di Carmine Pacchiano - 28 Luglio 2015
I recenti dibattiti sull'abuso del diritto e la complicata disciplina delle società di comodo ci portano a fare delle scelte
proprio nel periodo delle dichiarazioni fiscali.
Quali valutazioni dobbiamo fare e a cosa dare priorità? Ai calcoli che ci
configurano la società "di comodo" o allo scopo che ci mette al riparo dall'abuso del diritto?
Il caldo di luglio non frena le scadenze: redditi, imponibili ed imposte. Di fronte ad un Unico per una società provo a dare
risposta al solito quesito: si tratta di società "di comodo" ex L. 724/1994? I ricavi che la società ha ottenuto sono
eccezionali o rispettano l'attività della stessa? Nella vigente disciplina è fondamentale questo ultimo quesito: per non
essere considerata "di comodo" la società deve conseguire dei ricavi non straordinari, legati a particolari situazioni che
potranno non ripetersi.
Infine, al di là di tutti i risultati dei software, bisogna verificare se la società nasce da un contratto simulato: i soci
intendono gestire in modo imprenditoriale dei beni altrimenti gestibili con altro istituto (la comunione di beni)? Immediato
il passaggio all'abuso del diritto. La Cassazione (sent. 6515/1994) classifica come abuso della personalità giuridica la
divergenza consapevole e concordata tra volontà apparente e reale (simulazione).
La sent. 2465/1997 ha, invece, precisato che la mancata esecuzione dello scopo sociale non è elemento sufficiente per
sostenere l'abuso della personalità giuridica.
L'accordo simulato va provato. Per logicità del concetto, questa teoria è
stata sposata dalla CTR di Palermo (sent. 76/2013): può parlarsi di società di comodo laddove la società medesima sia
lo strumento per schermare i beni rispetto al vero proprietario.
La CTP di Verona (sent. 176/2013) aggiunge altresì che è
di comodo la società nella quale i beni non siano serventi allo svolgimento dell'attività economica. Nelle recenti
trattazioni sull'abuso del diritto, non si poteva prescindere da questi concetti. L'abuso del diritto si perpetua quando
vengono poste in essere una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme
fiscali e indipendentemente dalle intenzioni del contribuente, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.
Dette operazioni possono derivare da fatti, atti e contratti, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi
fiscali.
Ed ecco l'abuso del diritto! Prendiamo ad esempio 2 casi. Primo: 2 fratelli stipulano un contratto societario per
gestire 3 appartamenti dei genitori. Secondo: 2 amici stipulano un contratto societario mettendo assieme dei capitali per
acquistare i 3 appartamenti. Apparentemente, quando valutiamo a posteriori i casi, sembra non esserci molta differenza
tra gli stessi. I calcoli che farà il software per le società di comodo porterà agli stessi risultati.
A parere di chi scrive,
invece, la differenza è notevole in quanto i due amici, singolarmente, avrebbero potuto forse comprare un solo
appartamento. Mettendo assieme dei capitali e creando una struttura societaria con una maggiore possibilità di
contrattare il prezzo, riescono a prendere tre immobili.
E da qui una serie di attività e di strategie economiche che
vanno ben oltre il voler ottenere dei vantaggi fiscali.
Ecco perché trovo singolare lo spreco di risorse e di energie
dell'italico Fisco fatto di norme, circolari, interpelli ed atti per ricorrere.
L'abuso del diritto dovrebbe risolvere all'istante il
problema delle società di comodo con un semplice ragionamento fatto da chi consiglia o stipula il contratto nonché da
chi controlla una dichiarazione.
Certo sembra semplicistico ridurre il tutto ad un semplice ragionamento. Ma non è forse
il mondo dei software e della "meccanizzazione" dei concetti che rende più difficile anche il rapporto fisco-contribuente?
FONTE: SISTEMA RATIO CENTRO STUDI CASTELLI