Gli effetti del carattere informale della Mediazione ex D.Lgs. 28/2010 sul termine di 15 giorni per la presentazione dell’istanza e sull’individuazione dell’oggetto della procedura.

Venerdì 27 Novembre 2015 

 La sentenza in commento è stata emessa a seguito di udienza ex art. 281 sexies c.p.c. fissata sull’eccezione preliminare di improcedibilità per mancato esperimento del tentativo di conciliazione a mezzo della mediazione.
Tale eccezione, sollevata dalla convenuta opposta, è stata proposta su due distinti profili inerenti la non corretta instaurazione della procedura di mediazione, il primo per tardività della presentazione dell’istanza, ovvero oltre i 15 giorni previsti dall’art. 5 del D.Lgs. 28/2010, ed il secondo per non essere stato compiutamente individuato l’oggetto della procedura di mediazione.

  Il fatto – il giudizio de quo traeva origine dall’opposizione di un decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, emesso sulla base di un atto di transazione sottoscritto dall’ingiunto e dallo stesso non rispettato, con cui il Giudice ingiungeva il pagamento della somma di € 47.500,00.= oltre IVA ed accessori. L’attore opponente eccepiva il mancato perfezionamento della transazione in quanto il contratto si sarebbe mai perfezionato in quanto la parte stessa non avrebbe mai apposto la firma in calce al documento e che, pertanto, tale firma sarebbe stata falsa. Tale eccezione trovava conferma a seguito dell’analisi grafologica disposta, preliminarmente dal Giudice. Il Giudice rilevato che le parti prima di instaurare il giudizio tentavano di risolvere in via amichevole la lite e considerata la natura del giudizio in cui “l’esame relativo dei diritti delle parti avrebbe coinvolto aspetti e comportamenti di buona o di mala fede nella relazione tra le parti” inviava le parti in mediazione in quanto: “una procedura di mediazione in corso di causa non sarebbe stata affatto fuori luogo e avrebbe dato invece un’utile opportunità alle parti per riprendere un negoziato pendente iudicio”. All’udienza di verifica dell’esito (negativo) della mediazione l’opposta sollevava l’eccezione di improcedibilità della causa per i motivi di cui sopra, il Giudice, pertanto, fissava udienza ex art. 281 sexies c.p.c. sulle questioni preliminari di improcedibilità. 

  Sulla informalità della procedura. Il Giudicante trae la propria decisione, su entrambi gli aspetti dell’eccezione sollevata, dal carattere informale della mediazione che deduce dalla normativa stessa. Ricorda infatti che l’art. 3, comma 3, stabilisce che gli atti del procedimento non siano soggetti a formalità e così l’art. 8, c. 2, statuisce che il procedimento si deve svolgere senza formalità; l’art. 6, c. 1, secondo cui la durata massima della procedura di mediazione sia fissata in 3 mesi, ma che la stessa sia derogabile dalla comune volontà delle parti e del mediatore, l’art. 8, c. 3, nel descrivere l’attività del mediatore si “limita” a chiarire che il professionista si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole “attività che si conferma essenzialmente di dialogo con le parti ed i difensori”. Aggiungendo, da ultimo, nel novero delle parti di normativa che statuiscono l’informalità della procedura anche la previsione della competenza territoriale dell’Organismo di mediazione, anch’essa derogabile dalla comune volontà delle parti e la natura del termine di quindici giorni per l’avvio della mediazione. 

