L'Ufficio ha l'onere della valutazione della prova

L'Ufficio ha l'onere della valutazione della prova La sentenza della Cassazione n. 9721 del 13.05.2015 afferma che, in caso di presunzione legale con inversione dell'onere di prova, l'Agenzia delle Entrate è obbligata a valutare quanto prodotto dal contribuente e darne menzione nei relativi verbali di contraddittorio e accertamento. Un avvocato impugnava l'avviso di accertamento ricevuto sostenendo che l'Agenzia delle Entrate, nel corso delle indagini finanziarie, aveva presuntivamente determinato un maggior reddito imponibile a titolo di corrispettivi imponibili non fatturati, senza tener conto dei documenti dallo stesso prodotti rappresentati dalle copie degli assegni versati sui conti bancari e dalle dichiarazioni fornite dai traenti degli stessi circa l'estraneità del rapporto all'attività svolta dal professionista.
Nel primo giudizio di merito la Commissione Tributaria Provinciale accettava il ricorso presentato dal professionista. Nel controricorso la Commissione Tributaria Regionale accoglieva invece la tesi sostenuta in fase di accertamento dall'Agenzia delle Entrate. Nello specifico, il giudice di appello riteneva, infatti, che i versamenti bancari non erano stati giustificati dal professionista, come da onere gravante, essendo gli assegni soltanto un mezzo di pagamento che presuppone l‘esistenza di una relazione che ne giustifichi l'emissione onde tali somme dovevano essere assoggettate a tassazione, mancando la dimostrazione della loro riferibilità a pagamenti estranei all'attività professionale. Avverso la sentenza il contribuente proponeva ricorso per Cassazione. In particolare, il professionista, pur accettando in toto il carico dell'onere della prova gravante su di lui, lamenta la violazione dell'art. 32, secondo il quale con la produzione documentale offerta dal contribuente l'onere probatorio si sposta sull'Ufficio. In tale situazione l'ufficio avrebbe dovuto quanto meno prendere in considerazione le dichiarazioni di persone che testimoniavano circa l'estraneità delle somme non fatturate poiché non inerenti l'attività libero professionale, dandone poi menzione nei verbali. Si assiste, quindi, alla totale indifferenza da parte dell'ufficio della produzione delle copie degli assegni senza prendere posizione in ordine alla produzione (neanche menzionata) del contribuente delle dichiarazioni rese dagli emittenti degli assegni e di altra documentazione dalla quale si dimostrava l'esistenza dei rapporti che escludevano l'imputabilità di tali pagamenti a redditi professionali. La Suprema Corte, alla luce di quanto già sopra esposto in tema di riparto dell'onere probatorio e di valutazione della prova contraria fornita dal contribuente, nell'ipotesi di cui all'art. 32 D.P.R. n. 600/1973, ha accolto il ricorso presentato dal contribuente. La motivazione censurata si appalesa, infatti, viziata laddove la CTR siciliana, nonostante la copiosa documentazione prodotta dal contribuente allo scopo di dimostrare l'estraneità all'esercizio della professione dei sottostanti versamenti bancari, ne ha omesso integralmente l'esame non esplicitando neppure le ragioni per le quali l'ha ritenuta inidonea allo scopo nei relativi verbali di contraddittorio e accertamento.

 Fonte: Luigi Biasco, Matilde Fiammelli - SISTEMA RATIO - CENTRO STUDI CASTELLO

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