LA NOTIFICA VIA PEC

La questione è stata di recente analizzata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, sent. n. 821/2017.

 Ecco cosa è stato detto in questa occasione: l’ennesima in cui i giudici si sono confrontati con il problema della validità delle notifiche delle cartelle a mezzo pec, prive però di firma digitale. Premesso che sul punto non si è ancora pronunciata la Cassazione e che solo questa, probabilmente, potrà definire qual è la corretta interpretazione (fermo restando che, anche in tal caso, ogni tribunale avrà comunque l’autonomia di decidere in modo differente e secondo il proprio orientamento), sono numerose ad oggi le sentenze secondo cui le cartelle di pagamento in pdf sono nulle. E questo perché tale formato non garantisce l’originalità dell’allegato se manca la firma digitale. Cerchiamo di fare un esempio. Se, aprendo la tradizionale busta cartacea inviata con raccomandata a/r da Agenzia Entrate Riscossione trovassi la cartella di pagamento in semplice fotocopia e non in originale non avresti dubbi a impugnarla perché non autentica. In tale ipotesi, molto probabilmente, il giudice ti darebbe ragione e annullerebbe l’atto. Lo stesso ragionamento viene esteso alla posta elettronica certificata: il pdf sta all’email come la fotocopia sta alla carta tradizionale. Secondo la Ctp di Vicenza, quindi, la notifica tramite posta elettronica certificata della cartella di pagamento richiede, a pena di nullità, che quest’ultima sia stata firmata digitalmente. Il che, in termini pratici, significa che l’allegato non deve essere in formato pdf ma p7m, l’estensione che caratterizza i documenti muniti di firma digitale. L’agente della riscossione, sino ad oggi, si è difeso in giudizio sostenendo che la notifica tramite posta elettronica certificata, al pari di quella tradizionale cartacea, non richiede la sottoscrizione digitale dei documenti allegati. Nessuna sentenza infatti ha sino ad oggi affermato che le cartelle di pagamento debbano essere firmate a penna, essendo sufficiente solo che, dall’intestazione dell’atto, si possa desumere la sua provenienza e che, nel suo contenuto, sia indicato il soggetto responsabile del procedimento a cui rivolgersi. Inoltre, l’Esattore evidenzia che, nel momento in cui il contribuente impugna la cartella notificata a mezzo Pec, sta dimostrando di averne avuto conoscenza: il che significa che la notifica ha raggiunto il suo scopo e che il contribuente non può più contestarla. Il che è un principio ormai stabile in tema di notifica: quando il destinatario dimostra di aver ricevuto l’atto non può più contestarlo a meno che non si tratti di un vizio particolarmente grave che esclude proprio la sua esistenza (si pensi a una email semplice e non alla Pec). Queste difese sono state considerate convincenti da alcuni tribunali. Non però per la sentenza in commento, la quale si è peraltro messa nella scia di numerosi altri giudici Ctp Treviso sent. n. 93/1/2018. Per cui, nella battaglia sulla questione delle validità della notifica della cartella di pagamento con pdf è ancora incerta l’interpretazione corretta. Sicuramente, con la Pec si può procedere a notificare il documento informatico della cartella di pagamento al posto di quella cartacea. Bisognerà che la Cassazione stabilisca se la tipologia di file scelto per la notifica, nella fattispecie il .pdf, garantisce la conformità del documento informatico all’originale e se la firma apposta sia valida. I giudici vicentini concludono che la cartella di pagamento allegata a un messaggio di posta elettronica certificata deve, a pena di nullità, essere firmata digitalmente e avere, perciò, l’estensione .p7m. L’estensione .p7m garantisce l’integrità e la “non modificabilità” del documento informatico e, in relazione alla firma digitale, consente a chi riceve la notifica di identificarne l’autore e, quindi, la paternità o riferibilità della sottoscrizione medesima. FONTE:LALEGGEPERTUTTI

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