Lunedì 13 giugno 2016
L’Amministrazione finanziaria, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta,
deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove richieste (Nella fattispecie si tratta di accertamento di reddito d’impresa nei confronti del contribuente che abbia compiuto operazioni commerciali con imprese aventi sede in Stati a fiscalità privilegiata (c.d. Paesi “black list”) ex D.P.R. n. 917/1986, art. 110 comma 11).
Deve ritenersi che l’inosservanza dell’obbligo di notificare il detto avviso al contribuente e di concedergli il previsto termine dilatorio al fine di fornire le prove richieste (obbligo che non ammette equipollenti) determina – in applicazione dei principi affermati dalle sezioni unite nella sentenza n. 18184 del 2013 in relazione all’analoga disposizione di cui allo Statuto del Contribuente – L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, un vizio di legittimità dell’atto impositivo emesso in assenza dell’avviso o prima della scadenza del termine dilatorio: si tratta di garantire il pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, con la conseguenza che la “sanzione” dell’invalidità dell’atto conclusivo del procedimento, pur non espressamente prevista, deriva ineludibilmente dal sistema ordinamentale, comunitario e nazionale, e, in particolare, dal rilievo che il vizio del procedimento si traduce, nella specie, in una divergenza dal modello normativo di particolare gravità, in considerazione della rilevanza della funzione cui la norma assolve e della forza impediente, rispetto al pieno svolgimento della funzione, che assume il fatto viziante (in termini, Cass. n. 20033 del 2015).
Cassazione civile, sez. V tributaria, 27 maggio 2016, n. 10988
FONTE: MIO LEGALE.IT