IL CONSUMATORE E IL DIRITTO DI RECESSO

Acquistare beni e servizi significa usufruire di prodotti che possono migliorare la nostra quotidianità. Ma cosa dobbiamo fare quando un abbonamento non ci serve più o un prodotto non ci piace? 


I nostri acquisti avvengono in diverso modo, al negozio, telefonicamente, mediante riviste, grazie al contatto di un responsabile di zona oppure su internet. Può capitare però che il bene o il servizio acquistato non corrisponda alle proprie aspettative o magari si riveli inutile rispetto alle nostre necessità. In questo caso è possibile recedere dall’affare ottenendo eventuali rimborsi, ma questo diritto è riconosciuto solo in casi specifici. Il diritto di recesso non è altro che un beneficio che ci riconosce la legge ogni qualvolta concludiamo un affare. Il Codice Civile parla di contratto e attribuisce ad una delle parti contraenti la facoltà di ritirarsi dall’accordo. Il recesso può avvenire in qualsiasi momento durante una prestazione periodica (pensa alla fornitura di luce o all’abbonamento per l’ADSL), oppure prima che il contratto abbia avuto esecuzione, ed è possibile prevedere un corrispettivo per poter usufruire del diritto di recesso. Alla regola del Codice Civile si affiancano le norme del Codice del Consumo che si rivolgono specificamente a tutti coloro che fanno acquisti fuori dai locali commerciali o concludono un contratto a distanza. Costoro, di fatto, rappresentano la parte più debole nell’ambito economico, a maggior ragione quando il venditore è un’azienda di grandi dimensioni che ha tantissimi clienti. Per acquisto fuori dai locali commerciali si intende quell’affare concluso in un luogo diverso rispetto al tradizionale negozio dove andiamo a comprare la merce. Per contratto a distanza il riferimento è a tutti quei casi in cui acquistiamo un prodotto o un servizio grazie ad un sistema di comunicazione che ci permette di venire in contatto con il professionista. Per recedere il consumatore deve informarsi preventivamente delle modalità con cui poter esercitare questo diritto. Di solito si preferisce l’invio di una raccomandata A/R entro un certo termine per la disdetta dei servizi, o la compilazione di un modulo elettronico quando si comprano dei beni online. Gli stessi e-store forniscono un form da riempire con i propri dati per poter usufruire del servizio di reso messo a disposizione dallo stesso venditore. È bene quindi leggere attentamente i termini e le condizioni contrattuali prima di procedere con il recesso perché, come dice il Codice del Consumo, l’onere della prova relativa al recesso spetta solo al consumatore. Chi acquista fuori dai locali commerciali o conclude un contratto a distanza ha diritto di recedere dal rapporto entro un certo termine ottenendo, in alcuni casi, anche il rimborso di quanto ha pagato. Il diritto di recesso spetta solo al consumatore, e non anche al venditore, ragion per cui nessun professionista potrà tirarsi indietro da un’offerta già accettata dal suo cliente. Inoltre il diritto di recesso è riconosciuto solo quando l’affare avviene fuori dal negozio (inteso come locale in senso fisico) e quando il contratto si conclude adoperando tecniche di comunicazione a distanza. In altri termini, per esercitare il diritto di recesso, consumatore e venditore non devono mai venire direttamente a contatto l’un l’altro, ma interagiscono fra loro tramite una piattaforma (quale può essere un sito internet, un portale, una rivista), uno scambio di e-mail o una telefonata. Il termine per esercitare il diritto di recesso è di quattordici giorni che decorrono: dal giorno della conclusione del contratto, per l’acquisto di un servizio; dal giorno in cui si riceve la merce, nel momento in cui si è comprato un bene. In caso di più beni acquistati una sola volta, ma inviati in momenti diversi, il diritto di recesso decorre dalla consegna dell’ultimo bene. Stesso discorso vale in caso di più lotti, mentre se si è concluso un contratto di somministrazione (ad esempio la fornitura di cialde, di cancelleria per l’ufficio, ecc.) i 14 giorni cominciano da quando si è ricevuta la prima fornitura. Se esercitato in tempo il diritto di recesso è gratuito ed il consumatore non è obbligato a fornire alcuna motivazione circa la sua decisione. Fuori dai quattordici giorni previsti dalla legge è possibile che al consumatore sia richiesto il pagamento di una penale per recedere dal contratto. Il termine di quattordici giorni aumenta fino a 12 mesi quando il professionista non informa adeguatamente il consumatore su come possa esercitare il suo diritto di recesso. Poniamo il caso in cui un venditore dia per scontato che entro 14 giorni il suo cliente può restituire la merce. L’informazione è carente (e quindi scatta il prolungamento dei termini) quando, ad esempio, il professionista: non indica la sede dove inoltrare il pacco; non