I test di operatività delle società di comodo non legittimano la cartella

Giovedì 30 giugno 2016

È illegittima la cartella fondata esclusivamente sui risultati del test di operatività delle società di comodo, in quanto l’amministrazione deve provare la fondatezza della pretesa e l’applicabilità della disciplina
. A fornire questo chiarimento è la Corte di Cassazione con la sentenza n.12777 del 21 giugno 2016. L’agenzia delle Entrate aveva notificato a una società una cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato della dichiarazione presentata (articolo 36 bis Dpr 600/73), liquidando le imposte sulla base dell’applicazione dei “test di operatività” previsti per le società di comodo. L’articolo 30 della legge 724/94 prevede, infatti, che le società si considerano non operative se l’ammontare complessivo dei ricavi è inferiore alla somma degli importi risultanti dalle percentuali calcolate sul valore dei beni posseduti. Nell’ipotesi in cui un soggetto non superi il test, la stessa sarà assoggettata ad un reddito minimo. La contribuente ha così impugnato la cartella lamentando, in estrema sintesi, l’errata procedura seguita dall’ufficio per l’accertamento del maggior reddito, non avendo la società, in ogni caso, conseguito il reddito minimo previsto dal test di operatività per l’evidente crisi del periodo. Entrambi i giudici di merito davano ragione al contribuente giacchè per le società considerate non operative il reddito può essere determinato induttivamente, ma non attraverso la liquidazione automatica della dichiarazione, bensì con un avviso di accertamento previa instaurazione di un contraddittorio. Inoltre, lo stato di crisi dell’impresa escludeva che la stessa potesse rientrare nella disciplina della società di comodo, poiché era evidente la temporanea incapacità di svolgere la propria attività caratteristica. L’agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, evidenziando che il contraddittorio preventivo era necessario solo nell’ipotesi di accertamento e non per il caso di liquidazione automatica. La norma, peraltro – secondo l’ufficio – non escludeva la possibilità di iscrivere direttamente a ruolo l’imposta dovuta dalle società di comodo, con la conseguenza che la pretesa era legittima. Secondo i giudici di legittimità, è irrilevante che la liquidazione automatica fosse conseguita dai dati dichiarati dalla stessa società contribuente, poiché occorre riscontrare l’applicabilità nella specie della disciplina sulle società non operative e della conseguente presunzione di reddito imponibile minimo. La cartella di pagamento rappresentava il primo atto impositivo impugnabile con cui la pretesa fiscale è stata esercitata. L’amministrazione era così gravata dell’onere di provare la sussistenza dei relativi presupposti e nella specie, così come ritenuto dal giudice di merito, tale onere non era stato assolto.

fonte:il tuo tributarista

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