Mercoledì 10 agosto 2016
Il beneficio della preventiva escussione previsto dall’art. 2304 c. c. ha efficacia limitatamente alla fase esecutiva, nel senso che il creditore sociale non può procedere coattivamente a carico del socio se non dopo
avere agito infruttuosamente sui beni della società, ma non impedisce al creditore stesso di agire in sede di cognizione per munirsi di uno specifico titolo esecutivo nei confronti del socio, sia per poter iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili di quest’ultimo, sia per poter agire in via esecutiva contro il medesimo, senza ulteriori indugi, una volta che il patrimonio sociale risulti incapiente o insufficiente al soddisfacimento del suo credito (Cass. 13183/1999; Cass. 1040/2009; Cass. 28146/2013).
Cosicché esso non osta all’emissione e alla notifica al socio stesso, quale coobbligato solidale nella società, di un atto del procedimento di riscossione coattiva, come l’avviso di mora o la cartella di pagamento, configurandosi quest’ultima come atto conclusivo di un “iter” strumentale alla formazione del titolo esecutivo e all’esercizio dell’azione forzata (Cass. Ord.49/2014; Cass. 25765/2014; Cass. Ord.12839/2015).
In sostanza, la notificazione della cartella di pagamento, atto propedeutico al procedimento d’esazione, correttamente viene effettuata nei riguardi del socio della società in nome collettivo, ai sensi dell’art.2291 c.c. (cfr. Cass. 17225/2006), anche in assenza di preventiva escussione del patrimonio sociale.
La Cassazione con l’ordinanza n. 12494 del 16/06/2016 sostiene che la C.T.R. non ha applicato correttamente detti principi cassando la sentenza impugnata dall’Agenzia delle entrate.
FONTE:IL TUO TRIBUTARISTA