indica la sede dove inoltrare la raccomandata A/R per il recesso; fornisce una sede inesatta; nulla dice in merito alle condizioni in cui la merce deve essere restituita (se tramite corriere, servizio postale, pagamento a carico del cliente o reso gratuito, ecc…); non fornisce contatti validi per le comunicazioni del cliente. In tutti gli altri casi il termine è tassativo. Un discorso a parte merita la fornitura di servizi come quelli di luce, gas ed abbonamenti telefonici. Ma cosa succede se si recede dopo i 14 giorni? Generalmente viene prevista una clausola contrattuale che prevede il pagamento di una penale nel momento in cui il cliente recede dal contratto anticipatamente. Questo accade perché per la disattivazione l’azienda deve supportare dei costi, ma gli stessi andrebbero documentati e forniti al cliente. Il recesso è gratuito se l’impresa modifica unilateralmente le condizioni contrattuali (ad esempio decide di aumentare il costo del servizio, di addebitare spese aggiuntive) e può essere esercitato dal consumatore entro 30 giorni dalla comunicazione delle variazioni del contratto. Il consumatore è la parte debole del contratto ed è colui che accetta i termini e le condizioni del venditore. Quando compriamo online un telefonino che ci piace siamo sicuri di ricevere un prodotto funzionante, così come quando ci abboniamo ad un servizio pensiamo di poterne trarre dei benefici. Negoziando con il venditore attraverso un portale o una telefonata, non abbiamo modo di “tastare” la qualità del prodotto che andremo a comprare. Se il telefonino che abbiamo ricevuto non rispecchia le nostre aspettative, o il servizio di abbonamento funziona poco a causa della scarsa copertura dell’ADSL, abbiamo tutto il diritto di “ripensarci” restituendo la merce o disattivando il servizio. Il diritto di recesso non è altro che la possibilità di “ripensare” all’acquisto che abbiamo fatto: il vestito comprato online non corrisponde alla nostra taglia, le scarpe sono di un colore diverso, le dimensioni del mobile non corrispondono a quelle di casa nostra o visto dal vivo quel suppellettile non è dei migliori. Idem per i servizi: la musica o i film che vediamo non sono di gradimento o magari le limitazioni imposte dal venditore non ci consentono di soddisfare i nostri bisogni. La mancanza di contatto diretto fa sì che noi consumatori facciamo un acquisto al buio. Non sapremo mai se il pacco che riceviamo contiene effettivamente la roba che abbiamo comprato, o se dal vivo è completamente diversa rispetto alle foto viste su internet. La stoffa non è di qualità, il telefonino sembrava avesse chissà quali prestazioni ed invece è uguale a tanti altri. Non potendo toccare con mano il bene e tastare personalmente il servizio, il legislatore ci offre la possibilità di “ripensarci” dandoci modo di restituire la merce e chiedere eventualmente il rimborso di quanto abbiamo speso per il suo acquisto. Il rimborso avverrà utilizzando lo stesso metodo di pagamento che avremo adottato per i nostri acquisti, quindi accredito, bonifico o assegno, ma in alcuni casi il venditore ci offrirà la possibilità di sostituire la merce con altri prodotti dello stesso importo. Le uniche spese che potrà supportare il consumatore potrebbero riguardare: la spedizione, se il venditore non prevede la formula del reso gratuito; eventuali diminuzioni di valore del bene, nel momento in cui la merce restituita risulti danneggiata. Un esempio potrebbe essere una maglia che si sporca o si strappa durante la prova, o la perdita di qualche accessorio che faceva parte del prodotto spedito. Si può recedere da un acquisto fatto in un negozio? Se intendiamo quello che avviene in negozio in quanto luogo fisico la risposta è no. Il perché è facile, poiché quando ci rechiamo in un locale per comprare qualcosa abbiamo modo di osservarla e provarla prima dell’acquisto. Possiamo misurare le scarpe e vedere se un vestito ci sta bene, chiedere al venditore di mettere in funzione il telefonino, osservare la data di scadenza di un alimento, toccare la qualità di un mobile. Avendo quest’opportunità di provare in prima persona l’oggetto che vogliamo comprare abbiamo modo di scegliere, prima di pagare, cosa acquistare scegliendo fra i vari prodotti messi a disposizione dal venditore. Una volta fatto l’acquisto non possiamo tornare indietro e chiedere la restituzione dei soldi, perché avevamo a disposizione tutto il tempo necessario per constatare se quel bene ci piaceva o meno. Il venditore, in questo caso, ha la facoltà di venirci incontro e cambiare la taglia del vestito, ma non ha nessun obbligo in merito alla restituzione di quanto pagato. In un solo caso abbiamo il diritto al rimborso: quando il prodotto risulti difettoso e tale difetto non era visibile al momento dell’acquisto.

 FONTE:LALEGGEPERTUTTI

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