L’ingiunzione fiscale non è un atto di riscossione

Lunedì 10 ottobre 2016 

 L’ingiunzione fiscale, prevista dal R.D. 639/1910 non è un atto di riscossione, bensì atto avente valore accertativo; per cui l’Amministrazione finanziaria non può procedere ad esecuzione sulla base di mera ingiunzione di pagamento, ma deve procedere alla formazione di ruoli da riscuotere ai sensi del D.P.R. n. 43 del 20 gennaio 1988.
Questo è quanto recentemente sostenuto dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18490/16 della quinta sezione pubblicata il 21 settembre 2016. La CTR ha tratto la legittimità dell’ingiunzione emessa da esattorie S.p.A. dalla norma di cui al D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, convertito dalla L. n. 265 del 2002, secondo cui i comuni e i concessionari iscritti agli albi di cui al D.L. n. 446 del 1997, art. 53 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. n. 639 del 1910 secondo le disposizioni contenute nel titolo 2 del D.P.R. n. 602 del 1973, in quanto compatibili. Ha affermato la CTR che, alla luce di tali considerazioni, l’ingiunzione è legittima e nella specie non è prevista la formazione del ruolo. Ora, a norma del D.P.R. 20 gennaio 1988, n. 43, istitutivo del servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate dello Stato e degli altri enti Pubblici, tali tributi ed entrate vanno riscossi, dai concessionari, esclusivamente a mezzo ruolo. Abrogazione della riscossione coattiva Fra l’altro, l’art. 130, comma 2, del D.P.R. cit. abroga tutte le disposizioni che regolano – mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910 – la riscossione coattiva. Da ciò consegue che l’Amministrazione finanziaria non può più procedere ad esecuzione sulla base di mera ingiunzione di pagamento, ma deve procedere alla formazione di ruoli da riscuotere ai sensi del D.P.R. n. 43 citato. Tuttavia, secondo giurisprudenza consolidata della corte di legittimità (Cass. n. 14812 del 18/06/2010; Cass. n. 19194 dei 06/09/2006; Cass. n. 20361 del 20/09/2006), che questo collegio condivide, l’ingiunzione fiscale, anche dopo l’entrata in vigore (1.1.1990) del D.P.R. n. 43 del 1988 e l’abrogazione, ad opera dell’art. 130, stesso D.P.R., delle disposizioni regolanti, mediante rinvio al R.D. n. 639 del 1910, la riscossione coattiva dei tributi, ha conservato una precipua funzione accertativa, integrando un atto complesso rivolto a portare la pretesa fiscale a conoscenza del debitore ed a formare il titolo, autonomamente impugnabile, per la successiva ed eventuale esecuzione forzata. Disposizione previste nel titolo 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 Al lume di tale principio va interpretata la norma di cui al D.L. n. 209 del 2002, art. 4, comma 2 sexies, convertito, con modificazioni dalla L. 22 novembre 2002, n. 265, che prevede che i comuni ed i concessionari iscritti all’albo di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 53 procedono alla riscossione coattiva delle somme risultanti dall’ingiunzione prevista dal testo unico di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639 secondo le disposizioni contenute nel titolo 2 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Ad essa, invero, non può essere attribuito altro significato se non quello secondo cui, fermo restando il valore meramente accertativo dell’ingiunzione fiscale, all’esecuzione si dovrà procedere a norma del D.P.R. n. 602 del 1973 previa iscrizione a ruolo delle somme dovute.

FONTE:ILTUOTRIBUTARISTA

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