Il Tar Catania, con la pronuncia in epigrafe, ha dichiarato l’illegittimità del silenzio serbato da una Casa di cura, accreditata presso il Servizio Sanitario Nazionale, rispetto all'istanza di accesso, formulata dal ricorrente, alla cartella clinica del coniuge e propedeutica all’introduzione del giudizio di nullità del matrimonio in sede sia civile che canonica.
Il Collegio ricostruisce, anzitutto, il quadro normativo di riferimento e, dopo aver precisato che la Casa di cura, quale concessionaria accreditata al servizio sanitario nazionale, rientra tra i soggetti passivi di richiesta di accesso agli atti, osserva come, in ogni caso, in tema di accesso ai documenti amministrativi, è sufficiente che un soggetto di diritto privato ponga in essere un'attività che corrisponda ad un pubblico interesse affinché lo stesso assuma la veste di pubblica amministrazione e sia, quindi, sottoposto alla specifica normativa dettata dalla l. n. 241/1990.
La IV Sezione richiama poi l'art. 22, comma 1, lett b) legge n. 241/90, nel testo novellato dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15, il quale richiede, per la legittimazione attiva all'esercizio del diritto di accesso, la titolarità di un "interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso"; l'art. 24, comma 7, che precisa che "deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”; l'art. 92, par. 2, del D.lgs. 196/2003 che, nel dettare una disciplina specifica sull'accesso alla cartelle cliniche quali documenti contenenti dati "sensibilissimi", stabilisce che “eventuali richieste di presa visione o di rilascio di copia della cartella e dell'acclusa scheda di dimissione ospedaliera da parte di soggetti diversi dall'interessato possono essere accolte, in tutto o in parte, solo se la richiesta è giustificata dalla documentata necessità: a) di far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria ai sensi dell'articolo 26, comma 4, lettera c), di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile; b) di tutelare, in conformità alla disciplina sull'accesso ai documenti amministrativi, una situazione giuridicamente rilevante di rango pari a quella dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”.
Nel caso di specie – osserva il Collegio – l'istanza di accesso alla cartella clinica del coniuge risulta formulata in rapporto di stretta strumentalità con la necessità di utilizzo della medesima nell'ambito del procedimento di scioglimento del matrimonio canonico pendente innanzi al Tribunale ecclesiastico.
E, sotto tale profilo, il Collegio, richiamando pregressa giurisprudenza del Consiglio di Stato, ritiene che “il fine dello scioglimento del vincolo matrimoniale (religioso) costituisca una situazione giuridica di rango almeno pari alla tutela del diritto alla riservatezza dei dati sensibili relativi alla salute, in quanto involgente un significativo diritto della personalità, con la conseguenza che in presenza di tale situazione deve ritenersi sussistente l'interesse personale idoneo a legittimare la proposizione della domanda di accesso alla cartella clinica, senza che sia necessaria alcuna penetrante indagine in merito alla essenzialità o meno della documentazione richiesta, né circa le prospettive di buon esito del rito processuale concordatario”.
Quanto poi al carattere non statuale dei Tribunali ecclesiastici – osservano ulteriormente i giudici catanesi - l'intento di adire la via giurisdizionale concordataria per la declaratoria di nullità del vincolo coniugale deve essere assimilato, ai fini dell'esercizio del diritto di accesso, all'intento di adire il giudice nazionale per il conseguimento del divorzio. La tesi, nel caso concreto, risulta peraltro suffragata dalla circostanza che il ricorrente avesse rappresentato nell’istanza di accesso alla cartella contenete i dati clinici del coniuge di aver già introdotto un giudizio di separazione, presso il competente Tribunale ordinario.
Pertanto, sulla scorte dei rilievi esposti, il T.A.R. Catania ha ritenuto che il silenzio avversato dalla Casa di cura fosse del tutto ingiustificato, per l’effetto accogliendo il ricorso. MB
fonte:ildirittoamministrativo.com