giovedì 8 ottobre 2015 di Luca Caramaschi
Con la circolare n.47/E/2008, al paragrafo 5.2, l’Agenzia delle entrate affronta il caso della
cessione di autovettura preventivamente riscattata da leasing.
In particolare, l’Ufficio, nel definire il trattamento fiscale da riservare alla plusvalenza (o
minusvalenza) conseguita, individua due possibili situazioni.
La prima si verifica nell’ipotesi in cui l’autovettura viene ceduta nello stesso periodo d’imposta
nel quale avviene il riscatto; in assenza di quote di ammortamento stanziate a conto
economico, l’applicazione della regola prevista al secondo comma dell’art.164 del Tuir,
secondo l’Agenzia, va interpretata nella direzione di rapportare l’ammontare dei canoni dedotti
al totale dei canoni pagati.
È in base a tale rapporto che l’eventuale plusvalenza conseguita
risulterà imponibile. Si consideri il seguente esempio.
Un’autovettura viene riscattata da leasing in data 20.12.2014 (per semplicità si tralasciano le
valutazioni legate all’effetto Iva indetraibile):
- canoni pagati € 50.000,00
- canoni dedotti € 3.615,20 (18.075,99*20%)
L’autovettura viene venduta il 21.12. 2014:
- prezzo di riscatto € 1.000,00
- prezzo di vendita € 30.000,00
La plusvalenza di cessione sarà pertanto pari ad € 29.000, che risulterà imponibile nel
medesimo rapporto esistente tra canoni dedotti e canoni pagati (€ 3.615,20 / € 50.000 =
0,0723). La plusvalenza imponibile è pertanto pari a circa € 2.097 (€ 29.000 * 0,0723).
La seconda situazione riguarda il caso dell’autovettura che viene ceduta in un periodo
d’imposta successivo a quello dell’intervenuto riscatto dal leasing; in questo caso occorre
disinteressarsi completamente della percentuale di deduzione dei canoni avvenuta nel corso
della locazione finanziaria bensì applicare in modo letterale quanto previsto dal secondo
comma dell’art.164 del Tuir: alla fine del periodo d’imposta nel quale è avvenuto il riscatto,
infatti, l’autovettura sarà stata oggetto di ammortamento per cui la plusvalenza imponibile
dovrà essere determinata rapportando esclusivamente la quota di ammortamento dedotta con
la quota di ammortamento stanziata a conto economico.
Riprendiamo ora i dati dell’esempio precedente, ipotizzando però di cedere l’autovettura in
data 15.01.2015, sempre al prezzo di € 30.000.
Al termine dell’esercizio 2014, con riferimento al valore di riscatto viene calcolata una quota
di ammortamento pari ad € 100 che risulta deducibile per 20 (il costo del veicolo è infatti
inferiore al limite fiscale di € 18.076, per cui per la determinazione della quota deducibile è
sufficiente applicare la percentuale del 20%).
Nel 2015 il veicolo sarà ceduto per € 30.000, realizzando una plusvalenza di € 29.100 che
risulterà imponibile al 20%, quindi per € 5.820.
È del tutto evidente, quindi, che assegnare in caso di cessione un diverso trattamento alla
plusvalenza per l’autovettura che sia stata o meno ammortizzata dopo il riscatto genera
evidenti disparità di trattamento tra le due diverse situazioni sopra descritte.
Le ragioni di tale dicotomia sono evidenti e sono legate al fatto che nel secondo caso si deve
fare unicamente riferimento alla situazione “post riscatto”: in questo caso è altamente
probabile che il coefficiente, che nel primo caso ha ridotto la quota deducibile dei canoni in
funzione del limite di valore dell’autovettura, non viene ad operare con riferimento alla
deducibilità della quota di ammortamento, perché quest’ultima viene calcolata su di un prezzo
di riscatto capiente rispetto al limite dei 18.076 euro prevista dall’art.164 del Tuir.
Alla luce dell’interpretazione fornita con circolare n. 47/E/2008, quindi, se il contribuente
manifesta l’intenzione di cedere l’autovettura riscattata e da tale cessione consegue come è
probabile una plusvalenza, risulta più conveniente effettuare la cessione nel periodo d’imposta
nel quale è avvenuto il riscatto.
Relativamente alle conclusioni espresse dall’Agenzia delle entrate con la richiamata circolare
genera poi qualche perplessità il mancato coordinamento con quanto affermato nella
risoluzione n.41/E/2002, secondo la quale, in linea con il Principio contabile nazionale OIC
n.30, prima di rilevare la cessione del cespite occorrerebbe calcolare la quota di ammortamento
relativa alla frazione di esercizio nel quale il cespite stesso è utilizzato, in modo tale che la
plusvalenza (o la minusvalenza) risulti al netto di tale ammortamento.
Peraltro, la soluzione del riscatto del bene prima della cessione pare tutto sommato poco
penalizzante anche sotto il profilo Iva.
Se, come spesso accade, il riscatto avviene in prossimità del termine del contratto di leasing
ovvero in corrispondenza dell’effettiva scadenza di questo (e quindi ad un prezzo poco più che
simbolico) l’imposta indetraibile sull’acquisto risulterà trascurabile a fronte di un corrispettivo
di vendita – solitamente di molto maggiore al prezzo di riscatto – che oggi sarà imponibile
per il 40% mentre per il restante 60% andrà considerato escluso da Iva.
Pertanto, se la cessione avviene ad un prezzo “Iva inclusa” (come avviene nella generalità dei
casi quando l’acquirente è un privato) è evidente il vantaggio realizzato.
Si veda il seguente esempio.
- Riscatto di una autovettura al prezzo di € 1.000 + 220 di Iva
- Successiva cessione al prezzo di € 21.760 Iva inclusa.
- Il costo di acquisto dell’autovettura pari a € 1.000 va incrementato dell’imposta
indetraibile (132 pari all’60% di 220), per un totale di € 1.132.
- Il prezzo di cessione è invece pari a € 20.000, a cui aggiungere € 1.760 di Iva calcolata
sul 40% del prezzo di cessione (€ 20.000 x 0,40% x 22% = € 1.760).
FONTE:www.ecnews.it