  Sulla natura del termine di 15 giorni. In particolare sul termine dato, su cui si fonda il primo profilo dell’eccezione sollevata, lo stesso Giudice rammenta il dibattito giurisprudenziale in essere sulla natura di termine ordinatorio o perentorio dello stesso, sorto all’interno del Foro Fiorentino. Il primo orientamento, Sent. 04.06.2015 est. dott. Ghelardini, individua una natura perentoria di detto termine il Giudice ritenendo non applicabile il principio espresso dell’art. 152 c.p.c., secondo cui in difetto di legale espressa previsione, il termine in questione non avrebbe natura perentoria, ma solo ordinatoria. Questi, infatti, ricorda che il carattere della perentorietà del termine può desumersi, anche in via interpretativa tutte le volte che, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso debba essere rigorosamente osservato (Cass. 4530/04; 14624/00); evince l’implicita natura perentoria, pertanto, di tale termine dalla gravità della sanzione prevista, ovvero l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo esito fisiologico. evidenzia, infatti, che “apparirebbe assai strano che il legislatore, da un lato, abbia previsto la sanzione dell’improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, prevedendo altresì che la stessa debba essere attivata entro il termine di 15 gg, dall’altro, abbia voluto negare ogni rilevanza al mancato rispetto del suddetto termine”. Viceversa la Sentenza del 17.06.2015, est. dott.ssa Breggia, prende una posizione (forse) più aderente alla natura dell’istituto della Mediazione escludendo che il termine previsto dalla legge abbia una natura da ricondurre alle categorie processuali “perentorio” ed “ordinatorio” in quanto “volto non al compimento di atti processuali, ma unicamente a dare impulso ad una fase stragiudiziale di mediazione”. Il Giudice di Pavia, viceversa, se da un lato condivide con il primo orientamento riconoscendo il carattere processuale del termine in questione, non ne condivide le conclusioni. Coerentemente con il carattere informale della procedura, desunto dalla stessa normativa ritiene che il termine di 15 giorni per l’introduzione della “mediazione demandata dal Giudice” debba ritenersi ordinatorio. A rafforzare tale interpretazione soccorre il principio di cui all’art. 152 c.p.c. evidenziando che “nessuna norma contenuta nel D.Lgs. 28/2010 definisce perentorio il termine quindicinale” e tenuto conto che nel D.Lgs. 28/2010 non vi è alcuna disposizione che ne statuisca la perentorietà. Tale carattere ordinatorio evidenzia, poi, è funzionale alla partecipazione in mediazione di talune categorie di soggetti per cui l’eventuale perentorietà avrebbe un effetto, di fatto, impeditivo della partecipazione, data la particolare natura degli stessi che impone di tenere in debita considerazione il tempo necessario per la formazione della volontà, svuotando di scopo la normativa stessa. Particolarità evidenziata dalla stessa normativa, per esempio, che regola il Condominio, laddove l’art. 71 quater, c. 4 e 6, disp. att. c.c. prevede un minore rigore dei termini stessi. E’, infatti, previsto che “se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione” (c. 4) nonchè “il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare”. Il Giudice, pertanto, in considerazioni di tali elementi di diritto ed in considerazione delle circostanze di fatto per cui la domanda di mediazione era stata, comunque, presentata nel rispetto del termine di quindici giorni dalla comunicazione del provvedimento, rigettava la prima eccezione di improcedibilità considerando che: “sarebbe stato sufficiente riscontrare, all’udienza di verifica dell’esito della mediazione un regolare svolgimento dell’incontro preliminare per poter considerata soddisfatta la condizione di procedibilità ed eventualmente disporre, su istanza di entrambe le parti, un rinvio della causa per la verifica dell’esito della mediazione”. 

