Arbitrato – eccezione di clausola compromissoria – eccezione di rito e non di merito – rilevabilità ad eccezione di parte e relativo regime di decadenza

Sabato 28 Novembre 2015

 Massima La clausola compromissoria rappresenta il potere delle parti di devolvere la decisione delle proprie liti a giudici privati,
sottraendole alla giurisdizione ordinaria. La relativa eccezione di operatività di clausola compromissoria deve essere sollevata davanti al giudice ordinario, ad esclusivo onere della parte, con la comparsa di costituzione in giudizio da depositarsi nei venti giorni precedenti la prima udienza con la conseguente operatività del regime delle decadenze di cui all’art. 167 cpc e l’impossibilità del giudice di rilevare la questione d’ufficio.

Corte di Cassazione, sez. VI civile – 1, ordinanza 14 luglio-6 novembre 2015, n°22748 Presidente Ragonesi-Relatore Mercolino 

 La pronuncia della S.C. che ci occupa rientra nel piu’ generale e recentissimo orientamento di revisione operato da parte delle S.U. relativamente al regime delle eccezioni processuali e sostanziali, alla luce della riforma del procedimento civile ordinario attuata con la L. 23.2.2006, n°51. La sequenza processuale introdotta dalla riforma impone a parte convenuta, come noto, la formulazione , a pena di decadenza, delle eccezioni preliminari e di merito non rilevabili d’ufficio nella comparsa di costituzione e risposta da depositarsi, ai sensi degli artt. 166 e 167 cpc, almeno 20 giorni prima dell’udienza fissata. Data la premessa è sorto, dunque, il problema dell’identificazione e corretto inquadramento delle eccezioni processuali e sostanziali non rilevabili d’ufficio. Tralasciando il piu’ generale dibattito sulla differenziazione fra eccezioni “in senso stretto” ed “in senso lato” ed il relativo regime di rilevabilità, occorre concentrarsi sull’eccezione di clausola compromissoria oggetto della pronuncia. La clausola compromissoria e, dunque, la volontà delle parti di devolvere la risoluzione delle proprie controversie a giudici privati, era stata sempre interpretata dalla risalente giurisprudenza di legittimità come volontà di sottrarre la soluzione delle possibili liti insorgende alla giurisdizione ordinaria, privilegiando, invece, uno strumento di natura privatistica (cfr Cass., Sez. VI, 12 dicembre 2011, n°26635; Cass., Sez. III, 14 luglio 2011, n°15474; Cass., Sez. I, 30 maggio 2007, n°12684). Il revirement operato dalla S.C. in materia si poggia fondamentalmente su due cardini. In primo luogo la considerazione che l’eccezione di incompetenza per l’esistenza di clausola compromissoria non deve ricondursi alle eccezioni di merito, bensì a quelle di rito. A sostegno di tale tesi la S.C. ( cfr. Cass., Sez. Un., 20 gennaio 2014, n°1005; 25 ottobre 2013, n°24153) ha affermato che la natura giurisdizionale e sostitutiva del giudice ordinario attribuibile all’arbitrato, così come ricavabile dalla disciplina complessivamente dettata dalla legge 5 gennaio 1994, n°5 e dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n°40, necessariamente comporta che stabilire se una controversia spetti alla cognizione dei primi o del secondo si configura come una questione di competenza e mai come una questione di giurisdizione. Del resto l’esistenza della giurisdizione ordinaria non esclude né si pone in contrasto con la facoltà dei privati di derogare a tale regola, affidando la risoluzione delle loro liti ai giudici privati in quanto tale facoltà costituisce, come osserva la Corte nell’ordinanza commentata, “..non già atto di disposizione del diritto ma [come] atto incidente sul potere di azione che a quel diritto è connesso..”. La seconda considerazione muove dal testo dell’art. 819- ter cpc, così come introdotto dall’art. 22 del d.lgs. n°40 del 2006, dove il legislatore della novella ha espressamente equiparato l’eccezione di clausola arbitrale a quella di incompetenza prevedendo come limite per la proponibilità dell’eccezione quello del deposito della comparsa di risposta. L’esplicita equiparazione alla eccezione di incompetenza impone, pur in assenza di uno specifico richiamo, che l’eccezione di competenza arbitrale soggiaccia al medesimo regime di decadenza previsto dall’art. 167 cpc per quella di competenza, in tal senso dovendosi interpretare quanto previsto dall’art. 171, secondo comma cpc il quale, pur consentendo la successiva (allo scadere dei 20 gg. prima della prima udienza) costituzione in giudizio del convenuto, ribadisce l’operatività delle decadenze riguardanti la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. Del resto la stessa natura dell’arbitrato, già prima delineata, come potere delle parti di disporre non tanto del proprio diritto ma piuttosto dell’azione a cui lo stesso è riconducibile, porta ad escludere il potere del Giudice di intervenire d’ufficio in ordine a tale scelta anche laddove, con la mancata o tardiva proposizione dell’eccezione, la parte abbia tacitamente rinunciato di avvalersi della facoltà di attribuire la decisione ai giudici privati, preferendo accettare la giurisdizione ordinaria adita dalla controparte. Tale principio opera, ad avviso della S.C. anche nel caso affrontato e relativo all’impugnazione di delibere assembleari pur dove la decisone della controversia implica la risoluzione di questioni attinenti a diritti indisponibili “..non risultando queste ultime sufficienti a giustificare l’affermazione dell’inderogabilità della competenza degli arbitri e della rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza del giudice ordinario, la cui dichiarazione resta pertanto subordinata alla proposizione della relativa eccezione da parte del convenuto, nella specie tardivamente intervenuta.” 


 fonte:Lanuovagiustiziacivile.it - Commento a cura di Claudio Boccini, Avvocato del Foro di Grosseto.

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