Martedì 24 novembre 2015
Il risultato di congruità derivante dall’applicazione degli studi di settore non può essere escluso ove applicato in via retroattiva a un anno anteriore
In tema di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore, il risultato di congruità emergente dall’applicazione dello studio non può essere escluso ove applicato ad un anno anteriore, tanto più a fronte di situazioni ordinarie, laddove non emergano situazioni contingenti, cioè correlate solo a determinate annualità d’imposta o eccezionali come, ad esempio, di tipo economico. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23554 del 18 novembre 2015.
IL FATTO
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF e contributo SSN, e di un avviso di rettifica, per IVA, relativi, entrambi, all’anno 1996, emessi a seguito di rettifica del reddito d’impresa (attività di trasporto di merci su strada) sulla base di stimati maggiori ricavi, in applicazione dei parametri previsti dal D.P.C.M. 29/01/1996, come modificati dal D.P.C.M. 27/03/1997 – ha riformato la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame dell’Agenzia delle Entrate, hanno sostenuto che il contribuente non aveva offerto “alcuna prova della fondatezza delle proprie ragioni”, limitandosi ad affermazioni generiche, “come quella secondo cui si tratta di un lavoro fatto di imprevisti (…) che si svolge specialmente nei mesi estivi”, dati questi tutti già presi in considerazione, “in quanto relativi al tipo di attività”, dai parametri applicati da parte dell’Ufficio erariale.
I giudici della C.T.R. hanno poi aggiunto, quanto al contraddittorio endo-procedimentale, che lo stesso si era regolarmente svolto, ma il contribuente, “neppure in quella occasione”, aveva fornito la documentazione richiesta dall’Ufficio.
Infine, compensando tra le parti le spese, i giudici tributari hanno tenuto conto del fatto, non contestato dall’Ufficio erariale, della dichiarata congruità dell’attività del contribuente rispetto agli studi di settore.
Contro tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il contribuente, in particolare sostenendone l’erroneità, non avendo i giudici della C.T.R., malgrado le specifiche doglianze mosse dal contribuente sin dal primo grado di giudizio, rilevato che l’accertamento induttivo espletato dall’Ufficio doveva ritenersi “precluso – o comunque superato – a fronte della risultanza di congruità degli studi di settore”.
LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal contribuente. Invero, secondo l’indirizzo espresso dalla Suprema Corte, la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuente, che giustifica la prevalenza, in ogni caso, e la conseguente applicazione retroattiva dello strumento più recente rispetto a quello precedente, in quanto più affinato e, pertanto, più affidabile. Già la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9613/2008, aveva qualificato siccome più raffinato il nuovo mezzo di accertamento introdotto dal D.L. n. 331 del 1993, artt. 62-bis e 62-sexies, rispetto ai paramenti su cui poggiava l’accertamento induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1 ed in base alla legge n. 549 del 1995, art. 3, comma 181.
In tal senso – sottolineano i giudici -, il risultato di congruità emergente dall’applicazione dello studio di settore, stante la natura procedimentale di quest’ultimo, non può essere escluso ove applicato ad un anno anteriore, tanto più, come precisato da Cass. 8311/2013, a fronte di situazioni ordinarie, non essendo emerse situazioni contingenti, cioè correlate solo a determinate annualità d’imposta o eccezionali, cioè ad esempio di tipo economico.
Il dato di congruità dei ricavi o compensi dichiarati dal contribuente, rispetto allo studio di settore approvato con riferimento all’attività svolta, dato questo non contestato dall’Agenzia delle Entrate (come accertato in sentenza dalla C.T.R.), valeva pertanto a rendere illegittimo l’accertamento basato sull’applicazione dei parametri.
Ne consegue l’accoglimento del ricorso.
fonte: lavorofisco.it
Vedi : sentenza
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