  Sulla precisa indicazione dell’oggetto della mediazione. Il secondo profilo dell’eccezione di improcedibilità sollevata attiene all’indicazione, nell’istanza di mediazione, dell’oggetto della controversia. Secondo, infatti, la convenuta-opposta “la mediazione non era stata avviata correttamente per non essere stato compiutamente indicato nel modulo di avvio della mediazione l’oggetto della procedura”. Se da un lato è stato chiarito che “l’art. 5 comma 1 D.Lgs. 28/2010 individua la maggior parte delle controversie devolute alla mediazione pre-contenziosa sulla base non già della loro causa petendi ma della materia sulla quale esse vertono” (Trib. Verona, Ord. 28.09.2011), e già di per sé escluderebbe una necessaria specifica indicazione della causa petendi, dall’altro è noto che la giurisprudenza maggioritaria ritiene che, per dirsi pienamente avverata la condizione di procedibilità, l’oggetto della mediazione e quello del giudizio, sia esso eventuale, in caso di mediazione ante causa, che di un giudizio pendente, debbano coincidere. Tenuto conto di tali considerazioni per dirimere tale eccezione il Giudice ha considerato in via preliminare, il carattere informale della mediazione che non richiede forme solenni, il che rende “evidente come l’oggetto della mediazione possa essere ricavato non solo dal modulo di avvio ma anche aliunde ad esempio dai documenti allegati o, ancora e sopratutto, dall’esposizione orale delle parti durante l’incontro di mediazione”. Con il limite derivante dalla considerazione che la discussione verta sul merito della vicenda e non si limiti e “non si dilunghi e si perda in questioni preliminari,togliendo così alle parti un’opportunità di dialogo che potrebbe non ripresentarsi più”. Un esplicito invito alle parti, dunque, di non ridurre il percorso di mediazione ad una mera formalità svuotata di significato con infruttuose discussioni su questioni “preliminari” e “pregiudiziali”, utili per la corretta instaurazione della procedura ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità, ma inutili ai fini dello scopo della procedura che è quella: “opportunità di dialogo che potrebbe non ripresentarsi più” oppure “l’istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto” (Trib. Firenze, Ord. 19.03.2014). Il Giudice, dunque, riprende ed applica, mutatis mutandis, quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui è necessario accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa senza lasciarsi condizionare dalle espressioni utilizzate dalla parte, tenendo in considerazione non solo il tenore letterale degli atti, ma anche la natura delle vicende rappresentate dalla parte, le precisazioni fornite nel corso del giudizio e il provvedimento concreto richiesto (ex multis Cass. n. 5743/2008). Nel caso di specie, comunque, il Giudice ha evidenziato che nel modulo di avvio erano comunque indicate le condizioni alle quali la parte istante si dichiarava disponibile a conciliare, era indicato un giudizio pendente avanti il Tribunale di Pavia, in cui veniva fatto riferimento a richieste esplicite relative al procedimento de quo. Le parti poi della mediazione corrispondevano alle parti del giudizio pendente con la partecipazione dei legali. Sulla base di tali considerazioni e tenuto conto che si trattava di una mediazione demandata dal Giudice per la quale “l’oggetto della mediazione è agevolmente determinabile – solo che lo si voglia vedere – anche per relationem rispetto all’oggetto della causa pendente” e non una mediazione ante iudicio obbligatoria per materia ex art. 5, c. 1-bis, D.Lgs 28/2010, per la quale “potrebbe forse concepirsi” l’eccezione sollevata, il Giudice ha ritenuto l’eccezione infondata, pretestuosa e temeraria. Dunque l’informalità della procedura deve rimanere il perno intorno a cui deve muoversi l’attività delle parti, del mediatore ed anche dei Giudici sempre più spesso, e paradossalmente, chiamati a colmare le lacune della normativa che avrebbe dovuto svuotare i Tribunali dal contenzioso. La sentenza qui brevemente commentata pare essere un invito, alle parti ed agli avvocati, a non perdere tempo prezioso in mediazione con superflue questioni preliminari, che potrebbero, se del caso, essere risolte nel luogo a loro effettivamente deputato, ovvero avanti il giudizio, per investire maggiore tempo nella ricerca di dialogo, e soluzione alla questione poiché come lo stesso avvisa tale approccio toglierebbe: “alle parti un’opportunità di dialogo che potrebbe non ripresentarsi più”.
FONTE: lanuovagiustiziacivile.com - Trib. Pavia, 14.10.2015, Est. Dott. Marzocchi – Commento di Iacopo Maria Savi, Avvocato “Collaborativo” in Milano, Mediatore Familiare, Civile e Commerciale.

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