Martedì 26 Aprile 2016
Se la costituzione di un trust è atto di per sé che mette in pericolo la garanzia patrimoniale del credito fiscale, è ammissibile il sequestro preventivo.
La decisione.
Corte di Cassazione, Penale, Sezione 3, Sentenza del 22 febbraio 2016, n. 6798
Il caso.
Un professionista, accusato di concorso nel reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte per aver aiutato un cliente a rendere più difficile la riscossione a Equitalia, veniva assoggettato a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente su alcuni beni.
Il Tribunale del riesame confermava il decreto di sequestro del Giudice per le indagini preliminari, e il professionista ricorreva in Cassazione.
La decisione.
La Suprema Corte, nell'affrontare i tre motivi di ricorso, lo ritiene parzialmente fondato in relazione ai criteri utilizzati per la determinazione del profitto del reato, e alla mancata valutazione dei presupposti per l'uso della forma "per equivalente" in luogo del sequestro in forma "diretta".
Ma la Cassazione ritiene la motivazione del Tribunale sia in linea con la natura di reato di pericolo per il delitto in oggetto nel dare conto che la costituzione di un trust sia idonea a insidiare le ragioni dell'Erario: «trattandosi di un reato non di danno, bensi di pericolo, eventualmente permanente, la cui consumazione si protrae per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a insidiare patrimonialmente l' adempimento dell'obbligazione tributaria (Cass, Sez. 3, n. 37415 del 25/06/2012, Tonetto, 253359 ).
Tale configurazione del reato in questione si attaglia pienamente alle fattispecie in esame e viene ampiamente illustrata nella motivazione della ordinanza impugnata, ancht per relationem con il provvedimento del Gip. In essa particolarmente si rileva che la stessa costituzione del Trust è atto che di per sé mette in pericolo la garanzia patrimoniale del credito fiscale, potendo in qualsiasi momento essere ceduto a esso e quindi segregato un valore economico rientrante nel patrimonio della Società X ed essendo d'altro canto proprio questa la finalità per la quale, espressamente, il Trust è stato costituito».
Il professionista contestava anche la illegittimità dell'uso dei files acquisiti dal suo PC a seguito di verifica della Guardia di Finanza per accertamenti tributari, ma la Corte di legittimità li ritiene "cose pertinenti al reato", e quindi validamente assoggettabili a sequestro: «Ritiene infatti il Collegio che debbano essere seguiti i più recenti indirizzi ermeneutici di questa Corte secondo i quali, per un verso «In materia di illeciti tributari gli elementi raccolti durante gli accessi, le ispezioni e le verifiche compiute dalla Guardia di Finanza per l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte dirette sono sempre utilizzabili quale "notitia criminis", in quanto a tali attività non è applicabile la disciplina prevista dal codice di rito per l'operato della polizia giudiziaria, sicché la mancanza o l'irregolarità formale dell'autorizzazione, se è causa di invalidità dell'accertamento fiscale, non riverbera i suoi effetti sull'accertamento penale» (Sez. 3, n. 12017 del 07/02/2007, Monni, Rv. 235927)».
E afferma che il potere di sequestro prescinde dalle modalità con le quali sono state reperite le cose oggetto di sequestro: «L'illegittimità della perquisizione non invalida il conseguente sequestro, qualora vengano acquisite cose costituenti corpo di reato o a questo pertinenti, dovendosi considerare che il potere di sequestro, in quanto riferito a cose obbiettivamente sequestrabili, non dipende dalle modalità con le quali queste sono state reperite, ma è condizionato unicamente all'acquisibilità del bene e alla insussistenza di divieti probatori espliciti o univocamente enucleabili dal sistema» (Sez. 2 n. 26819 del 23/04/2010, PM in proc. Ceschini, Rv. 247679), ben potendosi considerare detti files, ai fini dell'applicazione di questo secondo principio di diritto, quali "cose pertinenti" al reato».
Da ultimo, la Cassazione accoglie parzialmente il ricorso, annullando l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame in conseguenza della mancata motivazione circa la valutazione dei presupposti della confisca per equivalente in luogo di quella in forma diretta: «Ritiene infatti il Collegio di doversi adeguare a tale principio di diritto, così come poi evoluto e specificato da una seguente pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 41073 del 30/09/2015, PM in proc. Scognamiglio, Rv. 265028) secondo la quale «In tema di reati tributari, il pubblico ministero è legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, a chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per "equivalente", invece che in quella "diretta", solo all'esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo invece necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto diretto del reato. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso la legittimità dell'emissione di un decreto di sequestro per equivalente in difetto di una verifica, sommaria e allo stato degli atti, dell'impossibilità di procedere al sequestro di somme di denaro, costituendo quest'ultimo un sequestro in forma "diretta")». Né il Gip né il Tribunale in sede di appello cautelare hanno minimamente motivato in relazione a detti principi di diritto, la cui applicazione quindi dovrà esserne cura in sede di rinvio, nella quale dunque bisognerà considerare le prospettate possibilità di confisca "diretta" del profitto del reato tributario di che si tratta, presso la società X debitrice fiscale, ovvero presso chiunque tale profitto detenga, anche per effetto della trasformazione del denaro in beni materiali ovvero immateriali».
Osservazioni.
La Cassazione ha accolto il ricorso del professionista imputato in concorso con il cliente, rinviando al Tribunale del riesame per una nuova valutazione.
La decisione evidenzia però che il consulente correo, il quale aiuta il cliente a ostacolare la riscossione delle imposte, è assoggettabile a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente se non è stato possibile procedere al sequestro in forma "diretta".
Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74
Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto
Vigente al: 17-4-2016
Art. 11 - Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte
1. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
2. E' punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sè o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l'ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.
FONTE:IL SOLE 24 ORE Fulvio Graziotto, avvocato.