterminato, osserva la Ctp, costituisce motivo di nullità dell’atto impositivo.
L’avviso di accertamento non può essere sottoscritto da chicchessia; la legge dice che a firmare l’atto debba essere il “capo dell’ufficio” o “altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”; tali soggetti – precisa la sentenza in commento – devono necessariamente essere funzionari appartenenti alla terza area professionale. Pertanto, a fronte di una generica contestazione nel ricorso del contribuente, “è onere dell’amministrazione fornire prova documentale circa il possesso dei requisiti soggettivi sia del delegante che del delegato” [Cass. sent. n. 22800/2015]. Il difetto di tale dimostrazione, ossia nel caso in cui l’ufficio delle Entrate taccia sul punto e/o non dimostri documentalmente tali requisiti, comporta la nullità dell’atto impositivo.
FONTE: www.laleggepertutti.it