venerdì 23 ottobre 2015 di Nicola Fasano
di presentazione delle istanze di collaborazione
volontaria al 30 novembre (di cui al D.L. 153/2015), nonché quello per l’invio di relazione e
allegati (o di eventuali istanze integrative) al 30 dicembre riguardi tutti, anche coloro che
hanno presentato l’istanza prima del 30 settembre scorso. La lettera della norma è chiara e il
mancato aggiornamento della relazione di accompagnamento (secondo cui, per le istanze
presentate fino al 29 settembre, sembrava che l’invio della documentazione di supporto
dovesse essere fatto comunque nei 30 giorni successivi) non poteva certo “scardinare” il testo
normativo.
C’è quindi più tempo anche per valutare situazioni che, allo stato attuale, non hanno trovato
le opportune soluzioni e conferme da parte dell’Amministrazione finanziarie.
Fra queste merita particolare attenzione la tematica delle c.d. “istanze a zero”, ossia di istanze
eventualmente da presentare al solo fine di godere dei benefici della procedura di
collaborazione volontaria, soprattutto per il blocco del raddoppio dei termini per attività
detenute in Paesi Black list con accordo, senza però avere negli anni “tipici” della procedura
(nei casi più ricorrenti 2009/2013) violazioni da sanare.
I casi operativi potrebbero essere molteplici. Si pensi al de cuius, deceduto nel 2008,
intestatario di un rapporto bancario in Svizzera, rispetto a cui gli eredi accedono alla procedura
per regolarizzare le violazioni proprie commesse dal 2009 in poi. Se gli eredi sono coperti dalla
voluntary, altrettanto non può dirsi per il de cuius che, qualora non potesse presentare
(ovviamente tramite gli eredi) una istanza a zero, teoricamente resterebbe esposto al rischio di
accertamento per le annualità precedenti, stante il raddoppio dei termini ordinariamente
previsto dall’articolo 12, D.L. 78/2009 (ferma restando la trasmssibilità agli eredi delle sole
maggiori imposte).
Ma potrebbe essere anche il caso di un delegato che sia stato tale fino al 2008 e il cui nome
risulti dalla documentazione bancaria che l’intestatario, nonché titolare effettivo del conto,
esibisce nell’ambito della propria procedura di collaborazione volontaria. Anche in questa
ipotesi, evidentemente, ci sarebbe il rischio per il delegato di vedersi contestate le annualità
più risalenti, ma, d’altro canto, qualora attivasse la procedura di collaborazione volontaria,
stante l’inapplicabilità del raddoppio dei termini di accertamento, non avrebbe alcuna
violazione da sanare negli anni oggetto di sanatoria (dal 2009 al 2013) e dovrebbe appunto
presentare una istanza a zero.
Lo stesso dicasi per un soggetto collegato con asset detenuti in Svizzera e che, magari dal
2008, non è più fiscalmente residente in Italia in modo effettivo e, dunque, per gli anni dal
2009 in poi non deve sanare alcunché.
In tutti questi casi non è stato ancora chiarito dall’Agenzia delle entrate, in effetti, quale sia la
strada da seguire. Le soluzioni sul tavolo dovrebbero essere due:
1. la prima, quella di consentire in casi del genere la presentazione di “istanze a zero”, al
fine di consentire anche ai soggetti che si trovano nelle situazioni simili a quelle sopra
delineate di accedere ai benefici della procedura, seppur senza che dalla stessa
conseguano importi da versare all’erario. E, obiettivamente, sarebbe alquanto arduo
sostenere che ciò non sia possibile, posto che i suddetti soggetti si troverebbero,
ingiustificatamente, in una situazione più gravosa di chi deve sanare violazioni
commesse negli anni dal 2009 in poi (e che non pagano nulla per gli anni più risalenti); 2. la seconda soluzione, invece, sarebbe quella di ritenere non accertabili con il raddoppio dei termini quanto meno gli autori di violazioni commesse fino al 2008 (o, in taluni casi, fino a prima del 31 dicembre 2009) e che hanno situazioni di collegamento con altri soggetti (eredi, cointestatari, delegati ecc.) che aderiscono regolarmente alla procedura, soprattutto in considerazione del fatto che, allo stato attuale, la presentazione di istanze a zero non ha ricevuto alcun avallo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Sarebbe opportuno che la questione venisse chiarita quanto prima dall’Agenzia delle entrate o, ancora meglio, dal legislatore, magari “sfruttando” la conversione del D.L. 153/2015 che ha concesso la proroga.
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