Lunedì 06 febbraio 2017
Il lavoratore può essere licenziato senza preavviso sia durante o al termine del periodo di prova che nel caso di comportamenti particolarmente gravi, da quest’ultimo commessi e tali da integrare una giusta causa.
In tutti gli altri casi, ivi compreso quello del fallimento dell’azienda, ben è possibile il licenziamento senza preavviso, ma al dipendente sarà dovuta, nell’ultima busta paga, l’indennità sostitutiva del preavviso.
In ogni tipologia di contratto di lavoro, il datore e il dipendente possono prevedere un periodo di prova con lo scopo di permettere ad entrambi di valutare la convenienza del rapporto di lavoro.
Durante la prova il contratto di lavoro è definitivamente costituito e i diritti e gli obblighi delle parti sono pienamente operanti. L’unica particolarità consiste nel fatto che in tale periodo le parti possono recedere liberamente dal contratto senza obbligo di preavviso.
La legge stabilisce, in via generale, che durante o al termine del periodo di prova, le parti sono libere di interrompere il contratto senza bisogno di fornire una motivazione, né di dare il preavviso o di pagare la relativa indennità sostitutiva.
Tuttavia, se le parti hanno stabilito una durata minima garantita del periodo di prova per consentire l’effettività dell’esperimento (prevedendo, ad esempio, un obbligo risarcitorio in capo al lavoratore che si dimette anticipatamente), il recesso può avvenire solo dopo la scadenza del termine.
Il recesso può essere intimato al lavoratore in prova anche in forma orale.
Ci sono alcuni casi in cui il licenziamento è illegittimo anche durante la prova. Ciò avviene quando:
– la prova non è stata in concreto consentita (si pensi al caso in cui al lavoratore siano state assegnate mansioni diverse rispetto a quelle previste nel contratto stesso di prova: mansioni inferiori o superiori; si pensi anche all’ipotesi in cui il lavoratore dimostri che il periodo è stato inadeguato a permettere un’idonea valutazione delle sue capacità);
– il licenziamento è stato effettuato per un motivo illecito come, ad esempio, una ragione discriminatoria o per via dell’invalidità del lavoratore.
Licenziamento disciplinare senza preavviso del lavoratore
La seconda ipotesi di licenziamento senza preavviso è quella di licenziamento per giusta causa. Si tratta di un licenziamento disciplinare avvenuto per via di una condotta particolarmente grave tenuta dal lavoratore: anzi, talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto neanche per un solo giorno. In tal caso il licenziamento avviene in tronco e, dopo la sua comunicazione, il dipendente è tenuto a non presentarsi più sul lavoro. Non gli è neanche dovuta l’indennità sostitutiva del preavviso.
Come noto, esistono due tipi di licenziamento disciplinare: quello per giusta causa e quello per giustificato motivo soggettivo.
Se nel primo caso è sempre dovuto il preavviso (trattandosi di comportamento grave, ma non tanto da giustificare il recesso immediato), nel licenziamento per giusta causa si ha invece la risoluzione immediata del rapporto senza obbligo di preavviso.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo scatta per violazioni disciplinari meno gravi: va intimato nel rispetto dei termini di preavviso (determinato dal contratto collettivo nazionale di lavoro), ed è comunque determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore.
Invece, il licenziamento per giusta casa è determinato dal verificarsi di fatti che non consentono la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto (ad esempio: la grave insubordinazione verso il datore di lavoro, il furto in azienda, le minacce o le lesioni fisiche, ecc.). Deve essere stato leso, in modo irreversibile, la fiducia che l’azienda deve nutrire nel dipendente. Ecco alcuni esempi:
abbandono del posto di lavoro, ma solo se dall’abbandono può derivare un grave pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti o se si tratta di un dipendente con mansioni di custodia o sorveglianza (si pensi a una guardia giurata);
assenza ingiustificata: solo se il lavoratore non comunica tempestivamente le motivazioni della sua assenza dal servizio, mente sulle reali ragioni e l’assenza sia prolungata ossia per svariati giorni tanto da danneggiare l’azienda;
rifiuto di riprendere il lavoro dopo la malattia se la visita fiscale dell’Inps ha attestato la guarigione;
svolgimento di attività lavorativa, durante la mattia, in favore proprio o di terzi durante la malattia, ma solo se la malattia era simulata o se tale attività ha pregiudicato la guarigione;
abuso dei permessi della legge 104: se il dipendente ha usato i giorni di permesso come ferie personali e non per prestare aiuto al familiare invalido;
lavoratore che per più volte non si è fatto trovare, negli orari di reperibilità, dal medico fiscale dell’Inps;
correzione della data sul certificato medico al fine di allungare il periodo di malattia;
insubordinazione: si pensi al dipendente che si rifiuta di svolgere lavoro straordinario e reagisce in modo sia fisico che verbale nei confronti del suo superiore;
dipendente che si reca al lavoro nonostante il provvedimento disciplinare nei suoi confronti della sospensione dal servizio e dalla retribuzione;
dipendente che discredita l’immagine dell’azienda;
furto di consistente valore in azienda;
violenza fisica sui colleghi o sui superiori;
molestie sessuali nei confronti di clienti o altri dipendenti;
spaccio di droga sul lavoro;
appropriazione di somme di denaro, anche se di modesta entità, da parte del dipendente addetto alla cassa;
rivelazione a terzi di segreti aziendali;
falsificazione del badge;
reiterato stato di ebbrezza sul luogo di lavoro;
abuso sistematico per scopi personali della scheda carburante data in dotazione dall’azienda.
fonte:laleggepertutti